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Vecchi schemi per la nuova guerra fredda USA

Mosca si avvicina pericolosamente ai confini orientali dell’Alleanza atlantica”, ci insegna la NATO, senza curarsi del fatto che “avvicinarsi” è un verbo di moto e non pare che la Russia abbia sinora modificato il proprio stato in luogo. Evidentemente è quel confine, che si è mosso: verso est…

Con le manovre NATO sempre più frequenti e sempre più estese nei paesi dell’Europa orientale, i militari statunitensi stanno perfezionando le esperienze acquisite durante la guerra fredda nel confronto con la Russia. E’ quanto scrivono i giornalisti del New York Times, che hanno assistito alle manovre al poligono di Sliven, in Bulgaria e le cui conclusioni sono riprese da pravda.ru.

Dopo più di dieci anni di battaglie con gli islamisti in Iraq e Afghanistan”, scrive il NYT, “l’esercito americano ha fretta di acquisire nuovamente le competenze della guerra fredda, per respingere la potenziale minaccia russa in Europa orientale”. E’ così che “Centinaia di carri armati e mezzi blindati vengono tinteggiati, per confonderli col verde scuro delle pianure europee. I soldati, abituati a condurre operazioni a partire dalle grandi basi trincerate in Iraq e in Afghanistan, si esercitano ora a mimetizzarsi e a muoversi in piccole unità, per sfuggire ai droni da ricognizione”.

In Moldavia, gli USA stanno cercando un’impresa appaltatrice per la costruzione di otto nuove strutture nella base di addestramento di Bulboaca, appena una trentina di km a ovest della capitale della Transnistria, Tiraspol. Secondo il rappresentante presidenziale russo per la Transnistria, Dmitrij Rogozin, gli USA vi addestreranno sabotatori e reparti speciali nell’eventualità di un conflitto tra Kišinëv e Transnistria. Da alcune settimane, il governo Moldavo sta insistendo per il ritiro del contingente di pace russo dalla repubblica, in cui opera dalla fine delle ostilità, nel 1992, dopo che questa si era dichiarata autonoma dalla Moldavia e lo scorso 21 luglio il parlamento ha anche adottato a maggioranza una dichiarazione in proposito. Pravda.ru sottolinea come la Moldavia, nonostante lo status di paese neutrale, dal 1994 collabori con la NATO nel quadro del piano di partnership individuale.

Più a nord, in Estonia, elicotteri e aerei USA sono arrivati alla base di Ämari, nel nordovest del paese, mentre una cinquantina di km più a est, nell’area di Tallin, sono atterrati caccia d’attacco al suolo А-10 “Thunderbolt” ed elicotteri UH-64 “Black Hawk” e CH-47 “Chinook”, per manovre congiunte USA-Estonia.

La NATO tenta anche di giustificare l’accerchiamento dell’enclave russa di Kaliningrad con un “cappio militare”. Lo fa, per bocca del Ministro degli esteri polacco, Witold Waszczykowski, che ha dichiarato che la dislocazione di una brigata USA e un battaglione NATO nel paese costituiscono la risposta alla “crescente presenza militare” russa e rappresentano “il simbolo della nostra volontà di difendere la nostra parte d’Europa”. E, dunque, la presenza delle forze USA e Nato non sarebbe altro che la risposta a tre brigate d’élite russe, sistemi antiaerei S-400 “Triumf” e missili balistici “Iskander-M” nella regione di Kaliningrad, la cui presenza, secondo il comandante delle forze aeree USA in Europa, Frank Gorenc, minaccerebbe un terzo dello spazio aereo della regione. D’altronde, Mosca “non è amica del mondo libero” e anzi rappresenta per esso una “pericolosa minaccia”: parola del senatore John McCain. Dunque, in ogni caso la parola d’ordine deve esser quella di armarsi: è così anche per la Svezia, il cui Ministro della difesa, Peter Hultqvist, se esclude l’ingresso del paese nell’Alleanza atlantica, perché “se chiedessimo oggi l’ingresso nella NATO, aumenteremmo la tensione nella regione”; dunque, “al momento, la strategia migliore è l’innalzamento del potenziale militare di ogni singolo stato e l’approfondimento della collaborazione bilaterale e multilaterale”.

Alcune voci si levano comunque tra gli yankee a difendere gli interessi USA, sconsigliando qualche passo avventato. E’ il caso della pubblicazione di stampo conservatore National Review, che mette in guardia dalla fornitura all’Ucraina di armi letali (in particolare, i lanciarazzi controcarro “Javelin”, con cui il Pentagono insiste a voler equipaggiare le truppe di Kiev) che, in ogni caso, “non fermerebbero la Russia”. Se Mosca avesse voluto, scrive la rivista USA, avrebbe da tempo fatto ricorso alla forza; ma “dispone di mezzi più convincenti” nei confronti di Kiev. Ciclicamente viene sollevato il tema della adesione ucraina alla NATO, scrive National Review, ma difendere l’Ucraina, che, tra l’altro, può fornire solo un piccolo contributo all’Alleanza, sarebbe molto più difficile rispetto ad altri paesi. In fin dei conti Kiev “è alla periferia degli interessi USA e dell’Europa occidentale e la fornitura di armi non farebbe che portare acqua al mulino di Putin e potrebbe spingere i nazionalisti” a qualche pazzia, del tipo di quella di Mikhail Saakašvili (che ora è un apolide errante sul confine polacco-ucraino, dopo aver perso, oltre che la cittadinanza georgiana, anche quella ucraina) che il 08/08/08 attaccò l’Ossetia meridionale, “credendo di poter contare sull’intervento occidentale a fianco della Georgia”. Dare una lezione alla Russia rappresenta una priorità per i nostri leader, sottolinea National Review; ma, armare l’Ucraina, significherebbe una escalation proprio dove un coinvolgimento USA può portare meno beneficio: “ci sono modi migliori per molestare Vladimir Putin ed è necessario ricorrervi” conclude sibillina la rivista.

Chi dà invece per “altamente probabile” la fornitura di “Javelin” a Kiev è l’ex quotidiano della gioventù comunista della DDR, Die Junge Welt, che scrive delle manovre permanenti NATO ai confini occidentali e meridionali russi, dall’Estonia alla Georgia. In Estonia stazionano cacciabombardieri USA a tecnologia stealth; in Lituania sono dislocati missili “Patriot” e in Georgia sono iniziate esercitazioni internazionali; così “internazionali”, scrive DJW, che le truppe americane sono il doppio di quelle del paese ospite. Sarebbe più giusto dire che le forze USA, con l’appoggio locale, mostrano la loro “presenza” ai confini russi, con la copertura dello scopo ufficiale di accrescere la “interoperabilità” delle forze georgiane a fianco degli Stati Uniti. Non a caso il vicepresidente USA Michael Pence, la settimana scorsa, è stato in molti dei paesi confinanti con la Russia, assicurando che Washington è dalla loro parte nella “lotta per la libertà”. Riguardo alla possibilità di fornire lanciarazzi anticarro e antiaerei, dato che la guerra nel Donbass non è combattuta in aria, le armi ora in dotazione all’Ucraina sarebbero più che sufficienti contri i vecchi carri sovietici T-72 e T-80. Ma la fornitura dei “Javelin” sarebbe un chiaro segnale a Kiev per una escalation nel Donbass e questo potrebbe spingere la Russia a fornire alle Repubbliche popolari tipi più moderni di carri armati e, contro modelli quali il “T-90” o anche il “T-14”, il “Javelin” non è ancora stato testato in battaglia: potrebbe essere proprio questo, scrive DJW citando l’americana Bloomberg, l’obiettivo che sta dietro alle pressioni del Pentagono per la fornitura di queste armi all’Ucraina.

Quando è l’industria che comanda il fucile.

 

 

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1 Commento


  • andrea

    ” chi domina in Euroasia domina il Mondo, quindi evitare che Cina e Russia siano partner “

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