Mentre in Italia domina l’analfabetismo politico e funzionale sull’emergenza rifugiati, altri paesi, assai più poveri dell’Italia e dell’Europa, fanno i conti con le emergenze che la storia rovescia molto spesso sull’umanità.
Le autorità del Bangladesh cercano di fare i conti con l’arrivo in appena 12 giorni di quasi 150 mila membri della popolazione rohingya che sono fuggiti da Myanmar dopo una nuova ondata di violenza.
Il governo di Sheikh Hasina ha aperto le braccia ai rifugiati per questioni umanitarie, ma ha fatto notare che non ha la capacità di offrire i servizi di base a queste persone.
La minoranza etnica rohingya di religione islamica, dallo scorso 25 agosto ha iniziato un esodo in massa dopo gli scontri avvenuti nello stato di Rakhine, nell’ovest di Myanmar, dove il buddismo è la religione maggioritaria. Decine di prufughi sono affogati negli ultimi giorni cercando di attraversare l’estuario del fiume Naaf, frontiera naturale tra Myanmar e Bangladesh, a bordo di imbarcazioni precarie .
Dipayan Bhattacharyya, funzionario in Bangladesh del Programma Mondiale Alimentare (PMA) dell’Onu, ha lanciato un allarme sul fatto che la cifra totale dei rifugiati potrebbe aumentare nelle prossime settimane ad oltre 300 mila. Il PMA ha chiesto un aumento degli aiuti internazionali perché le sue riserve di alimenti si sono esaurite davanti alla valanga di rifugiati.
La crisi dei profughi dal Myanmar sta provocando anche una crisi diplomatica tra i due paesi dopo le accuse del Bangladesh. Il direttore generale del ministero degli Esteri del Bangladesh, Manjurul Karim Khan Chowdhury, ha convocato l’incaricato degli affari dell’ambasciata di Myanmar, Aung Myint.
Secondo un comunicato del ministero degli Esteri del Bangladesh, durante l’appuntamento Chowdhury ha manifestato la sua preoccupazione per alcuni articoli che denunciano la collocazione di mine antiuomo nella frontiera comune e l’aumento delle violenze nello stato vicino. Il Bangladesh ha sottolineato che non vuole essere vittima dell’instabilità in Myanmar.
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