“Se lo Stato possedesse una sua legittimità di fondo e se l’idea di Spagna fosse tanto forte da poter essere difesa da valide argomentazioni, Madrid non avrebbe bisogno di usare la forza. L’uso della forza è proporzionale alla debolezza argomentativa e alla debolezza di uno Stato che non può difendere i diritti e le libertà in maniera chiara. Hanno imposto il loro concetto di nazione attraverso la forza, perché senza di essa si potrebbe svolgere un tranquillo dibattito dal quale la loro idea di nazione spagnola uscirebbe sconfitta”.
Così Anna Gabriel, una delle dirigenti più rappresentative della sinistra radicale indipendentista catalana (CUP) spiega la feroce reazione del governo e dello Stato Spagnolo al referendum per l’autodeterminazione convocato dalla Generalitat per domenica prossima.
Nonostante l’ondata di arresti di funzionari del governo catalano, i sequestri di schede e materiale propagandistico, decine di denunce per reati che comportano parecchi anni di prigione, gli indipendentisti non demordono e si preparano a gestire una giornata, quella del 1 ottobre, che si annuncia molto difficile vista la presenza in territorio catalano di più di 12 mila poliziotti e militari inviati da Madrid per impedire fisicamente la consultazione popolare.
Ieri la Procura della Catalogna (dipendente da Madrid) ha ordinato ai Mossos d’Esquadra, la polizia autonoma già commissariata nei giorni scorsi, di recintare e sequestrare i circa 2000 seggi elettorali predisposti dal Govern, in maniera da rendere impossibile il voto. Il procuratore capo José Maria Romero de Tejada ha ovviamente imposto il divieto di entrare nei locali dove devono essere posizionate le urne – scuole, ambulatori, ospedali, centri civici, biblioteche – ordinando di sequestrare un’area di ben 100 metri tutto intorno. L’ordine dei magistrati spagnoli in Catalogna prevede che entro sabato e fino alle 21 di domenica, ora prevista per la chiusura dei seggi, la polizia autonoma prenda e mantenga il controllo delle urne.
L’ordine del giudice prevede che ad ogni seggio non solo vengano apposti i sigilli – prevedendo conseguenze penali per chi li violerà – ma che una pattuglia della polizia controlli in maniera permanente ognuno dei locali scelti dal governo di Barcellona per le operazioni di voto. La decisione di Romero de Tejada bypassa così la necessità che per intervenire in ogni collegio elettorale alle forze dell’ordine serva una autorizzazione specifica di un magistrato.
I Mossos hanno accolto con preoccupazione il nuovo ordine della Procura temendo uno scontro con la popolazione chiamata dalle forze indipendentiste a difendere il referendum e i seggi. Comunque gli agenti della polizia autonoma catalana hanno già iniziato a consegnare ai presidi un avviso sulle conseguenze penali che comporterebbe l’utilizzo delle loro scuole come sede delle operazioni di voto.
Nel frattempo la Guardia Civil ha chiuso 140 siti web che sostenevano il referendum, descrivevano l’ubicazione dei seggi e permettevano di scaricare le schede elettorali e i materiali di informazione. Molti di questi, come quello dell’Assemblea Nazionale Catalana, sono stati immediatamente riaperti con un altro dominio.
Di fronte alla nuova escalation repressiva, sul territorio i cosiddetti ‘comitati di difesa del referendum’ stanno studiando la maniera di ‘blindare’ i seggi elettorali in modo che le forze di polizia non possano impedire la votazione.
Ad esempio l’Assemblea dei contadini catalani ha lanciato un appello a tutti i produttori perché domenica prossima difendano con i loro trattori i seggi per impedire che vengano chiusi dalla polizia.
Da segnalare che nel corso di un’assemblea, i pompieri di Barcellona hanno deciso di mettersi a disposizione dell’Assemblea Nazionale Catalana, la principale associazione trasversale indipendentista. Se gli verrà chiesto i Vigili del Fuoco si impegnano a realizzare dei cordoni di sicurezza attorno ai seggi “per garantire il regolare e pacifico sviluppo delle operazioni di voto”. L’assemblea dei pompieri ha anche deciso di contestare la proibizione di partecipare a manifestazioni politiche indossando l’uniforme emanato recentemente dal Comune di Barcellona (guidato dalla sindaca Ada Colau) dopo che un folto gruppo di Vigili del Fuoco aveva protestato contro l’arresto di alcuni dirigenti e funzionari della Generalitat impegnati nell’organizzazione del referendum.
Dal punto di vista politico, mentre Podemos continua a chiedere ai socialisti spagnoli di smarcarsi dal Partito Popolare e da Ciudadanos incassando continui no da parte della dirigenza del Psoe, il segretario generale di Podem Catalunya, Albano-Dante Fachìn, ha accusato esplicitamente i socialisti spagnoli e catalani di essere ‘complici della repressione’. “I socialisti devono scegliere se stanno dalla parte della democrazia oppure se assomigliano al PP o alla Turchia di Erdogan” ha detto il leader della formazione della sinistra catalana dopo che il segretario generale del Psoe, Pedro Sanchez, aveva chiesto al Procuratore Generale dello Stato di attuare una repressione ‘prudente’ nei confronti degli indipendentisti catalani.
Questo mentre la stampa spagnola continua la sua campagna di disinformazione e denigrazione dei promotori del referendum. Nei giorni scorsi El Pais, quotidiano vicino ai socialisti, aveva esplicitamente accusato la Russia “di essere dietro la secessione catalana dopo aver favorito l’elezione di Trump e la Brexit”. Scrive El Pais: “la propaganda pro russa, che ha difeso la Brexit, Donald Trump, Marine Le Pen e l’ultradestra tedesca, diffonde ora falsità come quella che l’Unione Europea possa espellere la Spagna a causa della risposta della giustizia e del Governo nei confronti del referendum illegale. Queste bufale sono rilanciate da attivisti dell’orbita russa come Edward Snowden e, sopratutto, Julian Assange, che usa le sue reti sociali per avvertire dell’arrivo di un’altra guerra civile”.
Invece Mícheál Mac Donncha, sindaco di Dublino e membro del Sinn Féin, ha scritto al primo ministro spagnolo per protestare contro la persecuzione dei 712 sindaci catalani che hanno dato supporto esplicito al referendum. Nella lettera a Rajoy il sindaco esprime “profonda preoccupazione” per i fatti e crede “fermamente” che rendere possibile un “esercizio chiaramente democratico” voluto dall’80% dei catalani “non dovrebbe mai essere una ragione per perseguire politici eletti”.
Marco Santopadre
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