Dopo la dichiarazione e l’immediata sospensione della Repubblica catalana, Mariano Rajoy ha inviato al Presidente della Generalitat una formale richiesta di chiarimenti che equivale nella sostanza a un vero e proprio ultimatum: cinque giorni per chiarire se la Repubblica è già una realtà, sotto la minaccia dell’applicazione dell’art. 155 della costituzione spagnola. Un articolo mai applicato in precedenza che, in virtù della sua generica formulazione, concede pieni poteri al governo centrale allo scopo di ricondurre all’ordine la regione autonoma disobbediente.
Attorno alla risposta del Presidente Puigdemont si è creata una forte attesa in tutto il paese. Davanti all’incertezza, l’Assemblea Nacional Catalana (ANC), la principale associazione indipendentista, ieri ha chiesto al Presidente di applicare la legge di transitorietà e di rendere così effettiva l’indipendenza, assumendo una posizione sostanzialmente analoga a quella già precedentemente espressa dalla Candidatura d’Unitat Popular (CUP).
Stamani la CUP ha fatto un ulteriore passo avanti e ha reso pubblica una lettera indirizzata a Puigdemont nella quale, dopo aver valutato la mediazione internazionale e la minaccia dell’art.155, chiede al Presidente della Generalitat di proseguire sulla strada imboccata con l’approvazione delle leggi del Referendum e di Transizione, invitandolo a proclamare pienamente la Repubblica. Preso atto della solitudine in cui si trova Catalunya e del ruolo pilatesco della UE, al servizio del capitale e più che mai lontana dai popoli, la CUP rivolge a Puigdemont un invito ad ascoltare i cittadini che si sono espressi nel referendum dell’1 ottobre a favore dell’indipendenza e della Repubblica: qui di seguito la traduzione integrale della lettera aperta.
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Pubblicazione e traduzione ad opera di Andrea Quaranta su https://catalunyasenzarticolo.wordpress.com
Lettera al President Puigdemont
Molt Honorable President
Generalitat de Catalunya
Sr. Carles Puigdemont i Casamajó
Da parte della CUP-CC vogliamo farle presente alcune riflessioni attorno alla richiesta di chiarimenti del governo spagnolo riguardo alla dichiarazione d’indipendenza e riguardo alla sua sospensione.
Dicevamo nella seduta plenaria del 10 ottobre che la CUP-CC non è un attore principale nella storia del nostro paese, a differenza invece della gente. La gente con la lettera maiuscola, perché quando parliamo di gente pensiamo e ci riferiamo alle centinaia di migliaia di persone che hanno difeso i propri collegi davanti alla violenza dispiegata dall’occupazione militare e poliziesca. Alle centinaia di persone che sono state colpite, ferite, umiliate e intimorite dall’intervento brutale della Policia Nacional e della Guàrdia Civil. La gente che è andata a votare perché così aveva previsto di fare; quella che ha votato SI e quella che ha votato NO; e anche chi non ha votato per paura. La gente che fa di tutto per sopravvivere nella quotidianítà fatta di precarietà e di povertà.
Da molto tempo parliamo del paese frantumato che abbiamo di fronte, della necessità di dedicargli tutte le risorse esistenti, comprese quelle che si potrebbero ottenere da una migliore redistribuzione della ricchezza, per far fronte all’emergenza sociale. Perciò la gente è quella che ha fermato il paese lo scorso 3 ottobre con uno sciopero generale di massa e senza precedenti, una massa incontenibile che è scesa in piazza per condannare l’allarmante regressione dei diritti e delle libertà.
La gente è l’unica struttura solida che possiede questo paese, in assenza di un sostegno esplicito a livello internazionale, in assenza di un potente e radicato tessuto produttivo con coscienza nazionale (malgrado l’eccezione, onorevole e in crescita, dell’economia sociale e cooperativa), in assenza di ricchezze naturali che potrebbero situarci in maniera differente nella geopolitica internazionale. La nostra forza è la gente e le sue necessità, la gente e le sue speranze.
E non possiamo aspettarci alcun sostegno esplicito se non ci manteniamo ferme nell’obbiettivo di autodeterminarci. Forse ora c’è chi si accorge che la cessione di settori economici strategici in mani private (per lunghi anni il ritornello di alcuni che si dichiaravano a favore della sovranità nazionale e perfino di sinistra) non è la migliore opzione per chi vuole autogovernarsi. Forse ora ci accorgiamo che avremmo dovuto lavorare da tempo per una Banca Pubblica, per un paese che si tenga insieme grazie all’eguaglianza e per un settore pubblico forte e capace di sopportare le minacce di uno stato spagnolo disposto, a quel che sembra, a tutto. Quando parliamo di superare il regime del ’78 parliamo di superare anche gli altri sottoregimi che ne dipendono: il regime bancario del ’78 – La Caixa, Banc Sabadell – lo stesso regime che ha trasformato in banche le casse di risparmio che gli facevano ombra (vero Fainé?).
Per queste e altre ragioni era e continua ad essere tanto necessaria la proclamazione della Repubblica. Perché è il mandato di più di due milioni di persone che, malgrado la minacciosa offensiva giudiziaria e repressiva dello Stato, hanno detto SI all’indipendenza. Più di due milioni di persone che sono già Repubblica… Ed è anche necessaria per dimostrare a tutte quelle che non ne sono sostenitrici, o che non si schierano, che la Repubblica apre le porte ad altre conquiste sul piano dei diritti civili, politici, economici e culturali.
Come CUP-CC consideriamo che lo scorso 10 ottobre abbiamo perso un’opportunità e in vista dell’immediata presa di posizione dello Stato, soprattutto non comprenderemmo che la risposta alla richiesta di chiarimenti del presidente Rajoy non si collocasse nei termini del mandato popolare che lei ha assunto martedi scorso: il rispetto dell’esercizio del diritto all’autodeterminazione, espressosi con sofferenza nelle urne dello scorso 1 ottobre. Solo attraverso la proclamazione della Repubblica saremo capaci di rispettare ciò che la maggioranza ha espresso nelle urne. Solo proclamando la Repubblica saremo capaci di situarci come un soggetto preparato a tutelare i diritti civili e politici della popolazione, ancora gravemente minacciati. Solo con la Repubblica faremo possibile la nascita di speranze inesistenti nello stato spagnolo delle autonomie, non solo per le catalane del Principato, bensì per l’insieme dei Països Catalans e il resto dei popoli dello Stato. Solo così otterremo che l’intervento di altri attori internazionali si dispieghi a partire dal nostro riconoscimento come soggetto politico.
Rispondere in un altro modo alla richiesta formale del Presidente Rajoy sarebbe un avallo a ciascuna delle sue minacce, al suo disprezzo, alla sua repressione e supporrebbe il ritorno alla legalità costituzionale spagnola con la quale la maggioranza sociale ha deciso di rompere. Lo Stato, il suo potere giudiziario, il suo potere militare e poliziesco e soprattutto i partiti che in questi ultimi giorni si sono mostrati assolutamente contrari a permettere il diritto all’autodeterminazione, formano una maggioranza qualificata nel Congresso spagnolo e sono disposti a continuare a negare i nostri diritti e libertà, al riparo di una costituzione spagnola delegittimata e nella consapevolezza di avere i poteri economici e la UE al proprio fianco.
Sicuramente, non abbiamo dalla nostra parte grandi poteri economici, né la UE è disposta ad ammettere che il diritto all’autodeterminazione è un diritto fondamentale dei popoli. Però altrettatnto sicuramente, restare immobili davanti alle sue minacce, i suoi rifiuti e la sua autorità, non ci permetterà d’esistere come popolo, non ci permetterà di governarci e neppure ci permetterà di avanzare nella conquista di maggiori diritti e libertà. Al contrario, li perderemo. In definitiva, fare ciò che raccomanda il potere (anch’esso con la maiuscola) non permetterà che la gente sia un attore principale della storia di questo paese.
Crediamo che la risposta alla richiesta formale dello Stato debba essere chiara: se la mediazione internazionale ci dovesse portare a sopportare il dispiegamento poliziesco e militare, condurre in tribunale con accuse gravissime, che comportano una pena di prigione e multe che non siamo in grado di pagare; se la mediazione tollerasse il fatto che ci sono state più di 900 persone ferite semplicemente per voler votare e, in cambio, chiedesse allo Stato solo l’apertura di un dibattito al Congresso per ponderare la riforma della Costituzione spagnola, senza alcuna garanzia che si generi una nuova cornice rispettuosa dei diritti civili e politici, compresi quelli delle minoranze; se fosse così, se la mediazione internazionale dovesse servire per questo, potremmo considerare già tramontata la speranza nella mediazione internazionale.
Se pretendono applicare, una volta compiuti i passi formali, le previsioni dell’art.155 della Costituzione spagnola e vogliono continuare minacciando e imbavagliando, che lo facciano con la Repubblica già proclamata. Per fortuna continueremo senza il sostegno dei mercati e degli stati, senza grandi ricchezze naturali e senza poteri economici che ci sostengano, però lo faremo con la gente, le sue speranze e tutta la sua dignità.
Per la Repubblica catalana, la Repubblica della gente!
Cordialmente,
CUP-Crida Constituent
Il testo originale della lettera si trova alla pagina: http://cup.cat/noticia/carta-al-president-puigdemont
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