La CE smorsa l’entusiasmo del governo Gentiloni sulla “ripresa economica italiana” (PIL: +1,8% su base annua). Il numero due della Commissione Europea #Katainen accusa: ” Roma non sta dicendo la verità sui conti pubblici perché ci sono le elezioni”. Al di la di qualsiasi valutazione sul contenuto della manovra finanziaria (#DEF)di Gentiloni-Padoan, qui si sta parlando di uno sforamento dello 0,2% del famigerato rapporto deficit-PIL che corrisponde ad una cifra che supera di poco i 3 miliardi! Ma insomma, un paese come l’Italia che ha una spesa pubblica di 850 miliardi di euro l’anno viene inchiodato a causa di 3 miliardi? E’ follia pura.
Ma cosa vuole davvero la #UE dall’Italia? Vuole altri tagli alla spesa pubblica, altrimenti ci manda la Troika a commissariarci. E tanto per chiarire, minaccia le maniere forti, tipo, una nuova crisi del debito con una fuga dello spread come quella del 2011.
Comunque vada quest’assurda storia dello 0,2%, da un po’ di tempo, quelli di Bruxelles non perdono occasione di far capire che la resa dei conti finale con l’Italia è solo rimandata.
D’altronde, alla fine del 2017 è prevista la ratifica del famigerato “Fiscal Compact” approvato, in tutta fretta, nel 2015, dal governo Monti che costringerà, a partire dal 2018, l’Italia ad “impiccarsi” ad una riduzione della spesa da 50 miliardi l’anno con l’imposizione di un avanzo di bilancio pari al 3,5% del PIL. Altro che fine dell’austerity e/o riduzione delle tasse, come pare predicare qualche renziano in piena trance pre-elettorale.
Se quel trattato non viene cancellato, ci aspettano 20 anni terribili che peraltro nessun governo sarebbe in grado da gestire se non dichiarando lo stato d’assedio. Di certo, sarebbe la pietra tombale per qualsiasi velleità di ripresa economica per un paese già moribondo come l’Italia.
E poi incombono quella “clausole di salvaguardia” lasciate in eredità a Gentiloni da Renzi, con la legge di stabilità del 2015, che consistono in un incremento automatico delle aliquote IVA e delle accise che, nel 2016, in virtù della così detta “flessibilità” ottenuta in sede europea, furono modificate senza tuttavia intaccare gli aumenti automatici delle imposte indirette per 15,1 miliardi nel 2017 e 19,6 miliardi dal 2018.
Insomma, con questa ipoteca l’Italia può solo organizzare, già da ora, il proprio funerale.
La gabbia di ferro della UE funziona così: si stringe intorno ai suoi popoli facendoli morire un po’ alla volta. Possiamo girarci intorno quanto vogliamo ma non ce n’è: l’unica speranza di sopravvivere è romperla, al più presto possibile.
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andrea’65
e chi la rompe? un movimento sovranista-nazionalista tacciato subito di populismo fascista ? I komunisti di rizzo?
o un golpe di CC e magistrati?
Redazione Contropiano
Perchè non riesci a immaginare un movimento popolare, di lavoratori, disoccupati, giovani che possa raggiungere questo obiettivo? Intanto facciamo in modo che si possa tenere un referendum sull’adesione o meno ai trattati europei. Dopo l’Oxi greco, la Brexit, i risultati di Francia e Olanda nel referendum del 2005 e se vuoi anche al referendum del 4 dicembre scorso in Italia contro la riforma controcostituzionale, possiamo dire che ogni volta che la popolazione ha avuto la possibilità di esprimersi democraticamente su questo ha detto NO all’Unione Europea e ai suoi trattati. E’ ovvio che se nel nostro paese ed in altri impediscono – e intendono impedirlo – al “popolo” di potersi esprimere è perchè ne temono i risultati.
carlo baschieri
Quando lo capiremo che e’ ora di usare l’euro come moneta complementare per i pagamenti con l’estero e contemporaneamente STAMPARCI in proprio moneta da far circolare solamente nel paese, naturalmente non moneta/debito, ma moneta nazionale della banca d’Italia NAZIONALIZZATA che stampi per il governo moneta che non abbia bisogno di essere restituita e non produca interessi. Le tasse potrebbero essere tagliate fortemente da subito, tornerebbero al loro motivo di esistere solamente per regolare l’andamento dell’inflazione e del suo contrario, la deflazione. Certo occorre anche studiare un sistema di regole che impedisca ai governi di stampare a piacimento, magari in maniera industriale banconote che perderebbero in breve valore. Il paese ripartirebbe alla grande in pochi mesi. Per necessità ho semplificato un problema dai mille risvolti, su cui ci sarebbe da discutere molto, ma il concetto è tutto qui.