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G5 Sahel, il missionario: “Una vergogna i militari italiani in Niger”

ROMA – “Vergogna: seguiamo Macron su una strada pericolosa, violando nei fatti la sovranità del Niger e abbracciando una classe politica corrotta al soldo di Parigi“. Padre Mauro Armanino, missionario da anni a Niamey, parla con la DIRE dopo l’annuncio dell’impegno militare italiano per “la sorveglianza e il controllo del territorio” del Paese del Sahel. Secondo il premier Paolo Gentiloni, l’obiettivo della missione sarà “addestrare forze che possano contribuire alla stabilità e alla lotta contro il terrorismo”. A questa prospettiva, però, padre Armanino non crede. “Ci aggiungiamo a chi con il pretesto del contrasto al terrorismo persegue solo la geopolitica delle risorse” accusa il missionario: “Uranio e non solo, in Niger, in Mali e fino alla regione del Lago Ciad”.

C’è poi il rapporto con le comunità locali

Parte della popolazione e della società civile – spiega padre Armanino – vede di malocchio che forze esterne possano impiantarsi impunemente nel Paese e denuncia la svendita della sovranità nazionale”.

Sulla presenza italiana molto era chiaro già prima del vertice del G5 Sahel che si è tenuto ieri alle porte di Parigi, l’occasione dell’annuncio di Gentiloni. Il nostro Paese aveva già aperto mesi fa la sua prima ambasciata a Niamey, segnando l’avvio di una fase che potrebbe ora procedere con l’invio di 470 soldati e 150 veicoli militari.

E’ un grande business che si alimenta dell’arrivo delle ong con i fondi fiduciari” denuncia il missionario

Convinto che dietro ci sia anzittutto Emmanuel Macron, il presidente della Francia, l’ex potenza coloniale che ai giacimenti di uranio e all’influenza politica nel Sahel non intende rinunciare. “è una logica guerrafondaia che purtroppo da tempo anche l’Italia ha sposato” sottolinea padre Armanino. “Il suo complemento è l’appoggio alla classe politica locale: qui in Niger truccano le elezioni e invece di sostenere l’agricoltura, l’istruzione e il lavoro sperperano il denaro pubblico, magari facendo costruire sopraelevate improbabili”. E i flussi di migranti, che dall’area subsahariana raggiungono la Libia proprio attraverso il Niger? “Chi ha fame non si ferma con gli eserciti ma con lo sviluppo” risponde il missionario: “Ci mettiamo davvero sulla strada sbagliata, che si perderà nel deserto”.

 

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