L’Egitto ha continuato anche ieri a bombardare le postazioni dell’Isis in Libia, oggi ha inviato le sue truppe a Derna ed ha esortato le potenze occidentali ad unirsi alla sua campagna militare. Ma l’Occidente (dopo una telefonata tra Matteo Renzi e François Hollande) frena, per ora, sull’opzione militare e spinge ufficialmente per una soluzione politica del conflitto. Il dietro front rispetto agli impeti bellicisti avanzati nei giorni scorsi da alcuni ministri del governo Renzi (la Pinotti e Gentiloni) ha costretto quest’ultimo a rettificare il tiro delle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi. Ed è proprio il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che questa mattina sta riferendo alla Camera sulla situazione in Libia., alla vigilia del dibattito sulla politica estera in calendario per domani. “Mentre il negoziato muove i primi passi, la situazione in Libia si aggrava. Il tempo non è infinito e rischia di scadere presto, pregiudicando i fragili risultati raggiunti” dalla mediazione Onu sostenuta dall’Italia, ha detto il ministro nell’informativa in aula. “L’unica soluzione alla crisi libica è quella politica”, ha aggiunto. Non vogliamo “avventure e tantomeno crociate. Chiediamo alla comunità diplomatica di aumentare gli sforzi”, ha spiegato. “Il deterioramento della situazione sul territorio impone un cambio di passo da parte della comunità internazionale prima che sia troppo tardi. In Libia è evidente il rischio di saldatura tra gruppi locali e Daesh” che richiede la “massima attenzione”. Dalla riunione del Consiglio di sicurezza di oggi “ci attendiamo la presa di coscienza al Palazzo di vetro della necessità di raddoppiare gli sforzi per favorire il dialogo politico” in Libia, ha concluso Gentiloni.
Ieri, riferisce l’Ansa, il ministro degli Esteri italiani ha avuto in tarda serata un colloquio telefonico con il Segretario di Stato americano John Kerry. Nel corso del colloquio – si apprende alla Farnesina – i responsabili per la politica estera di Italia e Stati Uniti hanno discusso dell’evoluzione della crisi libica.
A pesare sullo stop all’interventismo militare in Libia sembra che abbiano pesato sia i “suggerimenti statunitensi” a Renzi (poco entusiasti all’idea di una iniziativa militare autonoma in ambito europeo) sia la diagnosi avanzata dai comandi militari italiani che hanno segnalato le “criticità” dell’apparato militare tricolore nel poter affrontare un conflitto in Libia. Tutte le analisi infatti concordano sul fatto che un intervento militare di stabilizzazione non potrebbe fare a meno di una presenza di truppe di terra sul campo. E qui i cinquemila soldati evocati dalla ministra Pinotti sarebbero del tutto irrilevanti. E quando il governo italiano ha cercato intorno qualche compagno di avventura, l’unico che ha trovato finora è stato l’Egitto che però è partito in quarta da solo. Gli altri governi europei al momento non sembrano disponibili a chiedere ai propri soldati di “morire per Tripoli”. Quelli francesi sono già abbondantemente impegnati nelle operazioni militari in Ciad. Mali, Repubblica Centrafricana e Costa D’Avorio (l’area di influenza francofono in Africa), mentre i corpi militari più addestrati italiani sono ancora nel disimpegno in Afghanistan e nella missione Unifil in Libano. Qualcuno evoca il ritorno dei parà della Folgore in Libia, magari sognando della rivincita a El Alamein, ma proprio alla luce della storia coloniale e fascista dell’Italia da quelle parti, questa opzione sarebbe un regalo a tutte le milizie libiche, sia quelle dell’Isis che a tutte le altre.
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