E’ preaccordo di Grosskoalition in Germania tra il Partito socialdemocratico e la Democrazia cristiana a due teste (Cdu+Csu), sotto la regia di Angela Merkel.
Grida vittoria il segretario Spd Martin Schulz, ma cosa abbia vinto lo sanno solamente lui e pochi intimi.
Stiamo ai fatti e riassumiamo in breve le precedenti puntate: dopo le elezioni, che erano state un disastro per la Spd, Schulz aveva sentenziato “Mai più con Angela, piuttosto senza governo”.
La Merkel allora, forte di un relativo successo elettorale, aveva tentato di dimostrare le sue capacità di acrobazia politica con la così detta coalizione Giamaica, dai colori di bandiera dello stato omonimo, mettendo d’accordo i verdi ambientalisti e i gialli liberali, liberisti e sviluppisti della Fdp, sotto la supervisione sua propria, nera, come da colore tradizionalmente attribuito alla Cdu tedesca. Acrobazia fallita e ben ce ne incolse perché avrebbe dato spazio a tale Lindner (il giallo) al posto dell’uscente Schaeuble, che in materia di finanze avrebbe visto l’Italia come sordida peccatrice da redimere a suon di austerity e pure Mario Draghi come suo manutengolo.
Ma Angela non si scoraggia, forte del suo prestigio, ma anche di due altri punti a favore, capaci di scaldare il cuore del gelido Schulz.
Il primo, che dopo l’esito elettorale del 2017 alla Spd restava la scelta tra la padella e la brace. Entrare al governo, lasciando però il ruolo centrale dell’opposizione alla lista Alternativa di estrema destra (AfD) e preparandosi a una nuova cottura a fuoco lento, come quella subìta negli anni precedenti. Oppure provocare una crisi da cui sarebbero scaturite nuove elezioni che li avrebbero comunque visti probabilmente ri-perdenti come prima e più di prima.
Il secondo era costituito dall’autorevole parere del Presidente della Repubblica Steinmeier che, pur essendo Spd, per ragioni istituzionali, propendeva decisamente in senso contrario ad un nuovo ricorso alle urne e quindi si era rivolto a Schulz in toni abbastanza decisi, per convincerlo a tornare sui suoi passi e a replicare l’accordo della legislatura passata.
Da qui una estenuante trattativa (si parla di notti insonni) che partorivano il preaccordo di cui non solo la Merkel, ma Schulz medesimo, non si sa quanto obtorto collo, dichiaravano costituisse una vittoria.
E adesso tutti contenti? Non proprio. Conosciuti i termini del preaccordo nella Spd si arrabbia l’opposizione di sinistra (i giovani della Jusos): niente tasse più elevate da far pagare ai ricchi; accoglienza col contagocce ai migranti e ai parenti dei profughi che chiedono il ricongiungimento; no alla ricollocazione già concordata di quei profughi che avevano trovato sistemazione provvisoria in Italia e Grecia. Nemmeno tanto nascostamente c’è lo zampino della Csu, anima destrorsa e bavarese dei democristiani, che in tempi preelettorali hanno fatto muro sui diritti umani.
Vittoria allora su che cosa, di grazia? Finanziamento ai progetti Ue, nel nome dell’Europa, ma non si sa quali e quanto. Di eurobond, che pure un tempo a Schulz piacevano, nemmeno l’ombra. Conferma dell’asse franco tedesco. Peccato proprio adesso che Macron aveva fatto un pensierino a trattarci quasi alla pari. E poi soldi (quanti e come?) per sanità, pensioni e famiglie povere. Su questo però va detta una cosa. In Germania la Csu, oltre che per la xenofobia, si distingue anche per una sua anima sociale non-liberista e quindi la Spd ha potuto trovare in lei una quasi alleata. Quasi vittoria o quasi sconfitta per la Spd? Certo al momento, nonostante le congratulazioni di Gentiloni, non è una vittoria per l’Italia. La stabilità rafforzerebbe l’euro e penalizzerebbe le nostre esportazioni; l’asse franco tedesco ci marginalizza; sui migranti porta in faccia. Sui fondi europei tutto da vedere.
Ma siamo solo agli inizi. In casa Spd serve il parere dei congressi regionali a quanto stabilito in direzione e poi quello della base.
Al momento tira una brutta aria anche qui per Schulz. In attesa dell’incontro plenario del 21 gennaio la Sassonia Anhalt ha già detto di no, sia pure con un solo voto di differenza. Hanno vinto i giovani Jusos, armati di un distintivo che dice no alla GroKo (Grosse Koalition).
Non è che l’inizio, appunto. Molto presto ne sentiremo ancora parlare.
* da AlgaNews
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