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Monti, o l’incertezza di una borghesia inesistente

In qualche era prevedibile, ma l’ottusità media del centrodestra si dimostra in questo frangente un ostacolo imbarazzante. La quantità di mezze figure che nel Pdl premono per “mostrare i muscoli”, per far capire che “Monti lo facciamo cadere quando vogliamo”, è tale da esser stata davvero chiarificatrice. I “mercati” hanno capito subito e hanno ripreso a “fare pressione”. Anche la Bce – ora guidata da Draghi, che conosce bene certi polli – ha improvvisamnete dimezzato i propri acquisti quotidiani di Btp.

Risultato: spread in volo e borsa  a terra. Sarà arrivato il messaggio ai bru-bru del centrodestra? Lo sapremo stamattina, quando il più cupo Berlusconi di sempre vedrà Monti (insieme a qualche parvenu promosso a “gran capo”) per le consultazioni. Ma almeno dovrebbe sapere di non avere scelta, visto che si è arreso in 48 ore.

L’offensiva della troika e dei mercati dunque “deve” continuare perché abbiamo una classe politica e settori sociali completamente privi di razionalità capitalistica. Dire a un evasore totale o a un intermediario vicino alla mafia che dovrà lavorare “in chiaro” o pagare le tasse (senza esagerare) è qualcosa di inconcepibile. E’ da sottolineare come l'”opposizione istintiva” più dura contro “la svolta liberale” in atto venga soprattutto da questa “estrema destra sociale”, cresciuta e diventata prepotente negli anni del berlusconismo imperante.

Mentre nel “popolo di sinistra”, solo in casi rari capace di “lungimiranza di classe”, prevale ancora il senso di liberazione dall’incubo di Arcore. Il ragionamento sottopelle è così semplice e ingenuo da far temere il peggio: “intanto ci siamo liberati di lui, ora si tratterò di fare un po’ di sacrifici, ma un passetto alla volta ci rimetteremo in sella sul piano economico e potremo ricominciare a parlare di riforme sociali, ecc”.

Questo è il quadro con cui ci dobbiamo misurare. Avere una lucida visione del tipo di crisi che stiamo vivendo è indispensabile, ma non è una consapevolezza che si possa spendere “così com’è” sul piano politico. Va articolata in iniziative ed esempi, dando battaglia su ogni singola “misura” o “sacrificio” che verrà messo all’ordine del giorno. E facendo molta attenzione, anche sul piano del linguaggio: saremo pieni di “nemici delle banche” che girano per il paese sbandierando simboli nazisti o leghisti. Con il “complotto demo-pluto-giudaico” in agguato.

I giornali, mainstream o no, cercano di inquadrare il momento, con qualche preoccupazione.

 

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dal Sole 24 Ore

 

I paletti di Monti: non accetterei governo a termine, lascio senza appoggio dei partiti. E glissa sulla manovra correttiva

Uno: «Desidero politici al governo, ma l’importante è il loro appoggio». Due: «Non accetterei un governo a tempo». Tre: «Non ho mai usato il termine lacrime e sangue, sacrifici forse sì». Al termine del primo giorno di consultazioni, in conferenza stampa, il premier incaricato Mario Monti comincia a piantare qualche paletto, a partire dalla natura del nuovo esecutivo. Ed ecco i desiderata dell’ex commissario Ue. La presenza di politici nella squadra di governo, spiega Monti, «è una questione che non vorrei drammatizzare: mi è sembrato importante dare un segnale concreto e aperto a quell’apporto che necessariamente dovrò avere dalle forze politiche, e di averlo anche in termini di risorse umane, cioè membri del governo».

 

Senza appoggio dei partiti lascio. I segretari dentro? Presenza non è indispensabile
Insomma, il loro apporto è auspicabile, «ma l’importante – avverte l’ex commissario Ue – sarà comunque che diano l’appoggio senza il quale io non mi accingerei nemmeno al compito». Ad ogni modo, assicura Monti, «la compagine sarà convincente ed efficace». Qualcuno insiste sul punto, prova a carpire le intenzioni dell’ex commissario Ue e chiede se stia valutando un coinvolgimento dei leader dei partit. «Che i segretari dei partiti che appoggeranno il governo siano presenti in esso non mi sembra condizione indispensabile», è la risposta di Monti. «Che ci sia un convinto appoggio da parte loro sull’ispirazione, le caratteristiche, i valori e la prospettiva operativa del governo mi sembra indispensabile».

Manovra correttiva? Prematuro parlarne
Dunque, l’appoggio è condizione necessaria, ma si andrà avanti anche senza politici nell’esecutivo. Un cronista lo interpella poi sull’esigenza di una manovra correttiva, come chiede l’Europa. Monti, però, con il consueto savoir faire glissa. «La ringrazio per la domanda – dice – ma in questa fase sarebbe prematuro parlarne». L’ipotesi di una nuova correzione da 25 miliardi per mettere in sicurezza i conti pubblici e assicurare il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 sarà sul tavolo del futuro esecutivo, ma l’ex commissario Ue preferisce non sbilanciarsi davanti alla stampa.

Non sarà governo a tempo, orizzonte è fine legislatura
Chiarisce, invece, questo sì, che il suo governo non «sarà a tempo. L’orizzonte temporale in cui il futuro governo si colloca è da oggi alla fine della legislatura. Ovvio che il Parlamento può decidere in qualunque momento che il governo non è più degno della sua fiducia, ammesso che gliela conceda. Se però venisse prefissata una data al di qua dell’orizzonte fissato di fine legislatura, questo toglierebbe credibilità all’orizzonte del governo. E non lo accetterei».

Sacrifici sì, mai parlato di lacrime e sangue
Quanto alle misure, a ciò che servirà per raddrizzare la rotta e rassicurare i mercati – che «avranno un’impazienza temperata con razionalità», dice, fino alla formazione del nuovo governo – il presidente della Bocconi ci tiene a una precisazione. «Non ho mai detto “lacrime e sangue” ma sacrifici forse sì. Forze politiche hanno percepito la serietà della situazione». Quelle stesse forze politiche a cui si appella affinché «siano consapevoli che è necessario ritrovare una fase di distensione che consenta di guardare un po’ più in alto, con senso di responsabilità e con coesione».

Incontri positivi e costruttivi. Politica trasformi momento in opportunità
Poi rivolge lo sguardo sulle consultazioni e prova a tracciare un bilancio a metà del guado (domani vedrà Pd e Pdl). «Le consultazioni stanno procedendo con grande serietà e con partecipzione molto costruttiva da parte di tutte le forze politiche che sono consapevoli che è necessario ritrovare una fase di distensione che consenta di guardare un po’ più in alto con senso di responsabilità e di coesione». Un momento difficile come quello in corso, aggiunge il premier in pectore, «deve trasformarsi in vera opportunità per il paese», aggiunge il premier. Che si dice intenzionato a incontrare domani i rappresentanti istituzionali delle donne e dei giovani.

Domani si prosegue con Pd e Pdl
Non c’è dunque ancora la lista di ministri che anche i mercati aspettano, ma le consultazioni – avviate stamane e riprese nel pomeriggio con l’Idv e con il Terzo Polo, domani chiuderanno Pd e Pdl – cominciano a fornire qualche certezza in più. La prima è che il premier in pectore non vuole lasciare la politica fuori dalla porta. L’altra è che Monti non vuole essere un premier a tempo ma punta ad arrivare a fine legislatura, nel 2013. Indicazioni che certo non fanno piacere dalle parti del Pdl che ha ribadito a più riprese il proprio sì condizionato alla durata e al programma.

Cicchitto frena: nessun consenso al buio
Così il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, si incarica di sottolineare, prima ancora della conferenza stampa di Monti, che non ci saranno cambiali in bianco per il nuovo esecutivo. «Nessuno pensi a consensi dati al buio», avverte l’esponente pidiellino che rimarca la rotta: serve il confronto su programma e struttura dell’esecutivo. «Il nostro atteggiamento – chiarisce ancora Cicchitto – è costruttivo nei confronti del presidente incaricato Monti a condizione che ci si confronti su una organica proposta programmatica e anche sulla struttura del Governo. Nessuno può pensare a consensi dati al buio perché noi dovremo portare una precisa all’ufficio di presidenza del Pdl».

Di Pietro: programma e squadra e poi decidiamo su fiducia
Mentre Antonio Di Pietro, aprendo la girandola pomeridiana delle consultazioni di Monti, assicura «che non ci metteremo di traverso». L’ex commissario Ue, spiega il leader dell’Idv, «intende portare e riportare serietà all’interno delle istituzioni e noi gli abbiamo chiesto di riportare anche trasparenza ed efficienza e di coniugare in concreto quell’equità che ieri ha messo come punto di riferimento della sua possibile azione di governo». Quanto al sostegno, Di Pietro chiarisce che Monti riceverà la fiducia dell’Idv «solo dopo aver pronunciato il suo discorso alle Camere». Durante l’incontro, infatti, Monti «si è riservato di “svelare”‘ la squadra e il programma più avanti» e per questo, ha detto Di Pietro, «noi ci riserviamo di decidere dopo averlo sentito». L’ex pm aggiunge quindi che «se si celebrerà il referendum sulla legge elettorale e i cittadini decideranno il ritorno alle preferenze, abbiamo detto a Monti che c’è un dovere morale, etico, politico, istituzionale e costituzionale di ridare la parola ai cittadini, a prescindere dall’efficienza del Governo».

Dal Terzo polo carta bianca al premier in pectore
Dal Terzo polo, invece, nessun ostacolo al futuro esecutivo. «I cento parlamentari del Terzo Polo danno carta bianca al presidente Monti, senza se e senza ma», spiega il leader dell’Api, Francesco Rutelli. «Abbiamo piena fiducia in Monti – aggiunge l’ex sindaco di Roma – e lo sosterremo. Governo tecnico? Bene. Governo politico? Bene. Sosterremo la linea eccezionale e ineccepibile del Capo dello Stato, sperando in una stagione di pacificazione, di ripresa economica, di riequilibrio e di recupero di credibilità per il nostro paese».

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L’errore di Pdl e Pd che non vogliono una base politica per il governo Monti

 

Stefano Folli

Il governo quindi prenderà forma e s’insedierà. Se poi avrà la fiducia dal Parlamento, comincerà un percorso verso un orizzonte che coincide con la fine della legislatura nel 2013. E infatti Monti ieri sera ha detto che lascerebbe solo nel caso in cui le forze politiche gli offrissero un appoggio a tempo determinato, un sostegno a scadenza. Il che non è plausibile, quali che siano le riserve mentali. Un conto è disporsi a far inciampare il governo in Parlamento quando torna comodo, un altro è dichiararlo in anticipo. Solo Di Pietro è così sincero.

Il secondo punto di forza è l’opinione pubblica. La gente è in larga parte a favore del professore milanese. Lo conosce poco, ma apprezza d’istinto il suo stile severo, l’eloquio essenziale e appropriato, l’immagine di competenza e di rigore morale che lo accompagna nelle prime frequentazioni dei palazzi romani. Per un uomo che non dispone di forza politica, avere dalla sua il grande pubblico è fondamentale.
E questo spiega forse certi appuntamenti inseriti in agenda, con i giovani e le donne. Data l’urgenza della crisi e la difficoltà di comporre il quadro generale, tali incontri potrebbero apparire superflui o fuorvianti. Ma si giustificano con l’attenzione che Monti deve al suo alleato: l’opinione pubblica.

Terzo punto di forza, il sostegno assiduo del presidente della Repubblica. Napolitano segue passo passo i lavori in corso a Palazzo Giustiniani. È attento a evitare qualsiasi invasione di campo, ma non è certo avaro di consigli e suggerimenti. Il momento è ‘cruciale’, ripete. La sua pressione sui partiti, affinché agiscano in una logica concorde, è continua quanto discreta. Allo stesso modo, Monti continua a godere della simpatia di tutte le cancellerie occidentali, che vogliono vederlo al più presto nella pienezza dei poteri alla guida dell’esecutivo.

Vediamo invece i punti di debolezza. Il principale riguarda la mancanza di qualsiasi slancio verso l’unità nazionale. Non a caso Napolitano insiste sul tema della ‘coesione’: per la buona ragione che ce n’è troppo poca. La contraddizione di Monti consiste nel trovarsi alla testa di un governo d’emergenza, e quindi di unità, senza che i partiti lo seguano su questo terreno. Non si parla di un patto politico vecchio stile, ma in vista non c’è nemmeno un gesto formale, un armistizio dichiarato fra centrodestra e centrosinistra.
Il secondo punto di debolezza discende dal primo. Monti vorrebbe nella squadra ministeriale alcuni esponenti politici dei maggiori partiti (e con lui, possiamo immaginare, il Quirinale). Esponenti di primo piano indispensabili per rafforzare il rapporto fra il governo e le Camere, fra l’esecutivo dei ‘tecnici’ e la sua base parlamentare.

Niente da fare, a quanto sembra. Pdl e Pd non sono d’accordo su niente, ma su una cosa sì: rifiutare a Monti un profilo politico del governo che aiuterebbe a definire lo sforzo collettivo e vincolerebbe un po’ di più le forze politiche a un sostegno non solo retorico (tutto è cominciato dal veto opposto dai democratici in nome della ‘discontinuità’ a Gianni Letta, uomo delle istituzioni e grande conoscitore della macchina dello Stato: un errore che forse sarà rimpianto).
Occorrerebbe che oggi, durante l’incontro con Pdl e Pd, Monti mettesse le carte in tavola e chiedesse con forza un impegno nel governo di alcune personalità politiche. Come garanti di una linea. Anche perché, ed è il terzo punto, la fiducia dei mercati verso la novità italiana non è eterna, se appena si accorgono della relativa fragilità di una compagine solo ‘tecnica’.

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da Repubblica

 

Il rischio che nasca
il governo di nessuno

di CLAUDIO TITO“La verità è che qualcuno ancora spera nelle elezioni in primavera”. La riflessione che Pier Ferdinando Casini ha fatto ieri nell’incontro con Mario Monti e successivamente con gli esponenti del Terzo Polo, illustra bene l’impasse che blocca il governo del neosenatore a vita. L’incarico che domenica sera Napolitano ha affidato all’ex commissario europeo si sta rivelando infatti molto più complicato del previsto.

 

Non solo i tempi per la formazione dell’esecutivo si stanno allungando, ma la qualità del sostegno che i due principali partiti del Paese – Pdl e Pd – intendono fornire, si presenta assai scadente. Il no alla presenza di ministri politici, al di là della robustezza della squadra “montiana”, rischia di mettere in discussione la nascita della nuova compagine. Un pericolo di cui si è ben reso conto il Professore che chiede un “convinto sostegno” al suo sforzo. Nella consapevolezza che il suo potrebbe presto rivelarsi il “governo di nessuno”. Senza “padrini” ma anche senza “difensori”, in balia di un Parlamento che storicamente non ha mai apprezzato i “tecnici”. Il presidente del consiglio incaricato sa che se Pdl e Pd continuano a prendere le distanze, il suo sforzo può presto incagliarsi tra i veti dei partiti. Il suo orizzonte temporale si ridurrebbe drasticamente e nel giro di poco tempo potrebbe essere costretto a fare i conti con le Camere “vietnamizzate”. Molti infatti già pongono un interrogativo a Monti: come può un “tecnico” superare lo scoglio delle commissioni Bilancio composte da parlamentari abituati a tutto? Come può far digerire la prossima manovra economica?

Interrogativi che sono ben noti al Quirinale che infatti sta tentando un’ultima mediazione per garantire un percorso sminato. Napolitano sa bene che senza una concreta copertura politica, lo spettro del voto ad aprile o maggio può improvvisamente materializzarsi. Sta di fatto che le ritrosie del Popolo delle libertà e il veto dei Democratici si sostengono vicendevolmente e sicuramente sono in grado di limitare il raggio di azione temporale di Monti. Del resto, sebbene Berlusconi sia ormai pronto ad avallare l’eventuale nomina di Gianni Letta, molti nel suo partito non fanno nulla per nascondere l’obiettivo del voto anticipato. Così come il “niet” di Bersani – sebbene non sia condiviso da tutti i democratici – sembra denunciare la volontà di usare il gabinetto Monti soprattutto per chiudere la stagione berlusconiana e quindi tornare davanti agli elettori. E il Colle sta seguendo con irritazione il gioco dei veti incrociati.

Eppure, al di là delle consultazioni insolitamente lunghe con gruppi parlamentari dal peso politico decisamente esiguo, il premier incaricato si sta facendo carico di un’emergenza senza precedenti per il Paese. Ieri lo spread con i bund tedeschi è tornato a salire e lo stesso Monti ha lanciato un monito drammatico ai “consultati”: “Abbiamo due mesi per salvarci”. Il giudizio che oggi daranno i mercati alle indecisioni della politica saranno allora determinanti. Un’impennata dei tassi dei nostri titoli di Stato potrebbe assestare l’ultimo scossone alle timidezze di Pd e Pdl. Come le fibrillazioni sulle quotazioni dei Bot hanno di fatto determinato la caduta di Berlusconi, così potrebbero imporre una nuova svolta bocciando la credibilità di una squadra senza politici. In quel caso l’ipotesi di blindare l’esecutivo con una significativa rappresentanza proveniente dai partiti si ripresenterebbe prepotentemente. A quel punto la richiesta del senatore a vita di vedere al suo fianco Gianni Letta, Pierluigi Bersani e Pier Ferdinando Casini o in alternativa di immaginare un tandem  Amato-Letta tornerebbe sotto esame. Ma di certo, Monti e Napolitano hanno l’esigenza di chiudere la partita in tempi brevissimi. Nessuno può sfidare troppo a lungo i mercati.

 

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da La Stampa

 

Politici, vil razza desiderata

MARCELLO SORGI

 

 

Il tono del nuovo appello del Presidente Napolitano non lascia dubbi: nel primo giorno di consultazioni dopo l’incarico il tentativo del professor Monti ha incontrato difficoltà. Di qui l’accenno del Capo dello Stato al momento “cruciale”. Monti ha visto i rappresentanti dei partiti minori e non ha potuto incontrare la Lega, dato che Bossi, per confermare la scelta di stare all’opposizione, se l’è sbrigata con una telefonata. A tutti ha detto che non accetterebbe limiti temporali.

La questione che via via s’è complicata, in una giornata in cui la stretta dei mercati non accennava ad allentarsi, è quella dei ministri politici. A sorpresa Monti ha detto ai suoi interlocutori che la sua preferenza non era per un governo tecnico, ma se possibile composto anche da esponenti dei partiti, che avrebbero garantito meglio il raccordo con la larga maggioranza che dovrebbe sostenere l’esecutivo. Su questo, Di Pietro ha confermato il suo no e Rutelli il si del Terzo polo, mentre il Pdl, il cui vertice siede in permanenza a Palazzo Grazioli con Berlusconi, ha fatto sapere che è indisponibile.

Appesantito dalle indiscrezioni circolate prima dell’incarico e poi dal veto del Pd contro Gianni Letta, il problema dei ministri politici è diventato così difficile da risolvere proprio mentre Monti si rendeva conto che un governo tutto tecnico, nella situazione attuale, non riuscirebbe a muoversi agevolmente in un Parlamento attraversato dalle tensioni di fine legislatura. D’altra parte, Pdl e Pd sembrano ormai indisponibili ad impegnarsi in prima persona. Dopo aver preso male il veto contro Letta – emerso mentre circolavano nomi di probabili ministri di forte personalità politica di centrosinistra come Amato e Veronesi – il partito di Berlusconi punta a delimitare al massimo il terreno dell’accordo con Monti, limitandolo nel tempo e nel programma, a cominciare dall’esclusione della patrimoniale. Ma anche all’interno del Pd, al di là delle posizioni ufficiali, i mal di pancia sulle larghe intese sono forti: e a parte la contrarietà a Letta, che a giudizio di Bersani avrebbe dato troppo il segno di una continuità con il governo uscente, esistono riserve sui grandi nomi riconducibili al centrosinistra e una pregiudiziale sull’equità delle misure anticrisi, che eviti la rigida applicazione delle richieste di Bruxelles. Monti tuttavia ieri sera ha cercato di non drammatizzare: l’importante, ha spiegato, è che il governo possa godere di un largo appoggio a sostegno delle misure che dovrà prendere, e senza espliciti limiti temporali. Che tipo di appoggio e a quali misure, si vedrà oggi, dopo gli incontri con Pdl e Pd.

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