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Siria. Il fronte si sposta verso Israele ed il Golan

“Sembra evidente che Israele sia lo strumento attraverso il quale gli USA e la NATO tentano di ostacolare le vittorie dell’asse Siria, Iran, Hezbollah e Russia pur di mantenere il paese in un permanente stato di guerra e di favorire i gruppi jihadisti ribelli”. Con queste parole il direttore del quotidiano online Rai Al Youm, Abdel Bari Atwan, analizza l’attuale situazione di crisi  in Siria.

Atwan indica che le recenti accuse per l’utilizzo di armi chimiche da parte di Damasco, siano  state costruite ad arte ed utilizzate da USA, Francia e Regno Unito per dare il via ad azioni militari contro le truppe lealiste siriane, autorizzando anche attacchi da parte di Tel Aviv nei confronti dei pasdaran iraniani impegnati in Siria. “Risulta improbabile” – secondo la sua analisi – “che Assad, dopo aver riportato numerose vittorie nella regione del Ghouta Orientale, abbia rischiato di utilizzare armi chimiche contro i civili”. Queste affermazioni vengono avvalorate da diverse e numerose fonti, come quella dell’analista americano Pat Lang, che ipotizzano la ricerca di “un pretesto con l’obiettivo di intervenire” per contrastare Assad e per difendere i gruppi ribelli jihadisti” rimasti.

La notizia dell’utilizzo di armi chimiche è arrivata proprio quando l’ultima fazione  salafita sponsorizzata dall’Arabia Saudita, Jaish Al Islam, aveva accettato il ritiro dalla città di Douma: accordo prontamente rifiutato, su indicazione di Riyadh, e successive accuse per l’utilizzo di materiale chimico. Altrettanto ambiguo, ad esempio, è stata l’indifferenza americana ed occidentale relativa alla disponibilità di Damasco nel ricevere una delegazione dell’OPAC – Organizzazione Proibizioni Armi Chimiche – per verificare ed indagare sul loro reale utilizzo o sulle colpe delle stesse milizie jihadiste, accusate da più parti, di averle utilizzate per incolpare Assad.

Quello che rimane, comunque, sembra l’ennesimo tentativo per continuare a favorire tutte le fazioni che ancora resistono contro Damasco: quelle nel meridione e quelle nel distretto di Idlib (Al Nusra) oltre a quelle  nella parte orientale del paese (Daesh).

Dopo la definitiva vittoria nel Ghouta Orientale, con il ritiro da parte delle milizie filo-saudite da Douma verso Jarablus lungo il confine settentrionale siriano, la nuova area di scontro sarà, molto probabilmente, quella meridionale di Deraa e del Golan.

Anche in questo caso sono numerose  le segnalazioni ed i report  da parte dell’ONU riguardo ad attività di supporto logistico e militare  israeliano nei confronti di gruppi jihadisti dell’area, pur di mantenere una sorta di “zona cuscinetto di sicurezza” contro il posizionamento dei pasdaran iraniani o di Hezbollah.

La stampa di Tel Aviv evidenzia come la sua parte settentrionale di confine sia quella maggiormente  a  rischio: sul versante siriano con la presenza delle milizie sciite irachene di Al Nujaba – considerate l’Hezbollah iracheno – e su quello libanese con lo stesso Hezbollah, rinforzato da sette anni di guerra per quanto riguarda preparazione militare ed armamenti.

“Israele rischia molto e la possibile guerra arriva nel momento peggiore”-  afferma il sito Debkafile – “visto che il fronte di Gaza è in subbuglio e la rivolta si può spostare anche alla Cisgiordania”, sottoponendo Tel Aviv a dover sostenere diversi fronti contemporaneamente. Il bombardamento della base siriana T4 ha causato, inoltre, la morte di alcuni consiglieri militari iraniani, con Teheran che ha giurato vendetta, ed ha innervosito Mosca.

Per la prima volta dall’inizio del conflitto, infatti, la Russia ha richiesto delle spiegazioni a Tel Aviv riguardo al bombardamento della base e lo stesso Putin ha messo in guardia “Netanyahu ed le forze militari occidentali” per una risposta militare russa contro un ulteriore e possibile attacco israeliano o americano contro la Siria.

Abdel Bari Atwan crede che lo stesso presidente americano Donald Trump, su pressioni  israeliane e saudite, si sia messo in una situazione difficile con le recenti minacce di rappresaglia. Molto probabilmente, come avvenuto con l’attacco congiunto americano, francese e inglese di venerdì notte, Washington al momento ha comunicato in anticipo ai russi i target ed ha scelto dei “bersagli siriani di stoccaggio, poco rilevanti in termini di rischi” per evitare una possibile escalation con i russi o con gli alleati di Damasco, senza perdere la faccia.

Venti di guerra talmente concreti che, come riporta il quotidiano Haaretz, “il consiglio di sicurezza israeliano si è riunito d’urgenza mercoledì ed ha decretato lo stato di massima allerta” a causa di un possibile aggravamento della situazione per un ipotetico intervento americano in Siria.

 

 

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