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Il Brasile di Bolsonaro, l’avamposto degli USA in America Latina

L’investitura di Jair Bolsonaro come 38º presidente del Brasile ha seguito le linee della sua prososopea elettorale, riproponendo la solita “bufala” del possibile attentato, in funzione della quale tutti i media brasiliani e stranieri si sono catapultati in Brasile, trovando la capitale Brasilia artisticamente occupata dai reparti speciali dell’esercito, della polizia federale e della polizia militare.

L’eccessivo e ingiustificato dispiegamento di forze militari e poliziesche in Brasilia e nelle principali città brasiliane, in realtà, è una chiara avvisaglia politica che il nuovo regime ha voluto dare non solo ai settori popolari vincolati politicamente con i partiti di sinistra, ma anche a quelle componenti della classe media e della cosiddetta borghesia nazionale che non riconoscono valide le leggi globalizzanti e privatizzanti volute dal mercato.

Un messaggio politico che fa ricordare la pantomima cilena del 1981 quandom dopo il golpe del 1973, Pinochet fu proclamato presidente del Cile per continuare ad implementare il programma economico liberista disegnato dai “Chicago Boys” e imposto con il colpo di stato. Un programma che ha imposto benefici e opportunità alle multinazionali e ai conglomerati, la formazione di  una nuova “borghesia globalizzata”, la cancellazione di quasi tutte le leggi che proteggevano i lavoratori e i poveri e la formulazione di un nuovo stato che  “democraticamente” garantisce il regime di dipendenza economica e geostrategica. Vale a dire un nuovo tipo di colonizzazione da parte degli Stati Uniti.

Anche il Brasile cammina in questa direzione, soprattutto con l’elezione di Jair Bolsonaro, visto che il nuovo governo pretende modificare l’andamento dell’economia brasiliana applicando tutte le norme istituzionali e programmatiche definite nel progetto politico ed economico dei “Chicago Boys”. Non è casuale che il super-ministro dell’Economia, Paulo Guedes, sia un professore Ph.D dell’Università di Chicago, estremo difensore del liberismo economico, come pure gli otto generali posti alla guida d’importanti ministeri.

Quindi, sintetizzando le dichiarazioni dei nuovi ministri e analizzando le linee programmatiche del nuovo governo, risulta evidente che i principali obbiettivi che saranno implementati nei primi due anni di governo saranno: a) la ridefinizione strategica del Brasile; b) la completa liberalizzazione dell’economia; c) l’annullamento politico e organizzativo della sinistra e del movimento sindacale.

 

La ridefinizione strategica

Prima di elencare le decisioni che il governo di Jair Bolsonaro prenderà per rendere più effettive le relazioni con gli Stati Uniti, è necessario ricordare che il Brasile ha sempre avuto un’importanza straordinaria per gli strateghi dell’imperialismo. Non solo per la dimensione continentale e le sue enormi ricchezze naturali, ma, soprattutto, per quello che rappresenta a livello di geostrategia politica e militare. L’evoluzione politica del Brasile, infatti, ha sempre influenzato la dinamica politica ed i risultati elettorali di quasi tutti i paesi del continente sudamericano. Un elemento politico che il generale-diplomatico statunitense Vernon Walters (1), subito il colpo di stato del 1964, caratterizzò con la famosa frase “Dobbiamo dare una grande attenzione al Brasile, perché dove va il Brasile poi andrà l’America Latina!...”.

Una frase che divenne la parola d’ordine delle operazioni della CIA e del Dipartimento di Stato, soprattutto dopo la seconda vittoria  elettorale di Lula nel 2006. Cioè quando il programma di crescita “desenvolvimento”, fissato dal governo Lula, oltre a non dare importanza al ruolo delle multinazionali statunitensi, apriva il paese alle imprese cinesi. Per poi promovere la formazione del blocco economico-finanziario, denominato BRIC, in cui, oltre al Brasile, partecipavano la Cina, la Russia, l’India e l’Africa del Sud.  Un blocco che riproponeva il superamento dello storico conflitto “Nord-Sud”.

D’altra parte, bisogna tener presente che durante i due governi di Lula e poi quelli di Dilma Roussef, il Brasile ha rafforzato i tre grandi progetti regionali – Mercosul, UNASUL e Parlamento Latino-Americano – che ha “vivisezionato” l’influenza  poliitca e strategica degli Stati Uniti  nell’America Latina. E fu proprio il “No” di Lula, e poi quello di Chavez, nel 2005, in occasione della “Quarta Cúpula das Américas”,  realizzata nella città argentina di Mar del Plata, che decretò la morte del progetto continentale ideato dagli Stati Uniti, denominato ALCA (2).

Quello che gli analisti della “grande stampa” non dicono è che dopo l’impossibile ricandidatura del presidente Michel Temer (3) e il disastroso disimpegno elettorale dei tradizionali candidati conservatori, il Dipartimento di Stato ha appoggiato la candidatura di Jair Bolsonaro perché questi era l’unico candidato della destra che iniziava la campagna elettorale con un sostnzioso 17% di preferenze elettorali. Per questo motivo il figlio di Bolsonaro, Eduardo, subito dopo l’esito positivo del primo turno. si è recato negli Stati Uniti per rassicurare le eccellenze della Casa Bianca e ricevere alcuni “consigli” da Steve Bannon. C’è da dire che la missione di Eduardo Bolsonaro fu ampiamente preparata da Olavo de Carvalho, che è uno degli analisti preferiti della CIA.  

Quindi, la decisione del presidente Bolsonaro di annunciare al Segretario di Stato, Mike Pompeo, che il nuovo governo cancellerà l’adesione del Brasile nel Patto Globale sulle Emigrazioni, non è stata una sorpresa. Era, semplicemente uno dei punti scritti nel palinsesto preparato dal Dipartimento di Stato. Di fatto, il presidente Bolsonaro e poi il ministro degli Esteri, Ernesto Araujo, hanno dichiarato pubblicamente che “le nuove proposte di lavoro adesso uniscono maggiormente la relazione politica del Brasile con gli Stati Uniti...”. Proposte che John Bolton – Consigliere di Donald Trump per la Sicurezza Nazionale – aveva sottoposto a Jair Bolsonaro nel mese di novembre!

Senza mezzi termini, Mike Pompeo ha sottolineato che con il nuovo governo sarà possibile ”sviluppare e ampliare le attività di quel forum, che fu creato anteriormente e, quindi, mettere in moto un sistema di relazioni permanenti tra il Brasile e gli Stati Uniti, capaci di moltiplicare le opportunità economiche e nello stesso tempo fare un fronte comune per opporsi alla Triade della dittatura  di Cuba, del Venezuela e del Nicaragua!”.

Le servili dichiarazioni del ministro degli Esteri, Ernesto Araujo, hanno poi confermato che la presenza del Segretario di Stato, Mike Pompeo, è servita per “sigillare il ritorno del Brasile in qualità di paese amico degli Stati Uniti…”.

Un aforisma del linguaggio diplomatico che, in realtà, certifica che con il governo Bolsonaro il Brasile entrerá a fondo e senza mezzi termini nelle maglie della dipendenza geostrategica statunitense. Una relazione che sarà implementata anche grazie allo stretto controllo politico che gli  otto  ministri-generali eserciteranno sul governo  e sullo stesso presidente.   

Fin d’ora si sa che il nuovo governo cederá alla NASA la base aerospaziale di Alcantara e che autorizzerà la vendita alla Boeing dell’industria aeronatica statale “Embraer”, incluso l’impresa sussidiaria militare “Embraer Defesa e Segurança”, che in questi mesi ha ultimato la costruzione del KC-390. Un aereo destinato al trasporto logistico militare che dovrà sostituire i vecchi Hercules C-130 costruiti dalla Lockheed. In questo modo la Boeing  potrà spiazzare la supremazia della Lockheed negli aerei per il trasporto tattico militare.

Quasi in simultanea, il nuovo ministro della Difesa,  generale Fernando Azevedo e Silva, e il nuovo capo dell’Intelligence, generale Augusto Heleno, hanno fatto sapere che saranno riformulati tutti i protocolli che limitavano la presenza e la navigazione delle navi e dei sottomarini della Sesta Flotta statunitense nelle acque brasiliane ed, in particolare nel porto di Recife. In seguito, il generaler Augusto Heleno ha annunciato che tutti di dipartimenti dell’intelligence brasiliana (ABIN e CGI) saranno ristrutturati “per meglio prevenire crisi di governo!...”.

Dopo le dichiarazioni di Mike Pompeo e quelle del primo ministro sionista Benjamin Netanyahu, al fianco di Bolsonaro, non è difficile immaginare che oltre ai nuovi accordi in politica estera (4), anche le forze speciali delle Forze Armate, della Polizia Federale, quelle delle Polizie degli stati, come pure le strutture dell’ABIN (5), riceveranno “gratuitamente” istruttori di ogni tipo, inviati dalla CIA, dal NSA e dal Mossad. Un contesto che demistifica e dissacra il “nazionalismo sovranista” che Jair Bolsonaro ha tanto publicizzato nella sua campagna elettorale! 

 

L’economia sempre più “di mercato”

La demolizione della retorica sovranista e populista di Bolsonaro, viene anche da decisioni economiche. Il presidente del Banco Centrale, Roberto Campos Neto e il super-ministro dell’Economia/Finanze, hanno annunciato che “saranno privatizzate tutte le 149 imprese statali, oltre a realizzare profonde riforme (liberiste n.d.r.) per ridurre il costo lavoro in tutte le imprese del Brasile …”. Per questo motivo, il ministro dell’Energia e delle Miniere, ammiraglio Bento Costa Lima, ha subito annunciato la ricapitalizzazione dell’Elettrobras, il gigante che produce e distribuisce energia elettrica in tutto il Brasile.

Per meglio servire il “Mercato”, il presidente Jair Bolsonaro ha subito chiuso il ministero del Lavoro, vale a dire quello che tutelava gli interessi dei lavoratori.  Secondo il portavoce della presidenza, Onyx Lorenzoni, tutti i funzionari e le strutture tecniche del Ministero del Lavoro saranno diluite in tre ministeri, quello della Giustizia, della Cittadinanza e dell’Economia. Un’operazione che permetterà d’insabbiare in uffici senza alcuna importanza tutti quei funzionari e direttori considerati “petisti” o “comunisti”.

A questo punto, per capire cosa succederà nel Brasile sintetizzo la descrizione tecnica del programma economico che il super-ministro Paulo Guedes ha annunciato subito dopo la sua nomina:

1 — Riduzione del “Salario Minimo” a 998 Real (268,77 dollari) , che determinerà l’abbassamento degli stipendi di tutti i lavoratori del settore pubblico e di quello privato. Nello stesso tempo saranno cancellati numerosi diritti dei lavoratori, tra cui anche la possibile abolizione della tredicesima.  Sarà sviluppato l’uso della terziarizzazione e il conseguente insabbiamento delle norme stabilite dalla Giustizia del Lavoro, per quanto riguarda soprattutto la sicurezza delle condizioni di lavoro. I delegati sindacali perderanno tutta la loro rappresentanza.    

2 — Vendita privatizzante di tutte le ricchezze naturali e minerali. Vale a dire la vendita alle imprese private (in grande parte statunitensi) dei territori di proprietà del governo federale, delle sorgenti e dei fiumi, delle differenti forme di biodiversità (soprattutto quelle  esistenti nella regione amazzonica).

Saranno vendute o date in concessione anche le riserve ambientali, comprese quelle etniche. Per esempio, 90 imprese straniere si sono candidate per realizzare l’estrazione dei differenti minerali localizzati nella storica riserva di Raposa Serra do Sol. Per accellerare questo processo di “svendita” il presidente Bolsonaro e il suo fedele consigliere – il figlio Eduardo, eletto deputato – hanno  pubblicato vari tweet in cui accusavano di corruzione e di incompetenza le strutture che si occupano dell’ambiente (IBAMA) e quelle delle riserve destinate alle popolazioni indigene o alle ultime comunitá di ex-schiavi africani (FUNAI), conosciuti con il nome di “Quilombola”.  Accuse che dopo 24 ore sono state smentite duramente dal presidente dell’IBAMA, Suely Araujo, obbligando l’ufficio stampa della presidenza a ritirare i due tweet postati dal Presidente e dal figlio-consigliere!

3 — Ampliare le aste pubbliche per vendere tutti i lotti petroliferi off-shore localizzati nelle aree dell’Oceano Atlanico, definite “Pre-Sal”, ritirando alla statale Petrobras (6) il diritto di concorrere nelle aste e di continuare lo sfruttamento dei blocchi acquisiti in passato, che saranno ugualmente venduti ad imprese petrolifere straniere. Secondo alcune fonti di Wall Street, nel “Pre Sal” sono state localizzate riserve di petrolio e di gas valorizzate un trilione di dollari. Le stesse fonti sottolineano che la maggior parte dei blocchi petroliferi più redditizi  dovrebbero essere assegnati alle multinazionali statunitensi Chevron e Exxon. Infatti quest’indiscrezione ha cominciato a circolare subito dopo le riunioni di Eduardo Bolsonaro a Washington con vari esponenti dell’equipe di Donald Trump, tra cui i  senatori repubblicani Marcos Rubio e Ted Cruz, oltre al potente John Bolton, consigliere di Trump per la Sicurezza. 

4 – Privatizzare le 149 imprese statali – del valore stimato in 850 miliardi di real, pari a 41 miliardi di dollari – equivalenti al pagamento delle rate di due anni che il governo deve pagare alle banche. Delle suddette149 imprese statali solo 18 hanno presentato nel 2017 un bilancio negativo. Un argomento che è però stato opportunamente  manipolato dallo staff elettorale di Bolsonaro per giustificar l’opzione liberista del ministro dell’economia Paulo Guedes, seguace dei “Chicago Boys”.

5 – Decentralizzare la Previdenza Sociale, per privatizzare i differenti rami  che sarebbero gestiti dalle banche private sotto forma di previdenza privata, per poi formare grandi fondi di pensione con cui operare nel mercato finanziario.  

6 – Privatizzazione del sistema sanitario pubblico ‘SUS”, che verrebbe smontato per permettere alle imprese private di accaparrarsi  i ricchi contratti di gestioni degli ospedali e delle cliniche pubbliche  già esistenti.

7 – Privatizzazione del sistema di istruzione pubblica, in particolare le università, i licei e le scuole tecniche. Di conseguenza l’attuale personale docente sarà impiegato con contratti temporanei, mentre i concorsi pubblici saranno sostituiti dalla terziarizzazione.

8 –  Tutto il sistema  pubblico finanziario, a partire dalle grandi banche  (Banco do Brasil, Caixa Economica, Banco Central, Seguros e Resseguros etc. etc) sarà privatizzato insieme ai differenti servizi pubblici finanziari lucrativi, che saranno terziarizzati e trasferiti nelle mani di imprese private.

9 – La produzione di armi, di sistemi missilistici e di veicoli da guerra riceverà dal governo nuovi finanziamenti. Il presidente Bolsonaro ha anche anunciato che realizzerà un accordo specifico con Israele per fabbricare in Brasile alcune armi progettate  in Israele.

10 – Saranno  rimossi tutte le proibizioni ambientali e agro-tecniche che impedivano l’importazione dei prodotti agro-tossici, di tutti i semi transgenici e degli antibiotici necessari per “taroccare” il peso degli animali (bovini, suini e pollame) destinati al macello.

È  inutile dire che dai differenti  procedimenti di privatizzazione saranno escluse le imprese cinesi, dal momento che lo stesso presidente Bolsonaro ha confermato al consigliere di Donald Trump per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, di approvare e appoggiare il programma politico ed  economico di Trump. Di conseguenza, Bolsonaro ha garantito che farà di tutto per ridurre la presenza delle imprese cinesi nel Brasile. Il problema è che la Cina è il principale cliente del Brasile e  nessun impresario brasiliano è disposto a rinunciare alle opporunità che il mercato cinese offre. Anche i proprietari dei grandi allevamenti bovini, che esportano carni nei paesi arabi, hanno criticato il programma di Bolsonaro, in particolare la decisione di spostare la sede dell’ambasciata brasiliana da Tel Aviv a Gerusalemme. Infatti temono una reazione negativa di ambito commerciale da parte dei paesi arabi.

 

Tempi duri per i lavoratori ed i poveri!

Le eccellenze del mercato, come pure quelle del latifondo, e tutti i “guru” della borghesia urbana, sanno benissimo che il partito del Presidente Bolsonaro, il PSL (7) non ha una base di sostegno popolare equivalente alla percentuale di voti raccolti in questa elezione. Il successo del PSL e quindi di Bolsonaro si deve innanzitutto: a) alla disastrosa amministrazione del governo Temer – nonostate sia stato il promotore dell’Impeachment contro Dilma Roussef; b) alla guerra giudiziaria e mediatica mossa dai giudici di Curitiba e  dalla TV Globo contro il PT, ed in particolare contro Lula; c) alla mancanza di un candidato del centro-destra; d) all’incapacità e alla poca volontà da parte del PT e del PCdoB di mobilizzare il movimento popolare contro l’Impeachment e poi contro l’arresto di Lula; e) alla dilagante crisi economica e sociale.

In questo contesto le prese di posizione razziste, omofobie, fascistoidi, conservatrici, fondamentaliste e militariste di Jair Bolsonaro, associate a un perfetto lavoro di manipolazione mediatica, soprattutto nei social con una valanga di fake news, ha prodotto una percentuale elettorale vincente, che però non rappresenta un effettivo sostegno popolare e, soprattutto non corrisponde  all’appoggio di tutti  gli imprenditori, dei latifondisti e della borghesia urbana.

Infatti, quest’ultimi accettano e sopportano le pericolose schermaglie di Bolsonaro con la popolazione afro-brasiliana, l’apertura di una guerra pseudo-ideologica con i sindacati, con i partiti di sinistra e con i settori politicizzati del movimento popolare, solo perché Bolsonaro ha promesso di fare quello che non è riuscito a Collor, a Fernando Henrique e tantomeno a Michel Temer. Vale a dire la riforma dell’economia in chiave liberista e lo “smantellamento democratico” dei sindacati e dei partiti di sinistra, senza dover ripetere il dramma cileno.

Se nei primi due anni di governo Bolsonaro e il suo super-ministro Paulo Guedes non avranno implementato le riforme liberiste promesse in campagna elettorale, certamente il mercato e  la stessa borghesia che aveva applaudito Bolsonaro, troveranno una soluzione alternativa, perché la repressione e le angherie promesse e volute da Bolsonaro, alla fine potrebbero determinare la definitiva rottura della pace sociale.

Comunque, per i lavoratori ed il proletariato brasiliano in generale, i prossimi saranno anni di “lacrime e sangue”. Infatti, con la falsa giustificazione di reprimere il narcotraffico, la Polizia Militare e la Polizia Civile lanceranno continue campagne repressive contro tutti i settori del movimento popolare organizzato. In questo modo le “favelas”, le universitá e le fabbriche torneranno ad  essere “territori di caccia”, dove le vittime predestinate saranno, come sempre, i militanti di sinistra,  i sindacalisti intransigenti ed i giovani afro-brasiliani (mulatti o neri), opportunamente accusati di “terrorismo” o di narcotraffico.

Purtroppo, la violenza dello Stato contro i lavoratori e i militanti della sinistra, la dilagante disoccupazione e quindi il conseguente abbassamento delle condizioni di vita del proletariato urbano e rurale, saranno gli elementi che caratterizzeranno la “politica sociale” del governo di Jair Bolsonaro. Un contesto che potrà promuovere la nascita di una nuova sinistra organizzata con una nuova logica politica e una nuova concezione di potere, differente da quella esercitata fino ad oggi dal riformismo social-liberista del PT, del PDT, del PSB e del PCdoB.

Un argomento che per la sua complessità e la ricchezza di argomenti, merita un articolo analitico a parte, anche per capire se il bolsonarismo è appena una variante della senilità del capitalismo brasiliano, oppure se rappresenta l’evoluzione reazionaria della democrazia borghese o se, invece è una messa in scena per decomporre lo stato democratico-borghese e sostituirlo con una nuova forma di stato globalizzato, governato dalle eccellenze del mercato attraverso i rispettivi fantocci. 

 

Note

1 — Vernon Walters, fu addetto militare statunitense in Brasile dal 1962 al 1967. Ha avuto un ruolo determinante nella preparazione del colpo di stato del 1964. In seguito, divenne l’eminenza grigia della CIA dove esercitó l’incarico di vice-Direttore dal 1971 al 1976. Risultò legato all’Operazione Condor e molti lo considerano il mentore ideologico.  Per questi suoi “pregi” il presidente Ronald Reagan, nel 1985, lo nominò ambasciatore degli USA nelle Nazioni Unite, dove rimase fino al 1989.

2 — ALCA:  Area di Libero Commercio delle Americhe. Fu proposta nel 1995 da Bill Clinton cercando di creare un blocco economico per i 34 paesi americani. In realtà l’ALCA era uno strumento istituzionale per imporre la definitiva penetrazione delle multinazionali statunitensi  nelle economie latino-americane  e quindi permettere al Dipartimnto di Stato di esercitare il controllo politico su tutto il continente.

3 — Nel 2015, Michel Temer, Vice-Presidente di Dilma Rossef e  lider del PMDB (partito membro della coalizione di governo formata dal PT), ha avuto un ruolo determinante nel colpo di stato giuridico-istituzionale (Impeachment) che destituì Dilma Roussef. 

4 — Il Presidente Jair Bolsonaro ha confermato a Benjamin Netanyahu che l’ambasciata brasiliana  in Tel Aviv sará trasferita a Gerusalemme.

5 —   ABIN – Agenzia Brasiliana d’Intelligence, fu creata nel 1995 dal presidente Fernando Henrique Cardoso per rimpiazzare il tentacolare SNI (Serviço Nacional de Informações) creato il 13 giugno 1964 dal generale Castelo Branco, subito dopo il colpo di stato.

6 — La Petrobras nel 2011 fu valutata la quinta impresa petrolifera mondiale. La stessa, nel 2010, era stata considerata per valori di mercato la seconda società petrolifera nel continente americano.   

7— PSL, il Partito Sociale Liberista fu fondato nel 1994 da Luciano Bivar, rimanendo diviso in due correnti, quella social-liberista e quella liberista classica. Il 5 gennaio 2018 Jair Bolsonaro e il suo gruppo aderirono al PSL, che immediatamente si spaccò in due, i Liberal e la Destra.

Con l’abbandono dei Liberal, il PSL divenne subito un partito di estrema destra, appoggiato dai monarchici  e da tuti i gruppi di destra e di estrema destra che avevano appoggiato Bolsonaro nella sua “battaglia contro il marxismo culturale”.

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