Il Primo Ministro ricompatta la maggioranza e respinge la mozione di sfiducia di Corbyn
Jeremy Corbyn non è riuscito nel suo intento di sfiduciare il governo May. Dopo la grave sconfitta parlamentare nel voto sull’accordo relativo all’uscita dall’Unione Europea, la leader conservatrice ha ancora una volta ricompattato la propria maggioranza: grazie al supporto dei ribelli Tories e del Partito Democratico Unionista, il governo della May ha respinto l’assalto della mozione presentata dal segretario Laburista unitamente al liberaldemocratico Vince Cable ed al capogruppo del Partito Nazionale Scozzese, Ian Blackford (325 voti contrari; 306 a favore).
Theresa May ha rilasciato una dichiarazione immediatamente dopo l’annuncio del risultato: “Il mio governo continua a lavorare alla solenne promessa che abbiamo fatto al popolo britannico: rispettare il risultato del referendum e completare la Brexit”. La premier ha invitato i leader di tutte le parti politiche, incluso Jeremy Corbyn, a incontrarla per discutere dello stato della procedura di uscita dall’Unione Europea, e ha confermato che Lunedì riferirà alla Camera dei Comuni, esponendo il suo nuovo piano per lasciare l’Unione Europea. Lo stesso Corbyn ha risposto di essere disposto ad un incontro qualora la May si impegnasse ad escludere definitivamente l’opzione del no-deal, ovvero di una Brexit senza alcun tipo di accordo con l’UE.
Prima del voto, il vice-segretario laburista, Tom Watson, ha pronunciato un forte attacco al primo ministro. “Nessuno dubita della sua determinazione, che è generalmente di una qualità ammirevole; tuttavia, questa determinazione, se erroneamente applicata, può produrre risultati altamente tossici. E la verità più crudele è che non possiede le necessarie capacità, l’empatia, l’abilità e, soprattutto, la visione politica, per guidare ancora questo paese”. Il Ministro dell’Ambiente, il conservatore Michael Gove, ha lodato la leadership di Theresa May ed ha attaccato Corbyn su una vasta gamma di questioni, dall’antisemitismo alla politica estera, giudicandolo “inadatto a guidare il paese”. Corbyn, dal canto suo, ha accusato la May di presiedere un “governo-zombie”.
Qualora la mozione di sfiducia fosse stata approvata, le forze politiche avrebbero avuto 14 giorni per proporre un un governo alternativo che potesse godere di una maggioranza alla Camera dei Comuni; in caso contrario, si sarebbe dovuto ricorrere ad una elezione generale.
A questo punto, invece, Theresa May darà il via a quelli che ha definito “colloqui parlamentari di alto livello”, con tutte le forze politiche, per provare a capire quale tipo di accordo sulla Brexit potrebbe ottenere il sostegno della maggioranza della Camera dei Comuni. Tuttavia, fonti vicine a Downing Street fanno sapere che non sono previste modifiche sostanziali: il rifiuto di mantenere un’unione doganale con l’UE resta uno dei punti fermi della piattaforma della May. “Vogliamo essere in grado di stipulare i nostri accordi commerciali in maniera del tutto indipendente; questo è incompatibile con la permanenza all’interno dell’unione doganale”, ha dichiarato al Guardian un portavoce del primo ministro.
Sul fronte Laburista, le cose potrebbero complicarsi per lo sconfitto di giornata, il segretario Jeremy Corbyn. Monta, infatti, all’interno del partito socialdemocratico, la pressione degli attivisti per il sostegno all’opzione di un secondo referendum: una richiesta appoggiata, al momento, da un gruppo di oltre 70 parlamentari del Labour. Giova ricordare che la posizione formale del partito, adottata al congresso di Liverpool a Settembre, impegna la principale compagine d’opposizione a lavorare per lo svolgimento di una elezione generale. Una posizione che prende atto della Brexit come processo irreversibile, pur puntando ad una sua implementazione assai dolce, che preveda la permanenza del Regno Unito all’interno dell’Unione Doganale Europea.
Nel frattempo, la Germania e la Francia, dopo l’atteggiamento intransigente osservato sinora, hanno segnalato la loro disponibilità a rallentare il processo della Brexit. Peter Altmaier, ministro delle finanze tedesco, ha dichiarato che una richiesta di estensione dei termini della procedura da parte del Regno Unito sarebbe “una richiesta ragionevole”. Nathalie Loiseau, ministro francese per gli affari europei, ha espresso posizioni simili. Addirittura il presidente francese, Emmanuel Macron, ha sollevato pubblicamente la prospettiva di un’estensione della procedura oltre le elezioni europee di Maggio. I venti di crisi economica che soffiano sul vecchio continente, e la paura di una nuova recessione globale, inducono a più miti consigli: di fronte al calo della produzione industriale, l’asse franco-tedesco potrebbe ritenere opportuno cautelarsi, e non pregiudicarsi, a causa di una Brexit senza alcun accordo, anche l’accesso al mercato britannico.
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