La Intersindical-CSC è un sindacato catalano, non affiliato a nessun sindacato spagnolo, che si definisce indipendentista e di classe. Nato nel 1990, conta su poche migliaia di iscritti, in crescita a partire dal referendum del primo ottobre 2017. Con il successo dello sciopero convocato per tutta la giornata di ieri, ha dimostrato di saper interpretare i maldipancia che attanagliano la società catalana: da un lato il malcontento e la rabbia per una riforma del lavoro (che proprio in questi giorni compie sette anni) voluta dal Partido Popular e caparbiamente mantenuta in vita dal governo del PSOE, responsabile dell’aumento della precarietà dei lavoratori e della crescente disuguaglianza; dall’altro l’indignazione per l’inizio del processo allo “stato maggiore” indipendentista, politicamente responsabile del referendum d’autodeterminazione e per questo sottoposto al carcere preventivo da più di un anno.
Considerato che Comissions Obreres e UGT (i sindacati maggioritari di obbedienza spagnola) non hanno aderito allo sciopero, il successo della mobilitazione appare ancora più significativo: si è trattato infatti dello sciopero più partecipato svoltosi negli ultimi dieci anni in Catalunya, se si eccettua quello del 3 ottobre 2017, caratterizzato dal clima ancora caldo del referendum. Un risultato che dimostra la trasversalità dei partecipanti e l’esistenza di uno spazio politico significativo per un sindacato di base come l’Intersindical-CSC. Particolarmente alta l’adesione registrata nell’università, nel commercio e, seppure più bassa, nella scuola.
Il successo dello sciopero generale di ieri è però indubbiamente dovuto anche all’esplicito sostegno da giorni annunciato dalla CUP, dai CDR, da Òmnium Cultural e dall’ANC. Soprattutto i Comitès de Defensa de la República hanno svolto ieri un ruolo centrale: con le decine di blocchi stradali portati a termine durante tutta la giornata e in tutto il territorio, i CDR hanno dimostrato di poter bloccare il normale funzionamento del paese.
Sul piano logistico e del controllo del territorio, questi organismi di base hanno messo in mostra una notevole capacità di mobilitazione; dal punto di vista politico però, la strada per trasformarsi in vere e proprie strutture di contropotere sembra ancora lunga. Ciononostante, rappresentano già strumenti di democrazia diretta e di organizzazione popolare all’interno dei quali si sta politicizzando una nuova e intera generazione.
Soprattutto grazie all’azione dei CDR, si sono susseguiti numerosi blocchi stradali, cominciati già dalle sei e mezzo del mattino e ripetutisi in differenti punti del paese durante tutta la giornata: sull’autostrada AP7, prima a Llinars del Vallès, poi a Sant Julià de Ramis e a Vilobí d’Onyar, dove si trova l’aeroporto di Girona, che per ore hanno reso difficile l’ingresso in città.
Contemporaneamente molte strade statali sono state interrotte dai manifestanti a Manresa, Tàrrega, Berga, Sabadell, Granollers, Sitges, al porto di Tarragona e a Lleida. Anche a Barcelona i blocchi stradali, succedutisi alla Gran Via, alla Diagonal e alla Meridiana, sono cominciati prima delle otto del mattino e sono stati sgomberati dai mossos d’esquadra o sono confluiti nella manifestazione che ha attraversato la città.
Durante il corteo, i giovani hanno riempito di scritte rivendicative la facciata della sede di Foment, la confindustria catalana (impegnata in una battaglia proprio contro la Intersindical-CSC, accusata di convocare scioperi politici), mentre il CDR Nou Barris ha occupato gli uffici del Lavoro della Generalitat. Nel corso della mattinata, il corteo del CDR di Girona ha occupato la sede di Caixabank. A Sant Cugat invece sono stati occupati i binari del treno. I trattori sono stati protagonisti a Figueres, occupata pacificamente da alcune decine di grandi mezzi agricoli.
Nel corso della giornata i mossos d’esquadra hanno caricato più volte i manifestanti, a Lleida, Tarragona e Barcelona, arrestando 4 persone e provocando una quarantina di feriti. Riguardo alla gestione dell’ordine publico, il deputato della CUP Vidal Aragonés è stato ancora una volta assai critico con l’azione della polizia catalana, chiedendo la destituzione del “ministro dell’interno” della Generalitat, il consigliere Miquel Buch, già discusso per la gestione della piazza a Girona, quando lo scorso 21 dicembre i mossos caricarono gli antifascisti per consentire un comizio di Vox.
Il movimento indipendentista ha cosí riportato nelle piazze il conflitto che i magistrati spagnoli stanno cercando di rinchiudere nelle aule del Tribunale Supremo di Madrid. Alcuni partecipanti ai cortei non hanno rinunciato a seguire per radio gli sviluppi del processo: nel pomeriggio infatti, Jordi Sànchez (il presidente dell’ANC) si è dichiarato prigioniero politico e ha risposto alle domande dell’accusa. Il procedimento penale procede a passo di corsa perché il giudice Manuel Marchena sembra intenzionato a chiudere la causa prima delle elezioni spagnole e europee.
La lunga giornata è terminata nel tardo pomeriggio, quando si sono ripetute altre due manifestazioni a Barcelona e a Girona. Qui si è svolto il corteo più numeroso mai registrato in città, secondo la guardia urbana perfino superiore a quello che alla stessa ora si svolgeva nella capitale catalana e stimato attorno ai 70.000 partecipanti, sfilati dietro uno striscione unitario che recitava semplicemente repubblica.
Il successo dello sciopero, frutto dell’intenso lavoro politico svolto negli ultimi mesi dalla sinistra independentista e anticapitalista, CDR e CUP in testa, anche se per il momento non permette di vedere la fine del tunnel repressivo imboccato dopo la mancata dichiarazione d’indipendenza, potrebbe rappresentare il primo segnale di una difficile inversione di rotta. Quantomeno un punto a favore per quelle forze che legano indipendenza, socialismo e Països Catalans, riproponendo una visione di classe e una antica ma quantomai attuale parola d’ordine del movimento.
* da https://catalunyasenzarticolo.wordpress.com/
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