“Chi oggi si definisce di sinistra, non può essere contro Putin”
(da una conversazione udita in strada)
La situazione interna della Russia contrasta abbastanza distintamente con l’immagine che scaturisce dalle sue mosse esterne. La valutazione dei due fronti presentata solitamente dal Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) é uno specchio abbastanza fedele di tale antinomia, quantomeno apparente.
A fine marzo sono entrate in vigore in Russia due leggi, presentate dal partito governativo “Russia unita”, contro la diffusione di notizie “inattendibili” via internet. La prima riguarda la pubblicazione di “notizie in evidente dispregio dei simboli di stato”; la Duma l’ha adottata con il voto favorevole di 327 deputati, 40 contrari – il PCFR ha 42 seggi – e 1 astenuto. La legge prevede che se il proprietario del sito non adempierà la richiesta del Komrosnadzor (Servizio federale per il controllo nella sfera di comunicazioni e tecnologie informatiche) di eliminare tali notizie e fornire la ip dell’utente, il sito verrà bloccato.
Secondo il Centro Levada, il 53% dei russi si dice contrario alla legge; il 64% ritiene che sia stata adottata per evitare critiche al governo sullo sfondo delle notizie relative ai redditi di alti funzionari e politici, patrimoni di dubbia origine, casi di abuso di potere, corruzione, possedimenti esteri: l’americano CSIS (Center for Strategic and International Studies) stima in 1 trilione di dollari i beni privati esteri di società russe controllate dal Cremlino, mentre il PCFR calcola una fuga di capitali di 25 miliardi dollari nel primo trimestre del 2019, per una somma che supera i 750 mld dollari negli ultimi 25 anni.
L’altra legge adottata proibisce la diffusione di fake news via internet e, sempre secondo il Centro Levada, troverebbe il consenso del 55% dei russi.
“Queste leggi hanno lo scopo di proteggere l’immagine del potere”, commentano i comunisti di ROT Front; “notizie su un funzionario corrotto alle più alte sfere del potere? Inattendibile, falso! Un cattivo articolo sul mancato pagamento dei salari ai lavoratori di un’impresa statale? 15 giorni di arresti!”.
Per tutta risposta a tali leggi, il deputato Valerij Raškin, del Presidium del CC del PCFR, dunque dirigente di un partito che difficilmente può definirsi “rivoluzionario”, ha di recente pubblicato un breve video in cui elenca dieci ragioni per cui i russi, invece, non dovrebbero proprio portare rispetto all’attuale governo.
Raškin comincia con la “riforma” che da tempo agita le piazze russe e cioè l’innalzamento dell’età pensionabile, che viene portata da 55 a 62 anni per le donne e da 60 a 65 per gli uomini, senza tener conto che oggi oltre la metà degli uomini russi muore prima dei 65 anni. E ciò anche a causa della devastazione del sistema sanitario pubblico: a partire dal 2012, sono stati chiusi oltre mille ospedali, eliminando almeno 160.000 posti letto, con il corrispondente aumento della mortalità per mancanza di cure; e non lo dice solo Raškin: secondo il governo, la mortalità è cresciuta in 32 regioni della Russia, niente affatto periferiche, e si attesta su una media complessiva del 12,4 per mille.
Terza ragione: la corruzione a ogni livello, con un danno per le casse dello Stato che, secondo la Corte dei conti, nel 2017 si è aggirato su 1,5 trilioni di rubli.
Quarta: la mostruosa differenziazione sociale, con 20 milioni di persone che, secondo i dati ufficiali, sono sotto la soglia di povertà (il minimo di sussistenza è di poco superiore ai 10.000 rubli) e quasi metà della popolazione che tira avanti in condizioni critiche, con salari di 20-25mila rubli, contro redditi ai vertici governativi (fonte Tass) che vanno dai 6 milioni di rubli del Ministro per le questioni del Caucaso settentrionale, Sergey Čebotarev, ai 9 milioni del premier Dmitrij Medvedev, ai 22 milioni di uno dei vice-speaker della Duma, fino ai 538 milioni del vice premier Jurij Trutnev e, tra i funzionari presidenziali, i 657 milioni dell’incaricato per il Distretto federale del Volga, Igor Komarov; per arrivare ai premi di miliardi elargiti ai top manager delle maggiori compagnie energetiche, private e semi-pubbliche.
La quinta ragione è il costante aumento di tasse e prelievi: dall’Iva alle imposte sulle materie più disparate, di contro al rifiuto di introdurre una tassazione progressiva sui redditi delle persone fisiche. E poi, il costante e incontrollato aumento di prezzi e tariffe: dai servizi condominiali e municipali, ai prodotti alimentari; insieme a questo, l’indebitamento di un numero crescente di persone, a causa dei salari miseri: pare che i prestiti cui sono aggiogati i russi abbiano raggiunto i 15 trilioni di rubli.
L’ottavo motivo è dato dall’erosione dei principali istituti democratici, a partire da elezioni e referendum; l’ultimo e più lampante esempio è il tentativo di negare la vittoria dei comunisti nelle regioni di Khakasia e Primore; ma si verificano anche casi per cui semplicemente non si ammettono candidati comunisti, oppure non si rispettano le regole di scrutinio, ecc.
Ci sono poi sempre più numerosi arresti per motivazioni non criminali, mentre rimangono in libertà responsabili di omicidi su commissione o macchinazioni elettorali. Questa, ha detto Raškin, è la fine dello stato di diritto, allorché i criminali possono rimanere in circolazione, mentre si può tranquillamente condannare un deputato di opposizione, come è successo per il compagno Vladimir Bessonov, cui la Duma nel 2012 tolse l’immunità parlamentare e che fu condannato per un presunto meeting non autorizzato.
E si arriva infine alla aperta liquidazione della libertà di parola e di informazione: in base alla legge approvata a marzo, conclude Raškin, quei media che diffonderanno le 10 ragioni che ho appena enunciato, rischiano la condanna per diffusione di “notizie indubbiamente false e mancanza di rispetto verso il potere”.
Che i casi rammentati da Raškin non siano poi così inusuali, lo testimonia l’ultimo appello rivolto dal leader del PCFR, Gennadij Zjuganov, al Procuratore generale russo e al Procuratore di Piter, “affinché intervengano” nella questione del fermo, lo scorso 8 aprile, di quattro membri della Gioventù comunista, che stavano manifestando contro l’ennesima contestatissima “riforma”, quella sulla nettezza urbana (una nutrita manifestazione si è svolta il 7 aprile ad Arkhangelsk e in numerose città della Russia; mentre è prevista per oggi a Mosca una grossa manifestazione contro mafia e arbitrio dei costruttori, e le violazioni nella sfera dell’edilizia abitativa e dei servizi comunali) e denunciavano le responsabilità di “Russia unita” per altre riforme antisociali, quali l’aumento dell’iva e dell’età pensionabile.
Il CC del LKSM (Unione della gioventù comunista leninista) ha dichiarato che il fermo non è che la “continuazione della catena incessante di vessazioni e pressioni contro i nostri compagni”. In un’altra occasione, membri del LKSM del territorio di Altaj erano stati “arrestati illegalmente e condannati a multe salate”, per una serie di picchetti in violazione delle norme per le manifestazioni pubbliche.
“Russia unita”, ha dichiarato il deputato del PCFR Aleksej Kurinnyj, ha di recente adottato alcuni emendamenti alla legge sugli eventi pubblici, che limitano le possibilità di tenere riunioni pubbliche con gli elettori e sono di fatto diretti esclusivamente contro i deputati dell’opposizione. A Uljanovsk, due Consiglieri del PCFR all’Assemblea regionale sono stati condannati a 15 giorni di arresti, per aver cercato di presentare una denuncia al Procuratore regionale sulle violazioni della legge da parte dell’amministrazione di Dimitrovgrad.
Tutto ciò, afferma il PCFR, avviene sullo sfondo di “incessanti tentativi di fare pressione su altri nostri compagni”, quali Nikolaj Bondarenko (lo scorso ottobre, dopo che alla Duma regionale di Saratov si era espresso contro l’innalzamento dell’età pensionabile, ebbe l’appartamento perquisito in cerca di “prove di estremismo”, in base alla legge del 2002 e relativi adeguamenti, su “elaborazione, custodia o diffusione di materiali estremisti”), Vladimir Bessonov, il governatore di Irkutsk Sergey Levčenko, e Pavel Grudinin, il quale ultimo, ex candidato per il PCFR alle presidenziali del 2018, è stato “sollevato dalla carica di Presidente del Consiglio comunale di Vidnoe, nella Regione di Mosca, e poi privato del mandato di consigliere.
Nonostante tutto, nelle file stesse del PCFR non mancano critiche di “acquiescenza” verso il potere e di “smanie legalitarie”, per il continuo affidarsi all’intervento dei giudici e la “fiducia in Putin”. Al recente Plenum del CC, l’accademico Boris Kašin ha criticato la direzione del partito e il leader Zjuganov, per il vagheggiamento di una presunta differenziazione tra Putin e governo degli oligarchi; “difendere i diritti del popolo” ha detto Kašin, “è possibile solo pressando il potere e non certo tentando di persuadere il presidente; in questo modo, c’è il rischio di trasformare il PCFR in “Russia giusta”, un partito socialdemocratico di “opposizione” sotto controllo del potere”.
All’esterno dei partiti della sinistra, Vjačeslav Tetekin su Svobodnaja Pressa contesta le affermazioni secondo cui Washington avrebbe sviluppato una strategia da “cavallo di Troia”, utilizzando una quinta colonna per destabilizzare la Russia. Gli USA, dice Tetekin, non hanno bisogno di alcuna quinta colonna, dato che gli “amici dell’Occidente” sono già al potere: la destabilizzazione del paese viene dal governo stesso. “Le proteste vengono forse dagli appelli di Navalnyj?” chiede Tetekin; “niente affatto! Sono generate dalla politica del governo, che fa sprofondare nell’assoluta povertà una grandissima parte della popolazione”.
Due giorni fa, ancora Aleksej Kurinnyj, intervenendo alla Duma sulla legge “Informazioni, tecnologie informatiche e protezione delle informazioni”, soprannominata “Legge su Internet sovrano”, ha dichiarato che obiettivo principale della legge non è la proclamata sicurezza della rete russa contro gli attacchi esterni, ma è quello di “limitare l’accesso alle informazioni sul territorio russo. Una serie di leggi protettive sono già state adottate a questo riguardo. Questo è il terzo chiodo sulla bara della libertà di parola. La frazione del PCFR non sosterrà questo disegno di legge, finalizzato alla formazione del “Ministero della Verità”, ha concluso.
A proposito delle due ultime leggi, il deputato del nazionalista LDPR, Sergej Ivanov, ha detto: “il rispetto lo si deve meritare. Se smettiamo di chiamare stupido uno stupido, non per questo egli cessa di esserlo”. Rivolto al governo: “Non fornite pretesti perché non vi si porti rispetto. Davvero si può portare rispetto a uno stato che ufficialmente ammette che 20 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà?”.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
Copic
Sarò limitato ma non intendo l’incipit, la citazione “Chi oggi si definisce di sinistra, non può essere contro Putin”; si voleva forse scrivere “Chi oggi si definisce di sinistra, non può NON essere contro Putin”?
Grazie