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Esercitazioni Nato tra “minaccia russa” e crescenti spese militari

Mentre il SIPRI rendeva note ieri le spese complessive mondiali in armi, salite a 1,8 trilioni di dollari nel 2018 (+2,6% sul 2017 e +76% sul 1998), cominciavano in Estonia le manovre NATO “Spring Storm-2019”, che andranno avanti fino al 17 maggio, con la partecipazione di oltre 9.000 soldati di 13 paesi, compresi Finlandia, Georgia e Ucraina, non ancora membri effettivi dell’Alleanza atlantica. Per “contrastare la minaccia russa”: ça va sans dire.

Praticamente senza soluzione di continuità, quelle estoni seguono gli “addestramenti” del gruppo tattico multinazionale (forze ceche, olandesi, tedesche, norvegesi e lituane) “Eager Leopard”, iniziati il 17 aprile a Pabrade, in Lituania, in preparazione delle esercitazioni vere e proprie, le “Iron Wolfe”, che inizieranno a giugno, sempre in Lituania.

Mentre più a sud, nel mar Nero, dal 5 al 13 aprile, cinque unità del Standing NATO Maritime Group Two (SNMG2) avevano preso parte all’esercitazione “Sea Shield”, con oltre 20 vascelli di USA, Romania, Bulgaria, Canada, Grecia, Paesi Bassi e Turchia che operavano nel Maritime Patrol Aircraft (MPA), ecco che, ancora nell’area baltica, l’Ungheria si appresta a guidare a maggio la NATO’s Baltic Air Policing, con caccia JAS-39 Gripen di stanza alla base di Šiauliai in Lituania.

A questa missione “di polizia”, la Spagna parteciperà con F-18 di stanza a Šiauliai e la Gran Bretagna con Eurofighter di base a Ämari, in Estonia. E’ questo, secondo il sito ufficiale della NATO, il cinquantesimo dispiegamento del Baltic Air Policing dal 2004 (da quando cioè Estonia, Lettonia e Lituania hanno aderito alla NATO) condotto a turno da tutti i Paesi membri dell’Alleanza atlantica, Italia compresa, naturalmente.

Le manovre estoni cominciate ieri, interessano le contee settentrionali di Lääne-Virumaa e Ida-Virumaa, a est di Tallin; la parte propriamente operativa delle esercitazioni aero-terrestri si svolgerà dal 2 al 10 maggio. Oltre a truppe estoni e milizia volontaria Kaitseliit, vi prendono parte militari francesi e britannici del Battaglione multinazionale schierato nel Paese, oltre a soldati USA, tedeschi, belgi, canadesi,lituani, lettoni, finlandesi, georgiani e ucraini. E’ previsto l’impiego di un paio di centinaia di mezzi corazzati, tra cui carri Challenger-2 e Leclerc, trasporti truppe Warrior; per la parte aerea: caccia Eurofighter tedeschi e britannici, velivoli d’assalto Su-22 polacchi, elicotteri Wildcat e Apache britannici, e Pave Hawk USA. La parte marittima delle esercitazioni verrà condotta da unità estoni dal 6 al 9 maggio.

Il lato, per così dire, sarcastico, della storia è che lo Stato maggiore estone si è rivolto alla popolazione, affinché mostri “comprensione” per il temporaneo disagio dovuto al via vai di mezzi militari e alle restrizioni della circolazione ai mezzi civili, per il rumore provocato da blindati, aerei e sparatorie nei poligoni.

Lo Stato maggiore invita i civili a prestare “maggiore attenzione ai bambini e agli animali domestici”, assicurando che eventuali danni “verranno compensati”. Sputnik Estonia nota anche come, certo non casualmente, la principale parte operativa delle manovre sia stata fatta coincidere con le celebrazioni del Giorno della Vittoria, il 9 maggio, proprio in un’area abitata da popolazione prevalentemente russa, come le zone di Sillamae e Vaivara, Oru e Voka, Jõhvi, Ahtme e Sompa.

D’altronde, non da ora, si sottolinea il ruolo giocato dall’isteria della “minaccia russa” nel sostenere gli interessi del complesso militare-industriale. L’esperto Aleksandr Pylaev rileva su Sputnik.ru come le esercitazioni militari, soprattutto oggi, servano da volano “all’attuale amministrazione statunitense, che sta cercando in tutti i modi di spingere i paesi NATO ad aumentare la quota del PIL destinata a spese militari.

Per fare un esempio, le passate manovre NATO in Norvegia – le più estese dai tempi della Guerra Fredda, con il coinvolgimento di 29 paesi, oltre 50 vascelli, 250 aerei, diecimila mezzi di trasporto e cinquantamila uomini – sono costate non pochi soldi ai Paesi NATO: 180 voli e 60 navi noleggiate, soltanto per il trasferimento di equipaggiamenti e personale, senza contare i costi per munizioni, carburante, ecc. Secondo Sputnik, il volume di contratti con le sole società norvegesi per far fronte alle esercitazioni era stato stimato in 159 milioni di euro.

Nel maggio 2016, quando gli Stati Uniti iniziarono a dispiegare i sistemi di “difesa missilistica in Europa”, ricorda Pylaev, Vladimir Putin affermò che la Russia non si sarebbe lasciata trascinare in una nuova corsa agli armamenti, ma avrebbe fatto comunque di tutto per preservare “l’equilibrio strategico delle forze e prevenire conflitti militari su larga scala”.

Ed ecco che la Russia, secondo i dati pubblicati ieri del SIPRI (per alcuni Paesi, le cifre si discostano in più o in meno da quelle calcolate dal Jane’s Defence Budget), ha lasciato la quinta posizione mondiale per spese in armamenti, che occupava dal 2006, ed è ora sesta, dietro a USA (649 miliardi $), Cina (250), Arabia Saudita (67,6), India (66,5) e Francia (63,8); a questi primi 5 Paesi va il “record” del 60% delle spese militari mondiali che, complessivamente, si sono attestate a 1.882 miliardi $ (di cui 1.470 ai primi 15 Paesi del mondo): vale a dire che, prima ancora che il governo giallo-razzista approvasse la Legge sulla “legittima difesa”, lo scorso anno ogni abitante del pianeta “ha speso” in armi 239 dollari.

Tuttavia la Russia, pur scendendo al 6° posto per la spesa, per la prima volta dagli anni 2000 è balzata alla 2° posizione (9,5% del commercio mondiale) per vendita di armamenti, tra USA (57%) e Gran Bretagna (9%). Secondo il SIPRI, nel periodo 2014-2018, il 75% del volume complessivo di export di armamenti è stato realizzato da USA (36%), Russia (21%), Francia (6,8%), Germania (6,4%) e Cina (5,2%); seguono Gran Bretagna (4,2%), Spagna (3,2%), Israele (3,1%), Italia (2,3%).

Ma il SIPRI segnala anche come vari Paesi dell’Europa centrale e orientale abbiano notevolmente aumentato le spese militari nel 2018: la Polonia del 8,9% e l’Ucraina addirittura del 21%, arrivando a 4,8 miliardi $; aumenti tra il 18 e il 24% anche per Bulgaria, Lettonia, Lituania e Romania; la spesa complessiva dei 29 Paesi NATO è stata di 963 mld $, pari al 53% della spesa mondiale.

Tutto ciò è dovuto, afferma Pieter Wezeman del SIPRI, “alla crescente percezione di una minaccia proveniente dalla Russia”, anche a dispetto del “fatto che le spese militari russe siano diminuite negli ultimi due anni”. Secondo i calcoli del SIPRI, la spesa militare russa nel 2018 è stata di 61,4 miliardi di dollari, diminuita del 3,5% rispetto al 2017, pur se, come ricorda la russa RT, nel rating mondiale stilato lo scorso anno da Business Insider, la Russia occupava il secondo posto per potenza militare, dietro a USA e davanti a Cina, India e Francia.

Dunque, è per prevenire la “minaccia russa” che si devono avviare esercitazioni sempre più estese e sempre più costose.

Le industrie delle armi ringraziano.

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