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Le violenze in Cile. L’esercito ha imparato le sue tattiche in Israele

Con il titolo originale di “Avete sentito parlare delle violenze in Cile. Probabilmente non avete sentito dire che il suo esercito ha imparato le sue tattiche in Israele”, Benjamin Zinevich ha scritto questo articolo sul quotidiano britannico “The Indipendent” tradotto e riprodotto in italiano dal sito Zeitun.info

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Quello che è iniziato come un atto di disobbedienza civile degli studenti contro l’aumento dei biglietti della metropolitana di Santiago ora si è esteso fuori dalla capitale cilena. Con un’improvvisa rivolta contro l’austerità e la persistente diseguaglianza economica, la proposta di un aumento delle tariffe (per una cifra equivalente a 2 centesimi di euro) è stata semplicemente sale versato su una ferita aperta per i poveri e i lavoratori del Cile. Quando sono state disperse con la forza dalla polizia nazionale, le proteste pacifiche, sono diventate violente. Il governo, guidato da un miliardario di destra, il presidente Sebastián Piñera, ha risposto decretando lo stato d’emergenza e chiedendo all’esercito di sedare le proteste, dichiarando che lo Stato era “in guerra”.

Mentre l’esercito metteva in atto azioni brutali nei confronti di civili che non si vedevano più dai tempi della dittatura, terminata all’inizio degli anni ’90, è importante evidenziare i legami internazionali di tale brutalità. Dovrebbe essere particolarmente messo in rilievo il sostegno militare in termini di tecniche e di risorse dello Stato di Israele al Cile nel passato e nel presente.

Durante il regime di Augusto Pinochet, appoggiato dagli USA, il Cile ha assistito all’incarcerazione, all’uccisione o alla sparizione di decine di migliaia di oppositori politici. Durante quegli anni, Israele e il Cile hanno avuto un rapporto di collaborazione, in quanto Israele era uno dei principali fornitori di armamenti alla giunta militare.

Il periodo oscuro del governo di Pinochet ha significativi rapporti con il presente. Il presidente Piñera, che ha nominato nel suo governo personaggi che hanno fatto commenti a favore di Pinochet, ha anche lavorato per perfezionare leggi cosiddette “antiterrorismo” dell’epoca della giunta. Queste leggi hanno a loro volta aumentato la sorveglianza e l’oppressione dei mapuche [principale popolazione indigena del Cile, ndtr.] e dei gruppi di sinistra.

Oggi le forze armate di Cile e Israele non tentano neppure di nascondere la loro alleanza, citando sul sito web dell’ambasciata cilena in Israele l’intenzione di “incrementare i legami con…Israele per rendere possibile lo scambio di competenze, addestramento ed esperienze.” Nel 2018, durante la visita di quell’anno in Cile del generale israeliano Yaacov Barak, Cile e Israele hanno firmato un accordo in cui si parla di promuovere ulteriore “cooperazione nella formazione, nell’addestramento e nella dottrina militare”

Mentre in entrambi i Paesi questa alleanza notoriamente favorisce il potere dell’esercito, quelli che ne risentono in modo più negativo sono la classe operaia e i popoli indigeni delle due regioni. In Israele i palestinesi sono sottoposti a un sistema di occupazione e di apartheid, e in Cile i lavoratori e i gruppi indigeni, come i mapuche, hanno vissuto per secoli l’oppressione su base coloniale.

Negli ultimi anni l’Israeli Defence Force [Forza di Difesa Israeliana, l’esercito israeliano, ndtr.] (IDF) pare abbia utilizzato la prassi di rendere invalidi i manifestanti palestinesi invece di colpirli mortalmente. Ormai da più di un anno civili palestinesi manifestano nei pressi del muro di Gaza per protestare contro l’occupazione israeliana e l’IDF ha sparato a circa il 60% di questi 10.511 civili agli arti inferiori, con più del 90% delle vittime provocate da proiettili veri.

Durante la settimana scorsa questo metodo israeliano è stato utilizzato contro civili cileni in varie occasioni su cui si hanno informazioni. Una donna è stata colpita a una coscia e si troverebbe in condizioni critiche a causa della perdita di sangue. In un’altra circostanza un giovane di 23 anni è stato colpito a una gamba prima che un veicolo militare lo schiacciasse uccidendolo.

Queste tecniche simili non sono casuali e sono considerate a livello internazionale parte di quello che gruppi di attivisti come “Jewish Voice for Peace” [gruppo di ebrei statunitensi antisionisti, ndtr.] hanno denominato “lo scambio mortale”. Negli Stati Uniti la polizia municipale, agenti dell’ICE [Immigration and Costumer Enforcement, la polizia USA anti-immigrazione, ndtr.] e altri funzionari della sicurezza fanno addestramento insieme all’IDF, condividendo metodi e armamenti che possono incoraggiare l’identificazione in base alla razza, le uccisioni extragiudiziarie e un crescente controllo contro i gruppi più emarginati di entrambi i Paesi.

Emilio Dabed, un avvocato cileno-palestinese, aveva già delineato i collegamenti, scrivendo: “In entrambi i casi i palestinesi e la popolazione indigena del Cile vivono in una condizione di eccezione imposta loro dai colonizzatori e in base alla quale il popolo colonizzato è (visto come) né titolare di diritti di cittadinanza né soggetto politico, ma piuttosto come una minaccia – corpi da governare con una violenza normata nelle leggi.”

 

Le armi israeliane, che hanno mantenuto al potere Pinochet con la forza, sono state usate in modo sproporzionato contro i mapuche, che hanno appoggiato i tentativi della sinistra, come l’elezione del socialista Salvador Allende nel 1970. Oggi molti indigeni partecipano alle manifestazioni e costituiscono molte delle vittime provocate dall’esercito.

Fuori dal Cile e da Israele è importante denunciare la collaborazione militare che perpetua l’oppressione di popolazioni indigene emarginate. Questi legami tra l’IDF e le forze armate di altri Paesi dovrebbero essere indagati e messi in discussione. Un’ulteriore militarizzazione delle comunità non produce la pace, ma ulteriore brutalità e ingiustizia – ed è tempo di parlare del perché ignoriamo questo fatto.

* da The Indipendent del 26 ottobre 2019

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)

 

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