“La rivoluzione del popolo libanese e la sua fermezza in tredici giorni nel manifestare perché venissero soddisfatte le sue richieste, ha portato, nonostante le campagne di intimidazione e tradimento, al successo della prima richiesta, cioè le dimissioni del governo; ciò apre le porte al resto, a partire dalla formazione di un governo di salvezza nazionale in grado di portare il paese fuori dalla crisi, e a seguire le altre richieste per le quali ha avuto inizio la rivoluzione, come l’indizione di elezioni parlamentari anticipate. Pertanto, il Coordinamento della Rivoluzione invita le persone in rivolta ad aprire tutte le strade come gesto di buona volontà, in celebrazione di ciò che è stato realizzato finora, e per facilitare i bisogni vitali e fondamentali della società.” Questo il primo comunicato, dopo le dimissioni del governo; come si nota, la rivolta continuerà.
La domanda è: in quale direzione? E potrà vincere la battaglia per la democrazia e il buon governo? Da decenni il Libano gode dell’unica esperienza democratica nel mondo arabo, anche se incompleta a causa del settarismo confessionale.
In secondo luogo, il Libano ha una significativa esperienza di resistenza contro lo Stato sionista, finita con una sonante sconfitta di quest’ultimo nel 2006; e, prima ancora, la resistenza ha costretto nel 2000 il governo israeliano al ritiro dei suoi militari dal sud del Libano, e a sciogliere il cosiddetto esercito fantoccio del Libano libero. Questa serie di successi sarà un modello per i fratelli arabi per i valori di chiarezza, pluralismo e coesione del popolo, e per un nuovo sistema politico e di governo lontano dal confessionalismo che ha portato il paese alla bancarotta e al rischio di fallimento. Le piazze del Libano, in tutte le città, dal nord al sud al centro, con milioni di manifestanti, hanno rotto e superato il muro della paura, gridando “siete tutti responsabili”, e con “tutti” si intende le confessioni e i loro partiti.
E con questo è forte l’auspicio di ridare alla primavera araba il suo vero volto, oscurato da interventi e ingerenze esterni, mettendo a nudo la debolezza dei partiti, il nazionale, i panarabismi, il liberale e quello di sinistra, che non hanno saputo come aiutare e indirizzare quella primavera verso un cambiamento vero nell’interesse dei cittadini.
Si è permesso ai gruppi islamisti di cavalcare l’onda popolare e trascinare diversi paesi arabi nelle mani dell’Isis e nelle guerre per procura.
Quello che è successo alla fine del 2010 in Tunisia, all’inizio del 2011 in Egitto, Yemen, Libia, Siria, Giordania, Marocco e altri paesi, e che poteva essere l’inizio di una vera rivoluzione sociale, è stato soffocato da gruppi e movimenti islamisti incapaci di guidare le masse popolari verso un radicale cambiamento.
A quasi dieci anni di distanza, si riparte dal Libano, con milioni di persone, con manifestazioni pacifiche, come in Sudan e in Algeria e in Iraq, per il cambiamento, per un futuro diverso, come ha fatto la Tunisia con elezioni libere e democratiche.
La rivoluzione libanese in questi giorni ha dimostrato una spontaneità popolare che nasce dalla fame e dalla voglia di assumersi la responsabilità di un coraggioso salto politico: cambiare il sistema basato sul feudalesimo politico-confessionale, per uno Stato laico, dei suoi cittadini. Un fatto nuovo nel paese dei cedri.
Non è difficile immaginare che cosa possano fare le forze controrivoluzionarie per bloccare, o deviare, l’obiettivo dei manifestanti. Non è difficile immaginare quante contraddizioni e colpi bassi vedremo nei prossimi giorni; ma siamo convinti che le masse popolari, affamate e impoverite, non si fermeranno davanti al primo ostacolo. Una convinzione e un auspicio.
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Flavia
Ci ricaschiamo?! Applaudiamo il cittadino USA-libanese Robert L. La Gallagher già dell’ambasciata USA e docente dell’Università Americana di Beirut che invita a prendersi il governo! Le tende regalate dall’Arabia Saudita ci ripareranno dalla pioggia e “le forze controrivoluzionarie” non ci fermeranno. Come sempre accade, la fame guiderà con chiarezza strategica i nostri passi. Che la situazione fosse ai limiti e la corruzione pure, non è in discussione. Quello che lo è sono le forze realmente in campo, quelle interne e quelle “internate”. Quanto queste ultime saranno arginate ed estromesse. L’accoglienza massiccia ai profughi siriani in fuga dalla guerra e l’intervento in quella di Hezbollah hanno avuto non poche ripercussioni in Libano e rischiano di comprometterne l’indipendenza, malvista dagli Stati vicini e da quelli sunniti anti Iran.
Redazione Contropiano
Una domanda. Ma nell’articolo dov’è che si parla di Robert Gallagher?