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“Che la ribellione cilena non finisca qui, che serva ad ispirare tutta l’America Latina!”*

Riportiamo di seguito il discorso di Beatriz Bravo, giovane lavoratrice di Correos, Cile. La forza che si è risvegliata nella gioventù e nei lavoratori del Cile è una ribellione così profonda da poter infettare tutta l’America Latina, non solo porre fine al governo di Piñera e all’impunità della repressione, ma porre fine alle disuguaglianze del capitalismo

Compagni e compagni, come hanno detto i compagni che ci hanno presentato, oggi è un mese da quando abbiamo iniziato la rivolta popolare in Cile. E cosa dire loro? Che il grido che il Cile si è svegliato è vero. Dicendo loro che la rabbia, la rabbia e l’odio profondo che abbiamo accumulato nel corso degli anni hanno cominciato ad essere espressi nella lotta contro l’aumento del pedaggio, ma hanno rapidamente dimostrato che era contro l’intero retaggio della dannata dittatura di Pinochet. È l’eredità del dittatore Pinochet che ha mantenuto intatti tutti i governi dell’ex Concertación per 30 anni, ed è per questo che il nostro grido e il nostro motto sono stati trasformati: non sono 30 pesos, sono 30 anni!

Sono una giovane lavoratrice, ho 30 anni e, come capirete,  non ho mai vissuto in alcun modo diverso dall’eredità dell’eredità della dittatura. Un regime in Cile che non ci offre altro che miseria, che non ci offre altro che precarietà. Alla nostra gioventù  viene detto che non avremo assolutamente alcun diritto a nulla. Che se vogliamo studiare dobbiamo prendere in prestito e pagare milioni a banche private e che saremo a corto di possibilità di richiedere un alloggio. 

Un sistema sanitario così miserabile, in cui i membri della nostra famiglia muoiono in un pronto soccorso negli ospedali, dove muoiono nelle liste di attesa eterne perché non hanno scorte per curarli. E anche, in un paese in cui i nostri anziani sono quelli che portano i più alti tassi di suicidio, perché dopo aver lavorato 40, 50 anni o anche di più, gli uomini d’affari prendono tutti soldi delle pensioni e li lasciano per strada. 

Questo è il Cile degli uomini d’affari, questa è la vera oasi dell’America Latina di cui i capitalisti hanno parlato così orgogliosamente, dove l’1% dei più ricchi prende il 27% della ricchezza. Ed è anche vero che i veri saccheggiatori e usurai godono dell’impunità. Quelli sono i veri saccheggiatori che hanno derubato a tutti i lavoratori e a tutti i giovani e residenti.

Abbiamo un esercito ed una polizia che ha goduto di una profonda impunità grazie all’eredità della dittatura. Questo è il motivo per cui mi fermo anche qui e grido con grande forza che ripudiamo quel colpo di Stato militare orchestrato dalle forze armate, dagli uomini d’affari, dalla Chiesa che calpestano il diritto in Bolivia, quel diritto che affermiamo anche in Cile e che gridiamo con tutta la forza: fuori l’imperialismo dell’America Latina!

Quelli di noi che hanno 30 anni provengono da diversi anni passati a combattere. Nel 2006 abbiamo recitato, come studenti secondari, la “rivoluzione dei pinguini”. Fin da piccoli sapevamo già che l’educazione al mercato è solo un filtro di classe a beneficio dei più ricchi. Siamo usciti di nuovo con molta forza nel 2011, recitando da mesi in pause di lavoro e riprese, lottando per l’istruzione gratuita e oggi, con grande orgoglio, facciamo parte di quella gioventù impavida. 

Quella gioventù senza paura che alle nostre generazioni precedenti, che sono state profondamente sconfitte e battute da quegli anni di transizione concordata e da quella dannata dittatura, oggi ci dicono “grazie per averci restituito la speranza e il desiderio di combattere”, e quei compagni che abbiamo raggiunto con la lotta di studenti, lavoratori e residenti in Cile.

Quella forza enorme si esprime ovunque. Hanno cercato comunque di portarci fuori dalle strade, perché li abbiamo fatti tremare. Con quei pacos che reprimono e uccidono, quegli stessi pacos che godono dell’impunità.

Sai che Piñera ci ha dichiarato guerra? Ci dichiarò guerra quando eravamo nei primi giorni di mobilitazione e poi ci offrì le briciole di un “patto sociale”, mentre, contemporaneamente, ci reprimevano, torturavano, ci violentavano, lasciando ciechi i nostri compagni combattenti. Ma la cosa migliore è che non abbiamo paura di loro. Oggi siamo determinati a rendere la vita utile. Non tradiremo i nostri compagni morti o feriti, perché sono anche quelli che ci dicono che questa lotta non può finire, che questa lotta deve continuare. E perché? Perché continueremo per le strade a lottare per porre fine a questa eredità della dittatura di Pinochet e ciò non è negoziabile!

Se non lo sai, in Cile sta accadendo qualcosa di molto, molto importante. Non accetteremo accordi dei partiti sulla nostra testa. Il nostro Congresso è uno dei più costosi a livello internazionale, dove i parlamentari guadagnano 35 volte quello che guadagnano i lavoratori. Non si vergognano! A noi, giovani che lavoriamo,  nessuno deve venire a spiegare come stanno le cose. Abbiamo gli stipendi più bassi per i lavoratori mentre dli stipendi dei parlamentari sono altissimi. Ed è per questo che, come ho detto, chiamiamo “cucina parlamentare”  qualsiasi accordo che tenti di strumentalizzare la nostra mobilitazione, ed è quello che cercano di fare oggi. E’ successo questo giovedì

Dalla destra di Pinochet, tutti i politici dell’ex Concertación e le figure principali dei partiti del Broad Front si sono uniti e hanno negoziato. E come lo chiamavano? “Un accordo per la pace”. Ma quella pace è per salvare Piñera e mantenerlo al potere, è una pace per gli uomini d’affari e l’eredità della dittatura e tutti quei 30 anni che vogliamo annientare. Ecco perché non vogliamo quell’accordo.

Vogliono fermarci. Lo slogan dell’Assemblea costituente ha catturato importanti settori della mobilitazione ed è perché esprime il desiderio genuino che il popolo cileno ha oggi di decidere. Ciò è stato convertito in un congresso o una convenzione costituzionale per continuare a governare nello stesso modo di sempre. Una delle prime trappole è che l’accordo lascia impunito e mantiene al potere l’assassino Piñera. E ovviamente, mentre urliamo ogni giorno e posiamo ovunque “Vai via Piñera!” negoziano per salvargli la testa e mantenerlo al potere.

E poi,  le regole che saranno definite saranno votate da un quorum di due terzi. E cosa significa? Che saranno i politici aziendali e gli stessi uomini d’affari che potranno porre il veto a tutti i dibattiti che vi si svolgono. Vogliono eludere la sovranità che chiediamo come persone che lavorano. Per cosa? In modo che non vi siano cambiamenti profondi. Ma oltre a questo siamo chiamati a votare in un plebiscito in aprile i rappresentanti per l’ottobre del prossimo anno e nelle attuali forme elettorali. Vogliono riderci in faccia, ma non crediamo nelle loro bugie ed è per questo che ieri eravamo decine di migliaia di persone per le strade di tutta la nazione, denunciando questa trappola e affrontando la repressione!

Quasi tutti i partiti del regime e dei media hanno un disperato bisogno di farci entrare in questa deviazione. Ma siamo convinti che il processo rivoluzionario che abbiamo iniziato in Cile è qui per rimanere. Non sarà lineare, lo abbiamo chiaro. Ma sappiamo che non vogliamo che il nostro paese continui ad essere l’esempio per i capitalisti a livello internazionale. 

Vogliamo che il Cile sia la tomba del neoliberismo! E vogliamo che la ribellione popolare in Cile non finisca qui. Possa quella forza ispirare tutti i giovani e tutti i popoli dell’America Latina e che possiamo ribellarci contro questo sistema di merda in cui i capitalisti ci hanno imposto di vivere!

Noi, rivoluzionari del PTR, siamo molto chiari: è necessario uno sciopero generale fino a quando Piñera non viene espulso, paralizzando l’intera produzione. E sulle rovine di questo regime marcio si solleverà una vera assemblea costituente libera e sovrana, a cui possono partecipare tutti quelli di età superiore ai 14 anni, qualcosa di completamente diverso da ciò che vogliono quelli della  “cucina parlamentare”, ovvero, fare partecipare solo a partire dai 20 anni. Hanno il coraggio di provare a lasciare fuori la nostra giovinezza, i principali motori di questa rivolta.

Per noi quella trota costituente non funziona, non risponde alle esigenze che abbiamo oggi per le strade e ovunque. Vogliamo votare un rappresentante per ogni 10.000 elettori  e che  siano revocabili e che guadagnino allo stesso modo di un insegnante e non gli stipendi milionari che i parlamentari guadagnano oggi.  Noi e noi diciamo che devono essere eletti democraticamente e che possono essere rappresentanti sindacali e organizzazioni dei lavoratori, degli studenti e rappresentanti sociali. Un’Assemblea costituente, libera e sovrana che può votare su tutte le misure di emergenza di cui hanno bisogno le grandi maggioranze, senza rispettare quelle istituzioni che proteggono il sacco e legano i politici nelle sale parlamentari, senza alcun potere di veto.

E non saremo neanche ingenui. Sappiamo che per vincere le nostre esigenze dobbiamo attaccare il potere dei capitalisti. Questo è il motivo per cui diciamo che dobbiamo nazionalizzare il rame e metterlo sotto la gestione dei lavoratori, porre fine alla privatizzazione, espropriare i porti e tutto quel profitto, e invece che patire per una manciata di capitalisti, metterci al servizio delle nostre esigenze di base. Ma non solo che queste cose vengano risolte: vogliamo una salute e un’istruzione gratuite, ma anche richieste fondamentali come il diritto all’aborto o l’autodeterminazione del popolo Mapuche, che è stato saccheggiato e represso per anni dallo Stato del Cile.

Ma non mangeremo neanche favole perché sappiamo che i capitalisti faranno tutto il possibile per impedirci di togliergli i loro privilegi. Ecco perché dal PTR stiamo promuovendo con tutte le nostre forze assemblee e coordinamenti di base, di studenti, di lavoratori e di  abitanti dei villaggi per organizzare per far uscire Piñera dal potere e porre fine al suo governo criminale e omicida e per porre fine all’eredità della dittatura. Vogliamo porre le basi di un governo di lavoratori, di rottura con il capitalismo, che può effettivamente dare una risposta integrale alle nostre esigenze, basata sull’auto-organizzazione e sulla forza delle masse.

Compagni e compagni, per finire: i responsabili delle nostre sofferenze e quelli che sono chiamati “di sinistra” che oggi salvano la faccia di Piñera e di tutto il suo governo e questo regime vogliono portarci a ripetere la stessa “cucina” che ci hanno rifilato per anni. Vogliono che andiamo che accettiamo il loro diversivo che serve a mantenere questo regime. 

E a tutti loro diciamo di no! 

Perché nulla di buono verrà per noi. Non conquisteremo alcuna richiesta democratica se continueranno a governare gli stessi di sempre. Non accetteremo nessuna soluzione che abbia come premessa l’impunità per  coloro che hanno assassinato, torturato, violentato o picchiato i nostri compagni. 

Questo è il motivo per cui mi fermo qui per denunciare che mentre si riempiono la bocca ipocritamente parlando di pace, ieri hanno represso i nostri lavoratori in Cile. Il pacos e questo governo sono i responsabili politici e materiali dell’assassinio del nostro compagno Abel, un combattente che è morto perché i carabineros hanno impedito l’ingresso a coloro che erano venuti per salvarlo. Questo è il motivo per cui non ce ne andremo fino a quando non avremo raggiunto il processo e la punizione di tutti i leader politici e materiali della repressione!

Grazie mille compagni e compagne!”

 

*da La Izquierda Diario Chile del 16/11/2019

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