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“Hanno paura di me”. Mekhti: prigioniero politico di 85 anni nelle galere ucraine

Mekhti Logunov, 85 anni, è il più anziano tra i prigionieri politici attualmente detenuti nelle carceri ucraine. Lo scorso ottobre nei suoi confronti è stata emessa dalla Corte di appello di Kharkov (Ucraina orientale) una sentenza di condanna a ben 12 anni di reclusione con l’accusa di essersi appropriato di informazioni riservate e di voler commettere atti terroristici contro l’Ucraina. Le accuse, rigettate con sdegno dall’ultraottantenne sono da lui descritte come il prodotto una macchinazione dei servizi segreti ucraini (SBU).

Secondo gli agenti, Mekhti Logunov avrebbe infatti raccolto informazioni con finalità di terrorismo a proposito delle ricerche condotte dall’Istituto di Fisica e Scienza di Kharkov, in particolare sul nucleare. Tuttavia, l’accusa con cui Mekhti Logunov è stato incriminato è quella di tradimento allo stato, e non quella di spionaggio. Un fatto che sarebbe assai anomalo se le accuse di spionaggio potessero dirsi in qualche modo fondate.

Mekhti Logunov, classe 1934, è stato arrestato a Kharkov il 17 agosto 2017 ed ha trascorso oltre due anni nella struttura Sizo – acronimo in lingua russa ed ucraina di “struttura di isolamento investigativo” – del carcere di Kharkov. L’ottantacinquenne si trova tutt’ora in carcere in condizioni critiche: durante l’udienza dello scorso ottobre Mekhti Logunov ha raccontato che a causa dell’età, ma soprattutto delle dure condizioni di detenzione prolungata ha perso ben quindici denti. Un problema che rende assai complicata e faticosa la sua alimentazione.

Per avere un’idea di quali possono essere le condizioni detentive che Mekhti Logunov si trova ad affrontare – insieme a molti altri detenuti politici e non – si possono visionare le foto scattate segretamente alcuni mesi fa nella struttura Sizo di Odessa.
La Corte di appello, secondo il detenuto, avrebbe preso in considerazione solo una parte dei documenti riguardanti l’indagine, escludendo l’ammissibilità di tre fascicoli senza fornire spiegazioni in merito alla scelta.

L’ottantacinquenne, di origine abcasa ma da decenni cittadino di Kharkov (Ucraina orientale), ha un’importante carriera scientifica alle spalle: per anni ha insegnato nel Politecnico di Kharkov e con i suoi studi ha brevettato macchinari e strumentazioni tecniche. Respingendo il teorema che lo descriverebbe con un “agente russo”, Mekhti Logunov anche da detenuto ha ribadito con durezza le critiche da lui mai risparmiate alla deriva politica che ha caratterizzato l’Ucraina degli ultimi anni.

“L’SBU – i servizi segreti ucraini, NdA – è un’organizzazione di affaristi. Temono che io, una volta fuori dal carcere, racconti quello che so. […] Un giorno l’SBU verrà dichiarata un’organizzazione criminale, come la Gestapo” ha dichiarato Mekhti Logunov. In mancanza di un provvedimento da parte del governo o della presidenza riguardo la sua detenzione, Mekhti Logunov dovrà attendere la revisione del caso da parte della Corte di Cassazione prevista tra alcuni mesi.

Alcune settimane prima dell’udienza in cui Mekhti Logunov è stato condannato, a Kharkov era stato organizzato un presidio per chiedere la liberazione dell’ottantacinquenne. Lo svolgersi dell’iniziativa è stato interrotto da alcuni neofascisti locali, che hanno minacciato i presenti, accanendosi in particolare contro il consigliere del municipio di Kharkov Andrey Lesik, uno dei promotori dell’iniziativa: i neofascisti hanno inoltre scandito slogan che chiedevano il carcere anche per il consigliere, a sua volta additato come “agente russo”. (Qui il video)

Mekhti Logunov non è l’unico ucraino detenuto per ragioni politiche, ma riguardo il loro numero complessivo non esistono dati certi. Le autorità di Kiev negano l’esistenza della persecuzione politica, preferendo descrivere gli oppositori come delinquenti comuni, o più spesso come “agenti russi”. Ben poche sono le possibilità di raccogliere dati ed informazioni sul tema. Secondo indiscrezioni, comunque, il numero minimo di cittadini ucraini attualmente detenuti per ragioni politiche andrebbe stimato nell’ordine delle centinaia. Secondo altre stime, come quelle di Daria Morozova. responsabile per i diritti umani dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, il loro numero sarebbe superiore alle 1300 persone. A questi, nonostante alcuni scambi di prigionieri concordati recentemente tra il governo di Mosca e quello di Kiev, si sommano un numero cospicuo di prigionieri di guerra, in buona parte cittadini ucraini, benché descritti dalle autorità ucraine come “militari russi”.

Si attende intanto il vertice tra le rappresentanze di Francia, Germania, Ucraina e Federazione Russa che si svolgerà a Parigi il prossimo 9 dicembre per affrontare ancora una volta l’irrisolto problema della guerra civile esplosa in Ucraina nel 2014: un conflitto che è costato già oltre tredicimila vittime, e che seppur congelato dai primi mesi del 2015, continua a mietere vittime pressoché quotidianamente. In vista del vertice l’ex parlamentare ucraino Aleksey Zhuravko ha inviato un appello per la liberazione di Mekhti Logunov al presidente francese Emmanuel Macron ed alla cancelliera tedesca Angela Merkel. Nonostante le speranze riposte nel nuovo presidente ucraino Vladimir Zelenskij, la situazione del paese resta profondamente critica nel suo complesso.

*da Il Faro di Roma

 

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