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Gerusalemme non è una merce di scambio elettorale

L’affermazione di Matteo Salvini, segretario della Lega, e la sua intenzione di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele nel caso diventasse presidente del governo italiano, incuriosisce chi segue la politica europea e italiana verso il Medio Oriente, ed in particolare la questione palestinese.

Curioso anche che la dichiarazione venga rilasciata a un giornale israeliano, alla vigilia del vertice dei Ministri degli esteri dell’Unione europea per discutere la proposta del ministro degli esteri del Belgio di riconoscere lo Stato di Palestina, prevista per lunedì 20 gennaio.

La vicinanza di Salvini alla destra estremista del governo Netanyahu, sostenuto dal presidente Trump, dà l’idea di una alleanza tra questi personaggi; tutti hanno a che vedere con la giustizia, nei loro paesi, per motivi diversi. E tutti e tre sono a caccia di voti per essere rieletti.

Sappiamo dove vanno a pescare questi voti: in quella parte viscerale caratterizzata dalla violenza razzista e xenofoba.

A Salvini diciamo: pensi ai processi che dovrà affrontare, e lasci stare la politica estera, che ha bisogno di uomini come il ministro degli esteri belga, uomini che rispettano le istituzioni internazionali, l’Onu, il Consiglio di sicurezza e il diritto internazionale, anche quello marittimo, che Salvini ha violato più di una volta, purtroppo, quando era ministro degli interni.

Gerusalemme non è una merce di scambio elettorale.

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