Nel consiglio dei ministri straordinario svoltosi sabato mattina del 29 febbraio teoricamente per prendere delle misure di contenimento del “coronavirus” l’esecutivo francese ha deciso di avvalersi del dispositivo costituzionale – il 49.3 – che gli permette di approvare una legge senza discussione all’Assemblea Nazionale, in questo caso una delle due leggi – quella ordinaria – sulla contestata riforma pensionistica.
La comunicazione di questa scelta è stata fatta a metà del pomeriggio all’Assemblea dal capo dell’esecutivo Edouard Philippe, di fatto realizzando quella che era una minaccia sotto la scure della quale si era svolta fino ad allora il dibattito parlamentare durato circa 2 settimane.
Era stato lo stesso Philippe a ribadirne la sua possibilità di utilizzo il 25 febbraio affermando di volersi prendere la responsabilità come esecutivo dell’approvazione della leggi all’interno del calendario prefissato: «lo faccio senza esitare e utilizzo tutta la costituzione aveva affermato», e così ha fatto.
Il timing per la scelta è stato ben studiato sia per le ulteriori tappe di discussioni previste che concernevano l’art. 9 e art. 10 di un testo comprendente 65 articoli, cioè gli articoli concernenti il “valore dei punti” di questa riforma che mira ad introdurre un regime universale per ripartizione a punti e la cosiddetta “età d’equilibrio” o “età pivot” che allungherà di fatto l’età pensionabile, con una logica di bonus/malus al di là dei versamenti attualmente effettuati ed escluderà di fatto una età “massima” come nella legislazione vigente.
Una tempistica che rende impossibile quindi discutere dei 29 mila emendamenti al testo rimasti da dibattere e degli altri articoli. Dopo il voto sulle due mozioni di sfiducia depositate domenica sia dai gruppi della sinistra parlamentare (FI, PCF,PS) che da dalla destra di LR se non avranno come è ipotizzabile esito positivo per le opposizione, a causa della larga maggioranza di cui dispone l’esecutivo in Assemblea Nazionale con i deputati di LREM, Mo.Dem e UDI, vedranno la legge approvata da questa camera del parlamento senza discussione, per essere spedita a maggio al senato.
Da mercoledì quindi dovrebbe iniziare la discussione sui 6 articoli della legge organica che accompagna quella ordinaria, per cui l’esecutivo non può ricorrere all’ “arma nucleare” della 49.3 – come previsto dalla riforma costituzionale che ne permette l’utilizzazione solo una volta per sessione – con l’intento di chiudere la discussione prima delle elezioni municipali del 15 e del 22 marzo.
Questa settimana è decisiva per comprendere se l’esecutivo vincerà questa prima battaglia. L’esecutivo è intenzionato infatti a chiudere la partita prima della lunga pausa estiva dell’emiciclo che inizia a luglio e che protrarrà per tutta l’estate a causa dei lavori previsti, e passare poi ad altro.
I senatori che accoglieranno il testo a maggio avranno la possibilità di riscrivere la legge, che come ha dichiarato Philippe nel suo nuovo testo è stato “arricchito e aggiornato” rispetto alla formulazione iniziale fino a comprendere probabilmente i 70 emendamenti provenienti della maggioranza ed alcune indicazioni delle opposizioni. A quel punto una Commissione Mista Paritetica (CMP) dei due rami del Parlamento cercherà un accordo sulle due versioni quella uscita dall’AN grazie al 49.3 e quella rielaborata dal Senato, in caso di esito positivo sarà sottoposta a voto definitivo, con l’esecutivo che potrà ricorrere comunque nuovamente al 49.3 se non verrà trovato preventivamente un accordo.
La discussione parlamentare era stata qui caratterizzata da una opposizione frontale alla legge da parte in particolar modo della sinistra che ha usato tutti i mezzi a disposizione per rallentare una discussione inquadrata a tappe serrate rispetto ad un provvedimento che cambia radicalmente i connotati del patto sociale in Francia.
Questa ipotesi di riforma ha conosciuto un ampia e continua mobilitazione dal 5 dicembre scorso contro tale progetto, non gode tuttora del consenso dalla maggior parte dei francesi che tra l’altro vorrebbero che fosse sottoposta al referendum e non da ultimo è stata oggetto di pesanti critiche da parte del più alto organo amministrativo d’Oltralpe il Consiglio di Stato.
La prima settimana di discussione della legge è stata caratterizzata da numerose “scaramucce” e “confronti verbali” e aveva visto la discussione solo dell’articolo 1, capo saldo dell’anima della riforma pensionistica approvato con 89 voti a favore e 46 contrari dopo 70 ore di discussione e 2600 emendamenti discussi.
La seconda settimana aveva visto un ritmo di discussione più accelerato con una media di 50 emendamenti discussi in un’ora contro i 20 di quella precedente, facendo approvare 6 articoli su 7 e facendo discutere giovedì e venerdì dei “regimi speciali”: insegnanti, agricoltori e avvocati giovedì e funzionari venerdì.
Ma nonostante il cauto ottimismo nel potere concludere la discussione senza l’utilizzazione da parte dell’esecutivo del 49.3 espresso da alcuni esponenti della maggioranza sia dei “centristi” di Mo.DEM che di LREM, la piega che ha voluto imprimere l’esecutivo è stata un’altra, di fatto sterilizzando un opposizione parlamentare che dall’inizio discussione il 17 febbraio aveva puntato il dito particolarmente su due aspetti rimasti ancora indeterminati della legge.
Uno è strettamente legato alle conclusione della concertazione in corso con “i partner sociali”, cioè una parte del movimento sindacale – la CFDT – ed il fronte padronale insieme al governo sul finanziamento delle misure, ed in particolare la definizione di una exit strategy per il rinvio transitorio dell’applicazione dell’ “età di equilibrio”. L’altra questione è legata ai 29 decreti governativi che dovrebbero completare la riforma di fatto by-passando la discussione parlamentare su questioni assai rilevanti.
Punti critici della riforma su cui anche il Consiglio di stato si era espresso duramente.
Le punte di lancia dell’opposizione alla riforma che hanno fino ad ora svolto la funzione di “delegato politico” dentro le aule parlamentari del movimento contro la riforma pensionistica sono state La France Insoumise e il PCF, da soli hanno presentato 36.000 emendamenti sui 41.000 totali proposti, solo LFI ne ha presentati da sola ben 23.000!
In realtà la maggioranza ha preso a pretesto il prolungarsi della discussione parlamentare e la legittima opposizione da parte dei deputati sia di destra che di sinistra per dare vita ad un colpo di mano nello stesso tempo un cui vieta a causa dell’emergenza sanitaria gli assembramenti con più di 5.000 persone, nonostante le prime risposte di piazza si stiano già configurando e lunedì è prevista la convocazione dell’inter-sindacale che ha fino a qui orientato le mobilitazioni contro la riforma.
Per dare conto della pretestuosità dell’argomento adottato dall’esecutivo bisogna ricordare che la discussione parlamentare della legge sulla stampa del 1984 era durata ben 167 ore, cioè molto meno delle 115 ore di quella sulla legge ordinaria in questione.
La 49.3 nella Quinta Repubblica è stato usato dal 1958 ben 88 volte, era qui servita per riallineare una maggioranza recalcitrante all’approvazioni di alcuni provvedimenti legislativi, come è stata l’uso fattone da Michel Rocard – 28 volte per 13 testi differenti – o per bypassare l’opposizione come è stato il caso dell’utilizzo nel 2015 e nel 2016 durante la presidenza Hollande, cosa che gli è costata la carriera politica, insieme a Manuel Valls.
In passato con questo scopo era stata utilizzata da Pierre Mauroy, Laurent Fabius, Edouard Balladur e J.P.Raffarin…
Si tratta di un dispositivo frutto di una Costituzione fatta approvare da De Gaulle in piena guerra d’Algeria con lo spettro di un possibile golpe abilmente sfruttato dallo statista francese per imporre un assetto costituzionale dai pronunciati connotati autoritari ed in grado di fatto di esautorare il parlamento dalle sue funzioni.
L’uso di questo dispositivo ha inquietato anche il segretario della centrale più collaborativa con l’esecutivo Laurent Berger della CFDT, che ha qualificato l’interruzione del dibattito su un argomento così delicato «disastroso per la democrazia».
Giudizi analoghi vengono dalle altre centrali “riformiste” come la cristiana CFTC e l’UNSA, teoricamente favorevoli ad una riforma pensionistica a punti. La CFDT coltiva la speranza che il testo approvato senza discussione accolga alcune istanze di miglioramento proposte. Il fronte dell’opposizione sindacale alla riforma ha parole molte più dure dal sindacato dei quadri, la CFE-CGC, a FO.
Nella completa mancanza d’ascolto che dura da mesi a cui ora si somma l’impossibilità di fatto di parlamento di svolgere le proprie funzioni Céline Verzeletti, membro del Bureau Confederale della CGT riscontra un «grave attentato alla democrazia».
È chiaro che ora la parola torna alla piazza ed ai rapporti di forza che sarà in grado di stabilire, dopo la più lunga stagione di mobilitazione della Francia contemporanea.
L’intersindacale che raggruppa CGT, FO, FSU, SUD e le organizzazioni giovanili si riunisce lunedì mattina per decidere delle mobilitazioni che il segretario della CGT Philippe Martinez – che definisce “scandaloso” il comportamento dell’esecutivo – auspica esserci già da questa settimana.
Intanto da sabato sera, a Parigi come di fronte alle prefetture in diverse cittadine è stata chiamata la mobilitazione che si riattiva celermente.
La lotta in Francia continua nonostante l’ “emergenza sanitaria” ed il golpe legislativo dell’esecutivo per cui pensiamo pagherà un prezzo salato insieme al presidente dei ricchi.
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