Com’è noto ai nostri lettori abituali (i nuovi possono rapidamente documentarsi sul nostro archvio) abbiamo in odio ogni dietrologia e la mentalista “complottista”.
Sappiamo per esperienza e saggezza popolare che “puoi ingannare una persona per sempre, tante persone una volta, ma non tante persone per sempre”. Insomma, i complotti esistono da sempre e ce ne sono anche di sopraffini. Ma perché riescano debbono coinvolgere pochissime persone, con una linea di comando ferrea, e per un tempo limitato. Prima o poi, comunque, quel che è stato fatto si verrà a sapere.
Perciò, riprendendo questo articolo di Radio Cina Internazionale, ci preme sottilinearne il carattere per l’appunto non complottardo, anche se indubbiamente si tratta di domande rivolte a un certo settore dell’establishment Usa.
Non al solo Trump e al suo entourage, bisogna aggiungere, perché, se buona parte dei congressmen si è precipitata a vendere azioni prima del crollo delle borse, questo ha riguardato un “partito bipartisan”. E comunque non poteva passare inosservato a chi sui “mercati” ci sta da qualche decennio e in modo efficace.
Sull’improvvisa chiusura di un centro ricerche sulla guerra chimica, invece, questa è materia classica di “geurra tra spie”. E noi ne siamo completamente fuori. Sappiamo come tutti che il coronavirus Covid-19 non è un prodotto di laboratorio, ma uno dei tanti risultati di “successo” dell’evoluzione naturale.
E quindi la “punzecchiata” di Radio Cina su questo punto sembra più un avviso agli Usa a non proseguire su questa strada. In fondo, se l’analogia con l'”incidente” che diede il via alla Prima guerra mondiale regge, ci vuole poco a cercare di dipingere l’avversario come il novello Gavrilo Princip.
Ma non conviene a nessuno inoltrasi su questo terreno. Perché se gli Usa sono certo un “impero” più robusto dell’Austria-Ungheria d’allora, certo la Cina, non è la coeva piccola Serbia.
Certo che la mossa di Trump – parlare di “virus cinese” e accusare Pechino di aver nascosto informazioni utili a combattere l’epidemia – non sembra esser stata particolarmente brillante…
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Recentemente alcuni politici statunitensi hanno definito diverse volte il coronavirus “virus cinese”, il che ha suscitato le proteste della comunità internazionale. Parole come “razzismo”, “xenofobia” e “ricerca di un capro espiatorio” sono apparse frequentemente sui media occidentali per criticare il comportamento degli Usa.
Risalire all’origine del coronavirus è una questione di natura scientifica che necessita di prove.
Con il mondo esterno che mette sempre più in dubbio gli Usa, l’amministrazione statunitense non può più esimersi dal dare chiare spiegazioni al popolo e risposte al mondo in merito a tre dubbi concernenti l’epidemia.
Innanzitutto, secondo le ultime stime rilasciate dal CDC statunitense, nella stagione dell’influenza degli Usa iniziata lo scorso settembre, più di 30 milioni di cittadini statunitensi sono stati contagiati e ci sono stati oltre 20 mila decessi.
Il direttore del CDC statunitense, Robert Redfield, ha recentemente ammesso pubblicamente che alcuni casi registrati come influenza sono in realtà casi di Covid-19. È lecito chiedersi, quindi, quanti tra questi 20 mila decessi sono stati in realtà causati dal coronavirus? Gli Usa hanno forse mascherato la diffusione dell’epidemia di Covid-19 spacciandola per influenza?
La seconda domanda a cui gli Usa dovrebbero rispondere è perchè l’amministrazione statunitense lo scorso luglio ha chiuso improvvisamente Fort Detrick, il centro di ricerca per lo sviluppo di armi chimiche più grande delle forze armate statunitensi, nello Stato del Maryland?
Alcuni giorni fa, sul sito ufficiale della Casa Bianca, è stata lanciata una petizione per chiedere al governo statunitense di rendere pubbliche le informazioni su questa base militare, affinché possa esser chiarito qual è il suo ruolo nella ricerca di nuovi ceppi di cononavirus e verificare se sussiste o meno l’ipotesi di una fuga del virus dal laboratorio militare. Se l’amministrazione statunitense si interessa veramente della vita e della salute del suo popolo, dovrà rispondere a queste domande.
La terza domanda è: perché a metà febbraio l’amministrazione statunitense ha descritto come lieve l’epidemia, mentre alcuni funzionari della commissione dell’intelligence del Senato si apprestavano a vendere milioni di dollari di azioni?
È vero che molti politici hanno approfittato delle informazioni in loro possesso per vendere le proprie azioni, mentre nascondevano l’epidemia al pubblico?
È mai possibile che costoro, davanti allo scoppio dell’epidemia, abbiano pensato prima ai loro capitali invece che alla vita della popolazione?
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