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Covid-19: la “nuova” strategia britannica

Lunedì sera Il Primo Ministro britannico, Boris Johnson, si è rivolto ai suoi concittadini, per “aggiornare su gli ultimi passi che stiamo prendendo per combattere la malattia e ciò che potete fare per aiutare”.

Non si è nascosto dietro giochi di parole, BJ, perché le misure decise puntano esplicitamente ad evitare il collasso del sistema sanitario nazionale (NHS): “Per dirla chiaramente, se troppe persone diventano gravemente malate nello stesso momento, saremmo incapaci di gestirlo, il che significherebbe che più persone potrebbero morire, e non solo per il Coronavirus ma per altre malattie. Perciò è di vitale importanza rallentare la diffusione del contagio”.

L’istruzione è semplice, la stessa – ossessiva – che circola da settimane qui da noi: “state a casa”.

È concesso uscire di casa per fare la spesa meno volte possibile, fare esercizio fisico una sola volta da soli o in compagnia dei propri conviventi, in caso di bisogno di assistenza medica o per assistere persone bisognose, spostarsi al e dal lavoro se non si può lavorare da casa.

BJ è stato categorico: “se non seguite le regole la polizia avrà pieni poteri per farle rispettare, incluso sanzioni e disperdendo gli assembramenti”.

Il governo agirà immediatamente per chiudere i negozi che vendono beni non-essenziali, impedirà gli assembramenti di più di due persone (escluso i conviventi), fermerà tutte le occasioni di socialità inclusi i matrimoni, i battesimi, e altre cerimonie, esclusi i funerali.

I parchi resteranno aperti per l’esercizio fisico ma gli assembramenti saranno dispersi.

Il primo ministro ha concluso così il suo discorso.

«Nessun primo ministro vuole mettere in atto misure come questa. Conosco il danno che questa perturbazione sta causando e arrecherà alla vita delle persone, alle loro attività e ai loro posti di lavoro. Ed è per questo che abbiamo prodotto un programma di supporto enorme e senza precedenti sia per i lavoratori che per le imprese. E vi posso assicurare che terremo queste restrizioni sotto costante controllo. Le rivedremo di nuovo tra tre settimane e le rilasseremo se le prove dimostrano che siamo in grado di farlo. Ma al momento non ci sono opzioni facili. La strada da percorrere è difficile ed è ancora vero che molte vite andranno purtroppo perdute. Eppure è anche vero che esiste una via chiara. (…) E quindi vi esorto in questo momento di emergenza nazionale a rimanere a casa, a proteggere il nostro SSN e a salvare vite umane. Grazie.»

Con il discorso di lunedì sera e con questi provvedimenti, Johnson completa la sua “inversione ad U”, iniziata la scorsa settimana.

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Lunedì 23 marzo i decessi causati da Covid-19 in Gran Bretagna risultano essere 335; sono aumentati di sei volte nel corso di una sola settimana.

La prima morte di un cittadino britannico cui la malattia è stata trasmessa nel Regno Unito e non contratta all’estero risale al 29 febbraio scorso.

Bisogna ricordare che la prestigiosa rivista scientifica “Lancet” aveva parlato di ciò che con il contagio stava avvenendo in Cina già il 24 gennaio, segnalando come un terzo dei pazienti ricoverati fossero della terapia intensiva, ed il 23% avessero bisogno di “ventilator” per la respirazione assistita.

Il governo britannico si è mosso con grande e colpevole ritardo, non procedendo a test di massa, non predisponendo il proprio sistema sanitario già congestionato per il possibile stress test epidemico, non attuando alcuna politica in grado di contenere il contagio, oltre a non fornire una informazione corretta ai suoi cittadini.

Solo a marzo inoltrato, per esempio, è stato approntato un piano per aumentare la capacità delle terapie intensive (ICU nell’acronimo britannico), acquisire la strumentazione necessaria all’estero e posticipare gli interventi non-urgenti.

Un recente intervento di un medico del Sistema Sanitario Nazionale che opera in terapia intensiva, Tim Cook, sul colonne del Guardian, ha posto la necessità di un dibattito pubblico preventivo su quando i medici saranno costretti alla pratica del triage di guerra, ossia a scegliere chi ammettere o meno al trattamento in base alle possibilità di salvarsi del paziente, cioè quando: «decisioni su quali pazienti trattare in ICU quando tutti non lo potranno essere», come in Italia.

Il suo intervento è segnale dello scenario che sta per affrontare il Regno Unito.

E proprio questa settimana il Laboratorio di Statistica di Cambridge ha pubblicato uno studio comparativo tra Italia e Gran Bretagna, in cui emerge che lo stato della pandemia nel Regno Unito parrebbe essere quello di due settimane fa in Italia.

In questo studio vengono tra l’altro messi a confronto i tassi di mortalità nei 14 giorni successivi al quinto decesso verificatosi in entrambi Paesi, con una mortalità aumentata del 37% in Italia e solo del 30% in UK. Lo studio ricorda che in Italia quasi un quarto della popolazione ha più di 65 anni mentre in Gran Bretagna questa fascia di età è al 18%.

Ma non fa previsioni rosee…

David Spiegelhalter – del citato Laboratorio – intervistato dal Guardian, è lapidario: «dobbiamo essere pronti ad avere centinaia di morti al giorno», segno che il peggio in Gran Bretagna deve ancora venire.

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La strategia del governo britannico è cambiata nel corso di una settimana di 180° gradi, dopo che uno studio dell’Imperial College aveva elaborato i differenti scenari relativi alle strategie che potevano essere intraprese di fronte al contagio.

Secondo lo studio, se il governo inglese avesse continuato con il suo approccio lassista ci sarebbero stati 260.000 morti, non solo dovuti direttamente al Covid-19, ma anche a causa del congestionamento del sistema sanitario nazionale (NHS), a quel punto impossibilitato a curare altre patologie.

Il secondo scenario, adottando la strategia della “soppressione” dellaepossibilità di contagio – hanno riportato Neil Ferguson e Azra Ghani, del MRC Centre for Global Infectious Disease Analysis – quello che sembra essere stato timidamente intrapreso dal governo britannico, porterebbe invece la stima di decessi tra i 20mila e qualche migliaio.

Un nuovo studio citato da The indipendent, pubblicato questo lunedì e realizzato da un team di ricercatori di differenti università, ammonisce però nuovamente il governo e la sua strategia – definita di “soppressione parziale” – che potrebbe invece portare al decesso di 70 mila persone.

«Il nostro studio indica che il governo dovrebbe implementare una più cogente politica di soppressione a livello della popolazione, non solo per impedire le morti attuali, ma anche limitare eccessivi decessi sul lungo periodo».

Un messaggio che Boris Johnson sembra quindi avere recepito.

Fino a ieri sera, la scorsa settimana, aveva preso solo due decisioni di questo tipo, in due differenti tappe: prima con la chiusura delle scuole – a parte per quei bambini i cui genitori lavorano in settori chiave – e quella delle università a partire dallo scorso venerdì; e poi la chiusura di pub, ristoranti, cinema, teatri ed altri luoghi di aggregazione.

Il Governo ha consigliato poi un isolamento di due settimane – era una sola quando aveva “affinato” la sua discutibile strategia dell’“immunizzazione di gregge” – ed ha affermato (molto tardivamente) che vuole procedere a test di massa, raggiungendo la quota di 25 mila al giorno nel mese di aprile, come confermato nel discorso di lunedì sera.

Altre misure sembravano prefigurabili, vista la generale inosservanza della “distanza sociale”, come riscontrato nei parchi cittadini londinesi o in località di villeggiatura.

Oltre alla chiusura già disposta dei negozi non-essenziali (non-essential shop), un’altra misura che potrebbe venire adottata è il razionamento dei cibi freschi, per non creare una penuria che potrebbe colpire ben più di 8 milioni di persone, vista la dipendenza dalle importazioni in questo settore e la consolidata politica “zero stock”, per cui le scorte accumulate non vanno oltre le 24/36 ore.

La legge in corso di discussione, che dovrebbe essere approvata il prima possibile, si concentra su tre aspetti: rafforzamento del sistema sanitario, misure di distanziamento sociale e possibilità di accedere alla malattia pagata dal primo giorno, anziché dal terzo.

Con un governo finora incapace di impedire la diffusione del contagio, ma che ora ha decisamente invertito la sua rotta, un sistema sanitario impreparato a reggere lo stress test pandemico a causa dei tagli dovuti alla politica di austerity e di privatizzazione strisciante, e una popolazione diffidente nei confronti di chi la dirige, la Gran Bretagna si appresta a conoscere il picco del contagio nei giorni e nelle settimane a venire.

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