Non è sicuramente vero che le notizie siano tutte uguali. Alcune danno immediatamente il senso che siamo di fronte a qualcosa di enorme. Ma non è detto che siano queste le notizie preferite dai media mainstream. Né che siano trattate, quando pure vengono date, nella loro inquietante dimensione.
E’ il caso diquesta, proveniente dagli Stati Uniti e riportata dall’agenzia Ansa, la “madre nobile” di tutti i dispacci che finiscono poi nelle redazioni dei giornali e di lì, in piccola parte, alla nostra attenzione.
“C’è chi va alle feste per sballarsi e chi invece per infettarsi di coronavirus. E’ l’ultima follia negli Stati Uniti, dove le autorità hanno lanciato l’allarme per l’aumento dei cosiddetti “Covid-19 party”, in cui gli invitati sani si mischiano con persone positive al virus nella speranza di essere contagiati e, guarendo, diventare immuni e poter tornare a girare liberamente.
E’ una moda – scrivono i giornali – che si sta diffondendo soprattutto nello stato di Washington, il focolaio iniziale della pandemia in Usa dove i casi hanno superato le 15 mila unità con 834 vittime.
“E’ inaccettabile ed irresponsabile – ha commentato Meghan DeBolt, direttrice dell’assessorato alla Sanità della contea di Walla Walla – esporsi deliberatamente ad un contagio è rischioso per chi lo fa e per gli altri”. In realtà l’idea di farsi contagiare di proposito non è una pratica nuova in America. In passato – ricordano alcuni osservatori – molti genitori erano soliti portare i loro figli alle cosiddette “feste della varicella” per farli venire a contatto con altri bambini che avevano la malattia.
L’idea dei “Covid-19 party” ha cominciato a girare soprattutto dopo che le autorità sanitarie di tutto il mondo hanno cominciato a considerare l’idea dei passaporti d’immunità, il documento che certificherebbe l’assenza di rischio di contagio della persona che lo possiede. E che quindi consente a coloro che sono risultati positivi al virus e poi guariti di viaggiare o di tornare a lavoro più velocemente.
A sconsigliare le feste Covid-19 soprattutto i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), l’ente federale che si occupa della salute pubblica negli Stati Uniti, che sottolineano come solitamente i giovani che si espongono al contagio e nella maggior parte dei casi non hanno bisogno di un ricovero in ospedale per guarire, ma il rischio è che si infettino persone più vulnerabili mettendo quindi a repentaglio la loro vita.”
La cosa più sbagliata che si possa fare è definire questa una “follia”, anche se certamente è anche questo. Quando si mettono in moto comportamenti collettivi che individualmente sarebbero classificati come irrazionali bisogna interrogarsi sulle ragioni che li provocano, altrimenti restano solo incomprensibili.
Nessuno che sia sano di mente, individualmente, si augura di finire dentro una guerra. Eppure la guerra è la più antica delle ricorrenze, per l’umanità. Nessuno si augura di dover “esodare” a piedi attraverso terre sconosciute e mari ostili, eppure accade in questi anni, fin sulle nostre coste…
E’ evidente, secondo noi, che se migliaia di persone si tuffano in un party sperando di venire contagiati dal coronavirus, oltretutto in uno degli Stati che più di altri ha rappresentato la cifra del progresso tecnologico dagli anni ‘80 ad oggi (il Washington ha per capitale Seattle), su di loro si sono abbattute più crisi contemporaneamente.
Quella sanitaria – in un sistema sostanzialmente privo di tutele sociali – si è trasformata immediatamente in una crisi occupazione e dunque di reddito. I dati di ieri sulle richieste si sussidio di disoccupazione (negli Usa non c’è cassa integrazione, ma solo un sussidio per sei mesi) dicono che nell’ultima settimana ne sono state presentate 3,2 milioni.
Significa che altrettante persone hanno perso il lavoro, di qualsiasi tipo, ma soprattutto meno qualificato. In totale, il sole sette settimane, sono diventati 33,3 milioni i nuovi disoccupati che si aggiungono ai quasi 100 (milioni!) che le statistiche ufficiali chiamano pudicamente “scoraggiati” (ossi che il lavoro neanche lo cercano più). Per una popolazione totale di 315 milioni, una volta sottratte “testa e coda” (minorenni e anziani, detenuti, ospedalizzati), la disoccupazione reale negli Usa ha raggiunto circa il 60% della forza lavoro disponibile.
In una situazione del genere diventa “comprensibile” – certo non da imitare – lo pseudo-ragionamento che porta tanti a “desiderare” il contagio con l’aria di chi dice “io speriamo che me la cavo”. Se non sono troppo vecchio e sono sempre stato in discreta salute quella speranza è persino fondata.
Inutile incazzarsi per lo scarsissimo “senso civico”. In una società che ha fatto dell’individualismo il baricentro valoriale del proprio “successo” è assolutamente normale che l’individualismo produca il suo presunto opposto: un branco irresponsabile, che poi sciama ovunque consapevole di poter contagiare anche chi non è fisicamente attrezzato per reggere il Covid-19 (sulla sanità Usa è bene stendere una lapide).
E dunque ecco prendere forma, senza che nessuno l’abbia sollecitata o organizzata, la soluzione malthusiana dell’immunità di gregge raggiunta attraverso lo sterminio, per selezione naturale. Il contrario di quella – decisamente più civile – raggiungibile con le vaccinazioni di massa.
In assenza di vaccino, del resto, gentaglia come Boris Johnson, Donald Trump o Jair Bolsonaro l’ha persino teorizzata. La stessa Confindustria italiana, senza nominarla per timore di farsi inseguire per strada come negli anni ‘70, in fondo dice la stessa cosa quando pretende – e ottiene – che le attività economiche riprendano anche se il contagio è ancora ben oltre i livelli di guardia (se 30.000 morti vi sembran pochi, per ora).
E allora quei disperati dei Covid-party sono l’equivalente odierno dei maratoneti del ballo (Non si uccidono così anche i cavalli?) che negli anni ‘30 si prestavano a qualsiasi fatica solo per la speranza di poter sopravvivere arrivando primi. In fondo, hanno persino qualche probabilità statistica in più di ottenere un risultato (l’immunità, mica il posto di lavoro…). Insomma: un vantaggio competitivo rispetto ai loro simili, altrettanto disoccupati.
Ma se un sistema, a 90 anni di distanza, riproduce esattamente gli stessi meccanismi, vuol dire che non ha prodotto nel frattempo alcun “progresso”, sbrilluccichii a parte….
Non sentite anche voi quel rintocco di campana, in sottofondo?
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Aldo S.
Con questo articolo sfiori la perfezione! :))
Andrea B.
Esatto