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14 maggio 1948 la vostra indipendenza!15 maggio 1948 la nostra Nakba!

In questi giorni si celebrano i settantacinque anni dalla vittoria sul nazismo, dopo una guerra che ha visto i popoli europei pagare un carissimo prezzo in vite umane, soprattutto l’Unione Sovietica con più di 20 milioni di morti, in difesa non solo della propria patria bensì dell’intera umanità.

I risultati di quella guerra hanno portato un nuovo ordine mondiale; è nata l’Organizzazione delle Nazioni Unite, con la sua carta di principi basata sul diritto dei popoli all’autodeterminazione. I più importanti di questi principi  sono i valori e i principi di libertà e democrazia, il riconoscimento del diritto internazionale e il diritto umanitario, condivisi dai paesi vincitori della guerra.

La Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite rappresenta uno dei risultati importanti della seconda guerra mondiale, e in essa si chiede di unire gli sforzi dell’umanità per garantire la pace e la sicurezza mondiale e affrontare ogni tipo di minaccia alla pace, rifiutando l’ideologia nazista e fascista e qualsiasi forma di discriminazione razziale o religiosa.

In settantacinque anni abbiamo visto di tutto, nel bene e nel male; i popoli si sono liberati dal vecchio colonialismo, per cadere, dopo, sotto il ricatto economico o militare delle grandi potenze occidentali. Con la fine dell’Unione Sovietica e la guerra all’Iraq, l’ordine mondiale è diventato unilaterale, e solo nelle mani degli Usa. La situazione è peggiorata con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, Trump che sbeffeggia l’ONU, le sue agenzie e le sue risoluzioni, che, per quanto poco possano valere,  sono coerenti con il dettato della Carta.

L’amministrazione Trump sta distruggendo e violando le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, in particolare per quanto riguarda la questione palestinese e il conflitto israelo -palestinese.

Da ricordare il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme Est, la chiusura dell’ufficio dell’Olp, il taglio dei fondi all’Autorità Nazionale Palestinese, fino al cosiddetto “Piano del secolo”, che liquida la questione palestinese, e rinnega perfino i famigerati accordi di Oslo, firmati proprio alla Casa Bianca. Un piano scritto e suggerito dal capo del governo di occupazione israeliano, e dal colono sionista ambasciatore Usa a Tel Aviv, nonché dal genero di Trump.

I palestinesi da 72 anni continuano a vivere resistendo contro l’occupazione militare e il regime di apartheid israeliano, che con la legge fondante sull’ebraicità dello Stato, cioè l’assurda concezione di uno Stato riservato agli ebrei, ha dato mano libera contro i diritti dei palestinesi, contro il 20% della popolazione israeliana, e mano libera per l’annessione di una grande parte della Cisgiordania, cioè la valle del Giordano e la catena di colonie ebraiche, allo stato occupante, con il sostegno nord-americano e il complice silenzio occidentale.

Il 14 maggio Israele celebra la propria nascita, ma per i palestinesi e per gli arabi è il giorno della Nakba, della catastrofe, un ricordo amaro, ma anche un giorno di lotta e di conservazione della memoria viva di un intero popolo, che da più di un secolo non ha mai smesso e non smetterà mai di lottare e rivendicare il suo diritto inalienabile a vivere in pace sulla sua terra.

Mi ha sorpreso, amaramente, l’invito di papa Francesco, che ha accolto la proposta dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana affinché il prossimo 14 maggio i credenti di tutte le religioni si uniscano spiritualmente in una giornata di preghiera e digiuno, per implorare Dio di aiutare l’umanità a superare la pandemia di Coronavirus”. 

La mia sorpresa non è la preghiera, ma la scelta della data del 14 maggio, perché, nella vita come nella politica o nella religione, le scelte non vengono per caso; sembra piuttosto l’espressione della volontà, attentamente studiata, di far coincidere la preghiera con il giorno della nascita dello Stato sionista e la dichiarazione che proclama Gerusalemme come sua capitale, in un momento in cui il governo di estrema destra israeliano continua con il suo piano di annessione delle terre palestinese.

Occorre consapevolezza della serietà di questi tempi e di ciò che significano e simboleggiano le scelte che si fanno, al di là della dimensione religiosa. E concordo con  Heba Jamal Aldin, professore di scienze politiche presso l’Istituto Nazionale di Politica Estera del Cairo, che ha indirizzato un messaggio allo sceicco di Al-Azhar e agli ecclesiastici islamici, avvertendo di questo maldestro invito e chiedendo loro di rifiutarlo.

E chiedo a Papa Francesco, che ha buone relazioni con la Palestina e i palestinesi, di riconsiderare la data di quell’invito, e di fare piuttosto una preghiera a favore dei cinquemila prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, lasciati in preda al corona virus dalle autorità israeliane.

A 75 anni dalla vittoria contro il nazifascismo e 72 anni di Nakba, e in piena lotta contro la pandemia covid19, l’unica certezza è che tutto si muove e si trasforma in nuove realtà, e che, se questo selvaggio capitalismo non è mai stato il nostro destino, non lo sarà neanche il sionismo mondiale.

Per la Palestina e per il diritto al ritorno, i palestinesi continueranno la loro lotta e la loro resistenza contro l’occupazione sionista, insieme a tutti gli amanti del diritto, della libertà e della giustizia.

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1 Commento


  • Leonarda Rondino

    Non credo che papa Francesco abbia scelto la data del 14 maggio perché è la data di nascita dello stato israeliano, mi srmbra ingeneroso da parte del redattore dell’articolo nei confronti di un papa che non ha mai abbandonato i palestinesi. Ricordo che in Vaticano esiste una ambasciata palestinese, l’unica. Ricordo, anche, che le risoluzioni ONU che vengono disattese sono, essrnzislmente, dell’assemblea ONU.

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