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Respect my existence or expect my resistence

L’America è in fiamme.

La proclamazione del coprifuoco da parte di un mumero sempre più alto di sindaci e l’intervento sempre più esteso della “Guardia Nazionale” non hanno sortito alcun effetto dissuasivo nei confronti della legittima rabbia, scoppiata dopo l’uccisione del 46enne afro-americano George Floyd, lunedì scorso.

Donald Trump non fa altro che gettare benzina sul fuoco, invitando a fare più arresti, lodando l’approccio muscoloso delle varie forze repressive chiamate a ristabilire “legge e ordine” e criticando i governatori per un loro atteggiamento troppo soft.

L’inquilino della Casa Bianca diviene paladino della “LAW AND ORDER”, come ha tweettato domenica notte, ma è ormai più simile alla caricatura di uno sceriffo di un film western che ad uno statista.

Greg Popovich, decano degli allenatori della NBA, coglie la sostanza dell’inconsistenza di The Orange Man quando afferma: “è incredibile. Se Trump avesse un cervello, anche cinico al 99% uscirebbe li fuori dicendo qualcosa che possa unire le persone. Solo che non gliene frega nulla di unirci, nemmeno ora. Ecco quanto è squilibrato. È abbastanza facile capire cosa andrebbe fatto. Ci serve un presidente che dica semplicemente ‘black lives matter’. Solo queste 3 parole. Ma non lo farà mai. Non lo farà mai perché è molto più importante tenere calmo quel piccolo gruppo di seguaci che appoggia la sua follia”.

Trump non è che il prodotto di un impero al tramonto, in un sistema crepuscolare, marcio fino al midollo come indica il movimento reale in corso, che sta mostrando al mondo fino a che punto le contraddizioni su cui poggiava l’american way of life siano maturate fino a scoppiare.

Che venga presa di mira dalle proteste direttamente la “Casa Bianca”  non è un dato accessorio, ma rivela la politicizzazione “in corso” e la delegittimazione non di un singolo, ma dell’intero establishment.

Questo nuovo movimento si esprime sia attraverso manifestazioni pacifiche, spesso comunque represse dalla polizia o prese di mira da esponenti dell’estrema destra statunitense fiancheggiatrice di Trump – più o meno com’era successo con le mobilitazioni di “Occupy Wall Street” una decina di anni fa – sia attraverso vere e proprie insurrezioni urbane che, per estensione e violenza, possono essere paragonate  più a quelle che incendiarono la prateria statunitense a fine anni sessanta che non a quelle più recenti (e circoscritte), iniziate a Ferguson e terminate a Baltimora 6 anni fa.

Forse gli storici scriveranno dell’Estate di Minneapolis, così come scrissero dell’Estate di Watts.

Ci sono state fino a domenica sera mobilitazioni in circa 140 città – stando alla mappatura fornita dal New York Times -, più di 4100 persone sono state arrestate ed in 21 Stati è intervenuta la Guardia Nazionale, mentre aumenta il numero delle morte collegate alle proteste.

A Louisville, nel Kentucky, la National Guard ha ucciso di notte un manifestante – stando alle versione fornita – sparando per rispondere a colpi d’arma da fuoco provenienti dalle file di chi protestava.

La città era stata teatro del brutale assassinio, il 13 marzo scorso, di Breonna Taylor, uccisa per “errore” durante un’incursione della polizia in casa propria.

L’establishment democratico, che a parole si fa alfiere delle rivendicazioni di giustizia sociale, continua a condannare la legittima violenza degli insorti.

L’ultimo a prendere parola è stato Barack Obama, ribadendo questo tipo d’impostazione ed addirittura offrendo la propria disponibilità a “consigliare”. Non è superfluo ricordare che la narrazione di una America post-razziale svanì con l’ultimo ciclo di proteste, in seguito a diversi episodi di violenza del tutto simili a quello avvenuto la settimana scorsa a Minneapolis, mentre il primo presidente afro-americano stava completando il suo secondo mandato.

Verrebbe da dire che un bel tacer non fu mai scritto.

Astead W. Herdon ha scritto un brillante articolo sul New York Times in cui mette in luce i limiti con cui l’establishment democratico sta affrontando la questione, ad una manciata di mesi dalle elezioni presidenziali di novembre.

Il “riportare gli Stati Uniti allo status quo ante Donald Trump” – lo slogan dello sfidante Joe Biden, uscito vincitore dalle primarie democratiche – non sembra proprio essere esaustivo per la componente afro-americana.

Black americans” scrive Herdon “hanno un messaggio per i democratici: non essere Trump non è abbastanza”.

Di fronte alla crisi devastante che sta colpendo in particolare la componente afro-americana, la moderazione della risposta dei Democrats è per certi versi disarmante.

Come ha detto in una trasmissione televisiva il reverendo Jesse Jackson, storica figura del movimento per i diritti civili afro-americani, a suo tempo anche un outsider democratico, “i nostri bisogni non sono moderati”.

Siamo infatti di fronte ad una triplice crisi per gli afro-americani e per le porzioni più precarie della popolazione americana.

Una crisi sanitaria – ¼ dei 100 mila morti per Covid-19 erano neri, nonostante siano solo il 13% della popolazione; una crisi occupazionale – buona parte dei 41 milioni che hanno perso lavoro (e quindi l’assicurazione medica) sono afro-americani; una crisi abitativa dovuta ai possibili sfratti degli affittuari, mentre i titolari di un mutuo sono stati relativamente tutelati dall’inizio della Pandemia.

Oltre a questo, una situazione di vulnerabilità di fronte alle forze di polizia e al sistema giudiziario che è una costante e testimonia il tragico fallimento delle politiche “riformistiche” in questo campo.

E proprio da questo fallimento eclatante, nonostante i soldi investiti per la “formazione” della polizia che prende le mosse l’editoriale della prestigiosa rivista di contro-informazione nord-americana “The Intercept”, che abbiamo tradotto.

Nulla è cambiato negli ultimi 5 anni, a cominciare da quello che è l’epicentro delle attuali mobilitazioni, cioè Minneapolis. Ma lo stesso copione è pressoché identico in tutte le città teatro di omicidi polizieschi, relative mobilitazioni e promozione di “riforme” finanziate dai dipartimenti locali.

L’America brucia, se volete sapere perché, quest’articolo vi chiarirà le idee.

Buona Lettura

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La morte di George Floyd a Minneapolis mostra il fallimento della riforma della polizia

Nonostante le proteste contro l’omicidio di George Floyd da parte della polizia abbiano riempito Minneapolis per la terza sera giovedì, e le proteste di solidarietà si siano sparse per le città di tutto il Paese, c’era la sensazione sia che il paese abbia già attraversato tutto questo – troppe volte –, sia che la posta in gioco stavolta sia cambiata.

A Minneapolis, dove la morte di George Floyd per mano dell’agente di polizia Derek Chauvin è stato solo l’ultimo caso di una serie di efferati omicidi da parte delle forze dell’ordine, negli ultimi cinque anni, quelli che sono scesi in strada nel bel mezzo della pandemia di coronavirus sono stanchi ed esasperati.

Anni di pessima condotta e brutalità della polizia locale hanno portato molti a protestare e a parlare della “riforma”. Ma la morte di George Floyd è un pressante rimando al fatto che qui, come in tutto il paese, la riforma della polizia ha fallito, e che è arrivato il momento di qualcosa di diverso.

Loro dicono di essersi formati, ma loro si sono davvero formati, hanno davvero interiorizzato la formazione?”, ha detto Moriah Stephens, un’educatrice speciale, dopo aver protestato vicino alla strada principale che passa attraverso St. Louis Park, il sobborgo dove viveva Floyd, salutando ogni volta che una macchina suonava il clacson per dare supporto. “posso dirti 50 volte quanto la mia vita sia importante, e puoi sentirmi mentre lo dico 50 volte, ma lo farai?”.

Sono stanca di essere arrabbiata, e sono stanca di essere stanca, e sono stufa di veder nuovi hashtags”, ha aggiunto, riferendosi ad un’altra ondata di morte per mano della polizia e ad altri incidenti razzisti in tutto il paese. “Sono fortunata ad essere viva. Posso protestare. Posso urlare. C’è una parte di me che è esausta, devo mettere in campo tutto quello che ho – ho la mia vita e devo usarla, ma sono anche stanca di farlo”.

Stephens, che si è unita alle proteste dopo che la polizia ha ucciso Philando Castile in un sobborgo di Minneapolis nel 2016, ha detto che suo padre è ancora sotto chemioterapia. Era un po’ riluttante ad andare, nel bel mezzo dello scoppio del Covid-19 che ha già ucciso circa 1.000 persone in Minnesota, e come molti manifestanti indossava la mascherina e stava ad una certa distanza di sicurezza dagli altri. “Non dovrei essere circondata dalle persone, ma eccomi qui”.

Nel vicinato di Floyd, i cartelli che le persone portano richiamano, sì, le proteste scaturite subito dopo l’uccisione da parte della polizia, ma presentano anche nuove richieste.

Dicono “I can’t breath” – le ultime parole di George Floyd dopo che Chauvin lo schiacciava sul collo con il ginocchio per più di sette minuti, ma anche le ultime parole di Eric Garner, ucciso sei anni fa da un agente di polizia di New York, facendo scoppiare un movimento contro le violenze della polizia di cui la morte di Floyd è solo l’ultimo capitolo.

Dopo la morte di Garner, come anche dopo la morte di Michael Brown lo stesso anno a Ferguson, in Missouri, e di tutte quelle compiute contro uomini afroamericani e donne afroamericane da parte della polizia da quel momento, i manifestanti hanno chiesto che gli agenti fossero ritenuti colpevoli.

Ma ci sono state nuove rivendicazioni alle proteste di giovedì – come “finanziate le comunità non la polizia” – che fanno sponda ad un nuovo e crescente movimento che chiede non tanto la riforma della polizia e l’obbligo di responsabilità, quanto la sua abolizione, attraverso il definanziamento dei dipartimenti di polizia.

Subito dopo l’uccisione di George Floyd da parte agente del dipartimento metropolitano di polizia Derek Chauvin, e dopo l’aumento della violenza da parte del Dipartimento di Polizia di Minneapolis contro la comunità afroamericana della città, in lutto, Minneapolis ha un disperato bisogno di una leadership visionaria”, il gruppo di Minneapolis Reclaim the block ha scritto in una dichiarazione rivolta al consiglio della città per definanziare il dipartimento di polizia.

Ora è il momento di investire in un futuro libero e sicuro per la nostra città. Non possiamo continuare a finanziare il Dipartimento di Polizia che attacca le vite afroamericane”.

Ci sono stati dei segnali riguardo ad alcuni leader locali, che hanno iniziato a vedere la questione nello stesso modo. Sotto le pressioni degli studenti, l’Università del Minnesota ha annunciato questa settimana che ridimensionerà il suo contratto con il Dipartimento di Polizia di Minneapolis.

L’Università del Minnesota è stata la prima istituzione a tagliare gli accordi con il Dipartimento metropolitano di Polizia (MPD), dopo la morte di George Floyd.

Venerdì pomeriggio, la scuola pubblica di Minneapolis ha approvato una risoluzione per metter fine al contratto fra il distretto scolastico e l’MPD. E i manifestanti vogliono fare nuove azioni per ridimensionare il ruolo della polizia nel suo complesso.

Il sistema non è rotto. Fa esattamente quello per cui è stato progettato; questo è quello che le persone devono mettersi bene in testa”, ha detto Imani Jackson, che è cresciuto a St. Louis Park. “Dobbiamo creare un sistema nuovo”.

Reform is not the answer

Nelle ore successive alla morte di Floyd, era chiaro che il dibattito nazionale sulla violenza della polizia, messo in moto dall’uccisione di Brown e Garner nel 2014, ha finalmente iniziato a cambiare di senso.

Chauvin, come anche i tre poliziotti che sono rimasti in piedi a guardare, senza intervenire, mentre lo stava uccidendo, sono stati prontamente licenziati. Il capo della polizia di Minneapolis Medaria Arradondo, che ha preso la guida del dipartimento tre anni fa in seguito all’ondata negativa causata da un’altra uccisione da parte di un agente, ha chiesto un’investigazione da parte dell’FBI. Il sindaco Jacob Frey ha chiesto che l’agente venga processato.

Venerdì, Chauvin è stato arrestato e accusato di omicidio di terzo grado e omicidio colposo. Un’accusa che sottintende che l’agente non volesse ucciderlo, cosa che ha lasciato amareggiati molti manifestanti.

Le persone non ce la facevano più”, ha detto Sam Martinez, un organizzatore della coalizione di Justice 4 Jamar delle TWIN Cities (Minneapolis). “Il sistema lo sapeva”.

Alcuni membri delle forze dell’ordine e alcuni funzionari eletti in tutto il paese hanno immediatamente denunciato  l’azione dell’agente di Minneapolis (critiche pubbliche che sarebbero state impensabili solo pochi anni fa).

A New York, dove la morte di Floyd ha fatto eco a quelle di Eric Garner e dove almeno 72 dimostranti sono stati arrestati ieri sera durante le manifestazioni di solidarietà, il commissario di polizia Dermot Shea e il sindaco Bill de Blasio hanno condannato su Twitter l’uccisione di Floyd. “Quello che abbiamo visto in Minnesota è stato profondamente disturbante. È stato sbagliato” ha twittato Shea. “Questo è inaccettabile ovunque avvenga”. “Sono sconvolto” ha twittato de Blasio. “George Floyd è stato ucciso alla luce del sole e l’uomo che l’ha ammazzato era un agente di polizia”.

I commenti di De Blasio e Shea sono in aperto contrasto con la loro difesa da parte di Daniel Pantaleo, l’agente che ha ucciso Garner. Pantaleo è stato licenziato 5 anni fa, ma cinque anni dopo la morte di Garner.

C’ha messo cinque anni per fare qualcosa riguardo al caso di Eric Garner, e ora vuole un’azione immediata a Minneapolis”, ha detto Alex Vitale, che guida il Policing and social justice project al college di Brooklyn, facendo eco alle ampie critiche alla dichiarazione di De Blasio.

Anche il Fraternal national Order of Police, il più grande sindacato poliziesco nello stato, e devoto difensore degli agenti coinvolti in uccisioni di persone disarmate negli scorsi anni, ha rilasciato una dichiarazione criticando l’operato dell’agente di Minneapolis.

Basandoci sul video dell’incidente girato da un passante, assistiamo ad un uomo in pericolo che implora aiuto”, ha scritto il gruppo in una dichiarazione che ha fatto subito scalpore in tutte le diramazioni locali del sindacato. “Non c’è alcun dubbio che questo incidente ha sminuito la fiducia e il rispetto che la nostra comunità ha per le donne e per gli uomini delle forze dell’ordine”.

Ma i critici precisano che le condanne dell’opinione pubblica, incluse le forze dell’ordine, sono state più una questione di convenienza politica che per qualche altro motivo. “Penso che questo convenga politicamente a tutti loro”, ha detto Kandace Montgomery, direttore del Black Vision Collective, un gruppo per la giustizia razziale con sede in Minnesota, affiliato a Reclaim the block e al Movement for Black Lives. “A meno che non offrano soluzioni reali e politiche reali per rispondere alla violenza dei dipartimenti di polizia, sono tutte chiacchiere”.

E’ tutto molto bello, ma per me non significa nulla finché non iniziano davvero ad attuare reali cambiamenti rispetto a come fanno affari nei dipartimenti di polizia”, ha continuato Neil Franklin, un maggiore di polizia in pensione e direttore esecutivo della Law Enforcement Action Partnership.

Franklin punta il dito contro la lunga storia di lamentele riguardo agli abusi e all’uso eccessivo della forza di cui è stato accusato l’agente responsabile della morte di Floyd – e verso il fatto che i resoconti della cattiva condotta poliziesca, in tutta la nazione, sono protetti dalla visione del pubblico per colpa dei contratti sindacali che proteggono gli agenti a prescindere dalla loro condotta.

Ora ci sono capi della polizia che stanno esprimendo il loro disgusto per quello che è successo a Minneapolis. Beh, che ne direste di rendere pubblici questi documenti?,” ha detto Franklin. “Se come capo della polizia sei davvero preoccupato per quello che sta succedendo, non solo per il signor Floyd, ma per ogni caso, modifica i contratti sindacali…Dobbiamo cambiare queste leggi così da avere la possibilità di prendere rapidi provvedimenti”.

Ma mentre parlano a favore della più nobile trasparenza – incluso un database nazionale che tracci gli agenti licenziati per cattiva condotta, così che non possano semplicemente muoversi da un dipartimento all’altro – Franklin riconosce che i tentativi di riformare la polizia non sono stati pienamente all’altezza del compito.

La Riforma non è la risposta, c’abbiamo provato per decenni, e come vedete, non abbiamo fatto un passo avanti“, ha detto. “Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma per le forze di polizia negli Stati Uniti. Deve essere completamente smantellato e ricostruito, non c’è semplicemente da cambiare una legge qua e là”.

Stiamo ancora lottando contro un modello di controllo e sicurezza in questo paese che è nato dalla schiavitù in questo paese, che è nato dalla supremazia bianca presente in questo paese”, ha aggiunto. “Questo è il motivo per cui una riforma non può bastare e questo è il motivo per cui non abbiamo avuto un miglioramento o chissà cosa per quello che riguarda la questione razziale, come abbiamo visto con il caso del signor Floyd”.

Infatti, la rapida condanna degli agenti di Minneapolis è stata una testimonianza della profonda crisi che l’apparato di polizia sta vivendo da anni. Questa crisi è stata solo esacerbata dall’attuale emergenza sanitaria ed economica, che ha fatto vacillare le comunità e gli ha fatto sentire che il governo, attraverso le istituzioni, ha fallito come mai prima nella storia.

La polizia ha realizzato che la sua legittimità, qui, è stata sfidata, mentre avrebbero fatto meglio a pensare a qualcosa per uscirsene da questa situazione”, ha detto Vitale, che ha scritto un libro che ha sia anticipato sia informato il crescente movimento per il definanziamento della polizia. “E se questo vuol dire lanciare alcuni agenti sotto un bus, saranno ben felici di farlo”.

La riluttanza dei pubblici ministeri ad accusare gli agenti responsabili per la morte di Floyd è stato un altro piccolo segno di come poco sia cambiato. “Ci sono altre evidenze che non supportano l’accusa di aver commesso un crimine”, ha detto il procuratore di contea Mike Freeman, che fatto il paragone tra la morte di Floyd e quella di Freddie Gray, morto durante la custodia presso la polizia di Baltimora nel 2015 – un raro caso in cui l’agente coinvolto è stato accusato di omicidio dodici giorni dopo l’incidente.

Quel processo si è rivelato alla fine infruttuoso. “Ci si lanciò con troppa fretta verso l’accusa, verso la giustizia”, ha detto Freeman del caso Gray, non considerando il fatto che il caso di Floyd, al contrario di quello, è stato chiaramente ripreso da una telecamera.

Quando è un comune cittadino che viene arrestato e accusato per qualcosa, l’arresto viene realizzato appena sono presenti probabili motivazioni di arresto”, fa notare Franklin, poliziotto in pensione.

A Ferguson, il rifiuto del procuratore capo di accusare l’agente Darren Wilson, nel 2014, ha portato a settimane di proteste dopo che una giuria aveva messo in calendario la discussione del caso, conclusosi però con parere negativo all’avvio del processo.

A Minneapolis, ci sono voluti tre giorni di protesta per far arrestare ed accusare Chauvin. Alcuni manifestanti hanno bruciato diversi edifici, incluso il terzo distretto di polizia, dove lavorava Chauvin. E dopo che le proteste sono scoppiate a Ferguson, Missouri, la polizia ha risposto alle proteste per la morte di Floyd con gas lacrimogeni e proiettili di gomma, ad un certo punto anche con spray urticante sparato da un veicolo in corsa contro un folla pacifica.

Molti manifestanti, come anche qualche giornalista, sono stati arrestati. Il governatore del Minnesota Tim Walz ha chiamato la Guardia Nazionale e, dopo l’arresto di Chauvin, Frey ha imposto il coprifuoco dalle otto di sera per il weekend.

Il presidente Donald Trump, come aveva fatto Barack Obama dopo la morte di Fredie Gray a Baltimora, ha chiamato i manifestanti “teppisti”. Diversamente da Obama, invece, Trump ha anche minacciato di sparargli addosso.

Infatti, la morte di Michael Brown a Ferguson ha inaugurato un periodo della riforma della polizia che ha visto il governo locale e quello federale investire pesantemente nella formazione dei poliziotti, incluso l’aspetto dei pregiudizi razzisti, e sulla tecnologia come le telecamere individuali che gli agenti hanno promesso di portare, per essere obbligati a rispondere delle proprie azioni. La morte di Floyd ha riportato alla memoria che quelle riforme hanno fallito.

Tutto questo è successo dopo cinque anni nei quali ci è stato detto ‘Non preoccupatevi, stiamo facendo dei corsi di formazione’”, ha detto Vitale. “la formazione per sbollire gli animi, la formazione contro i pregiudizi razziali, la formazione per la consapevolezza… perché le cose non stanno migliorando?

Dopo l’evidente montatura del fallimento della riforma della polizia, alcuni dipartimenti e alcuni sindacati hanno iniziato a sposare delle spiegazioni di responsabilità individuale di “poliziotti cattivi” i quali, secondo loro, non rappresentano tutta l’istituzione. Ma mentre i manifestanti continuano a chiedere che i singoli agenti vengano arrestati e giudicati, c’è una crescente cognizione riguardo al fatto che la cattiva condotta della polizia continuerà, indipendentemente da quante riforme faranno i politici, fino a quando la sicurezza sarà su questa scala.

Sono disperati. Vedono che hanno un grande problema di responsabilità e che ci sono campagne attive che vogliono portargli via i soldi”, ha detto Vitale. “Tutta questa idea di mandare in galera i poliziotti colpevoli come un modo per risolvere la questione è completamente ingenua e sbagliata. Anche quando sono condannati, cosa in sé molto rara, Non c’è veramente nessuna evidenza che questo risolva in un cambiamento l’attuale gestione della sicurezza”.

Ridurre la grandezza dei dipartimenti di polizia contenendo i loro finanziamenti, spiegano sia lui che altri, sarà efficace nel ridurre la violenza poliziesca molto più di ogni costoso tentativo di migliorare la polizia. “Questi movimenti sul ‘definanziare e i fondi alternativi’ sono molto più minacciosi per i capi della polizia, il che spiega perché si stanno piegando alla situazione cercando di uscirne il più in fretta possibile”, ha detto Vitale. “Le persone nel movimento stanno cambiando idea: non stanno chiedendo più telecamere sul corpo e più formazione. Sempre più persone dicono ‘che si fottano, prendetegli tutti i soldi’”.

Il dibattito è cambiato

Il movimento contro la violenza della polizia ha preso piede in Minnesota dopo che la polizia ha ucciso Jamar Clark, nel 2015. Il ventiquatrenne di colore è stato colpito alla testa da due agenti che hanno detto di aver agito per auto-difesa, una storia che alcuni testimoni hanno contestato.

Subito dopo la sua morte, i membri della comunità hanno bloccato l’Interstatale 94 ed hanno occupato il quarto distretto di polizia nel nord di Minneapolis, per più di due settimane. Nonostante l’intenso coordinamento di alcuni gruppi come la Coalizione Justice 4 lamar di Twin Cities, un’indagine interna del dipartimento di polizia di Minneapolis ha stabilito che i due agenti che avevano ucciso Clark non avevano fatto molto che violasse “la politica del dipartimento”.

Da quel momento, i movimenti locali hanno spinto per avere giustizia per le famiglie delle vittime nei successivi casi di violenza della polizia in Minnesota. Fra le persone uccise c’è Philando Castile, un automobilista afroamericano di 32 anni, fermato dalla polizia di St. Antonio nel sobborgo di Falcon Heights, nel 2016, la cui ragazza ha filmato in live streaming il poliziotto che sparava al ragazzo nel momento in cui lui provava a prendere il portafoglio.

Nel 2017, Justine Ruszczyk, conosciuto come Justine Damond, una donna bianca di 40 anni, si stava avvicinando ad una macchina della polizia di Minneapolis per denunciare un probabile assalto sessuale quando il poliziotto, sorpreso, le ha sparato e l’ha uccisa.

Nel 2018, il filmato della telecamera posizionata sul corpo ha rivelato come un poliziotto di Minneapolis avesse accusato ingiustamente Thurman Blevins, un uomo di colore di 31 anni che dicevano fosse armato, e gli aveva poi sparato uccidendolo.

Jeronimo Yanez, l’agente che ha ucciso Castile, è stato assolto, e i procuratori hanno rigettato di approfondire l’accusa contro l’agente che aveva ucciso Blevins.

Mohamed Noor, che ha ucciso Ruszczyk, è stato condannato a 12 anni di prigione – ma è una sentenza che molti ritengono sia arrivata solo perché Ruszczyk era bianca e Noor nero. Alla sua famiglia è stato concesso un risarcimento di 20 milioni di dollari.

Almeno una dozzina di progetti di legge per la riforma della polizia, dal 2015, hanno fallito nel fare significativi passi avanti nella legislatura statale. Il più recente tentativo risale al luglio scorso, con la creazione di una task force – poliziotti compresi – contro la brutalità della polizia. Dopo una serie di ascolti pubblici, il gruppo ha rilasciato una lista di 28 proposte di riforma in febbraio, inclusa la creazione di un’unità speciale nel Bureau of Criminal Apprehension per indagare sulle vicende di forza letale. Poi è arrivato il Covid-19, e le azioni successive richieste dalla legge dello stato sono cadute.

Sulla scia della morte di Michael Brown a Ferguson e di una serie di altri omicidi di polizia, nel 2014 Minneapolis è diventata una delle sei città pilota dell’Iniziativa Nazionale per la costruzione della fiducia e della giustizia della comunità. Un programma multimilionario che, nell’era Obama, è stata la risposta dell’amministrazione alla richiesta nazionale di assunzione di responsabilità della polizia.

L’iniziativa, ampiamente replicata nei dipartimenti di polizia di tutto il paese, ha promosso un approccio “di comunità” della polizia in risposta alle critiche sulla cosiddetta polizia-a-vetri-rotti e sullo stop-and-frisk di New York.

L’idea generale era che se la polizia avesse avuto una formazione migliore (quindi più soldi per l’addestramento della polizia), se avesse usato la tecnologia con maggiore responsabilità e se gli agenti di polizia fossero stati più rispettosi quando interagivano con la comunità, ciò avrebbe promosso un una migliore idea di polizia e una maggiore cooperazione con le forze dell’ordine“, ha affermato Nancy Heitzeg, professore di sociologia presso la St. Catherine University di St. Paul, che ha studiato l’iniziativa.

Questa era la teoria“, ha detto. “E cosa dice dei limiti delle riforme secondo cui la città di Minneapolis e il dipartimento di polizia di Minneapolis abbiano potuto far parte di un progetto nazionale pluriennale di svariati milioni di dollari per migliorare le relazioni della comunità con la polizia, e dopo tutto questo, eccoci qui?

Dopo anni di investimenti nel miglioramento delle attività di polizia senza risultati visibili, il discorso è cambiato“, ha aggiunto. “C’è molta più consapevolezza pubblica e di un discorso sull’abolizione, su cosa significhi e che aspetto potrebbe avere. … Penso che le persone siano state radicalizzate da Jamar Clark e Philando Castile. E poi hanno visto le contraddizioni intorno a Justine Damond.

Montgomery, direttore del Black Visions Collective, ha affermato che gli organizzatori sono stanchi di chiedere procedimenti giudiziari. “Stiamo superando il discorso di perseguire la polizia e i singoli ufficiali, perché cambia nulla. Non impedisce un altro Philando Castile o George Floyd“, ha detto Montgomery. “Per me e molti dei miei compagni, la riforma della polizia è irrilevante.

Alcune richieste sono passate al controllo della comunità. L’organizzatore Sam Martinez ha dichiarato a The Intercept che la “Coalition for Justice for Jamar” vuole qualcosa di simile a un consiglio comunale o un consiglio scolastico per gestire la polizia: controllare il suo budget, approvare i contratti sindacali e decidere le azioni disciplinari. Martinez afferma che questo consiglio dovrebbe essere sostanzialmente diverso dai precedenti comitati di revisione della polizia civile, che le forze dell’ordine hanno per lo più ignorato.

Da parte sua, il sindaco Jacob Frey, che aveva criticato la polizia durante una campagna elettorale svoltasi dopo l’uccisione di Ruszczyk, lo scorso anno ha aumentato il budget della polizia di oltre 8 milioni di dollari, come parte dello sforzo di mettere più agenti in strada. Ha definito il suo marchio di riforme della polizia “orientate alla comunità“, in cui un maggior numero di funzionari doveva costruire relazioni più forti con i membri della comunità.

Nel frattempo, il sindacato di polizia locale ha mantenuto un forte dominio sulla sorte dei tiepidi sforzi di riforma da parte del sindaco. Quest’estate, Frey ha vietato agli agenti di polizia di partecipare a corsi di formazione “in stile guerriero”, che promuovono un atteggiamento secondo il quale minacce letali alla polizia sono ovunque.

Yanez, l’ufficiale che ha ucciso Castile, aveva partecipato a uno di questi addestramenti. In risposta, il capo del sindacato di polizia di Minneapolis, Bob Kroll, un appassionato sostenitore di Trump, ha dichiarato che il sindacato avrebbe offerto l’addestramento gratuito a qualsiasi ufficiale che lo desiderasse.

Montgomery sostiene che il fallimento economico della polizia è l’unica via significativa da seguire. “Per troppo tempo abbiamo investito ingenti somme di denaro in un’istituzione che continua a dimostrarsi fallimentare e inadeguata a soddisfare le esigenze di sicurezza della nostra comunità“, ha affermato Montgomery.

Venerdì mattina, gli organizzatori di Reclaim the Block hanno consegnato una petizione ai membri del consiglio comunale di Minneapolis, chiedendo che accettino di non aumentare mai più il finanziamento della polizia, tagliare l’attuale budget di 45 milioni di dollari per aiutare a gestire le carenze di Covid-19, investire in comunità guidate strategie di salute e sicurezza, e lavorare per costringere il dipartimento di polizia a smettere di usare violenza contro i membri della comunità. Ai funzionari eletti è stato dato un tempo, fino alle 8 di sabato, per rispondere.

La mia più grande speranza è che il nostro consiglio comunale, il nostro sindaco, la gente di tutto il paese approfittino di questa opportunità per cercare soluzioni che in realtà ci tengano al sicuro e lontano dalla polizia“, ​​ha detto Montgomery. “La mia paura è che ci accontenteremo di qualcosa che sembra giustizia ma non cambierà il nostro futuro“.

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1 Commento


  • Manlio Padovan

    Non bisogna dimenticare che gli USA sono nati dalla feccia d’Europa e non potevano che diventare la feccia del mondo

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