Come porzioni importanti di classe lavoratrice – la più esposte durante la pandemia – abbiano reagito negli Stati Uniti, non è certo un argomento che sia finito dentro il cono di luce dei media, sia USA che in Italia.
La working class più a rischio ha messo in atto un’inedita ondata di “scioperi selvaggi” e modalità organizzative, per certi versi simili a quelle che si erano sviluppate durante la “Grande Depressione”, vera culla dell’organizzazione industriale che darà luce alla CIO nel 1935, prima che questa si fondesse con l’altra grande centrale sindacale di “mestiere”, l’American Federation of Labor a metà degli anni ’50.
Potremmo parlare di una “nuova composizione di classe” durante la pandemia, in cui in particolare le cosiddette “minoranze etniche” hanno assunto la leadership, dando nuovo slancio pur in una condizione di ricatto infernale, tra la necessità di lavorare da un lato per potere sopravvivere e dall’altra quella di tutelare la propria salute e quella dei propri cari.
E sono tutte da indagare le connessioni tra questo slancio di un nascente “nuovo movimento operaio”, gli attivisti che lo promuovono ed il movimento che sta prendendo forma da due settimane. Un movimento che vede alcuni figure lavorative trainanti della resistenza operaia protagoniste anche di queste mobilitazioni: dal personale medico agli autisti…
Quello che sta avvenendo negli USA rimette al centro una questione importante – quella tra “crisi ed organizzazione operaia” – oltre al ruolo che le porzioni organizzate della classe ed il sindacalismo “Rank and File” possono avere all’interno di un movimento politico-sociale più complessivo, che esprime bisogni immediati – dalla necessità di mangiare (1/5 della popolazione statunitense soffre di penuria alimentare) a quella di non essere sfrattata, perché chi era sottoscrittore di un mutuo ipotecario è stato tutelato, se non altro per evitare il possibile effetto domino su una parte della finanza USA, che si regge su questo “sottostante”.
Si è aperto, durante la pandemia e prima delle attuali rivolte, un nuovo spazio politico, snobbato dall’establishment del Partito Democratico e non sufficientemente valorizzato dagli stessi outsider al suo interno – Sanders in testa – più preoccupati di pressare su Joe Biden, che dalla fine della settimana scorsa è candidato ufficiale dei democratici, avendo raggiunto la maggioranza dei delegati che si esprimerà nella futura Convention a Milwaukee.
I tentennamenti di Sanders nel dare indicazioni chiare alla base mobilitata per la campagna delle primarie democratiche hanno probabilmente privato questa nuova resistenza operaia della “massa critica” sufficiente per tornare ad essere un fattore determinante della dinamica politica complessiva, mentre una parte importante dell’ossatura organizzativa messa a disposizione dai DSA per il “movimento” di Sanders aveva detto, con l’uscita di scena del senatore socialista del Vermont dalle primarie, che non avrebbe appoggiato Biden.
La situazione che si è venuta a creare da due settimane cambia però la situazione.
Se volete capire anche perché l’establishment democratico sia “a prescindere” fuori dalle dinamiche di classe e strutturalmente incapace di rappresentare politicamente quello che si sta muovendo, il contributo che abbiamo qui tradotto di Mike Davis vi darà delle suggestioni utili.
In una situazione non facile, una parte della classe ha iniziato a muoversi anche “nel ventre della bestia”. Il Partito Democratico era ben più preoccupato di votare provvedimenti bipartisan con i repubblicani per salvare il capitalismo a stelle e strisce, e la sua parte migliore di outsider forse non ha registrato il cambio di passo necessario tra “rappresentare” la delegittimazione della classe dirigente – anche democratica – e diventare punto di riferimento di un movimento reale e della sua prassi trasformativa.
Buona lettura
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È tempo di porre fine alla guerra fasulla e di riprendersi le strade
di Mike Davis
https://www.thenation.com/article/society/call-revolt-solidarity-coronavirus/
Nel romanzo di William Styron del 1979 “Sophie’s choice” (La scelta di Sophie, ndt), il film che ha fatto vincere a Meryl Streep un “Academy award”, una giovane polacca di nome Sophie Zawistowska arriva ad Auschwitz con i suoi due figli. Prega un medico nazista del campo di concentramento di non mandare i suoi figli nelle camere a gas. Lui le offre una scelta sadica: ne permetterà a uno di vivere, ma lei deve scegliere quale. Altrimenti li gaserà entrambi.
Immaginate un’altra Sophie: una mamma single di 34 anni di Rock Springs, Wyoming, che fa la cameriera in un’enorme e affollata stazione di servizio per camionisti sulla Interstate 80. C’è un’alta incidenza del coronavirus in ambienti come questo, ma il suo capo le proibisce di indossare una mascherina, dicendo: “Gli autisti vogliono vedere il tuo sorriso”.
Il suo ex è stato licenziato dal suo lavoro di manovale in un vicino campo petrolifero e non può pagare gli alimenti. È in ritardo di un mese sul mutuo e ha un disperato bisogno di un reddito. Ma sua madre, che vive con lei e si prende cura del bambino di Sophie mentre lei fa il turno di notte, ha un grave enfisema e si affida a una bombola di ossigeno. Come fa a scegliere tra il suo lavoro e il rischio di trasmettere l’infezione alla madre?
Decine di milioni di lavoratori americani hanno dovuto fare o dovranno fare l’equivalente della scelta di Sophie. Un sondaggio del Washington Post/Ipsos all’inizio di maggio ha rilevato che più di un terzo delle persone che lavorano fuori casa avevano una grave condizione di salute preesistente, o in casa qualcuno gravemente malato. «Circa 7 lavoratori neri e ispanici su 10 hanno dichiarato di essere preoccupati di far ammalare un membro della famiglia in caso di esposizione al lavoro», ha scritto il Post.
In alcuni stati e industrie, le persone sono costrette a tornare a lavorare in condizioni di pericolo, ancora senza un’adeguata protezione. Migliaia di persone sono morte a causa del rifiuto senza cuore di Donald Trump di utilizzare tutti i poteri di cui disponeva in base alla “Legge sulla difesa della produzione” per aumentare la produzione di dispositivi di protezione individuale (DPI), ma egli ha invocato con forza la legge per costringere i dipendenti dell’industria della carne a tornare alle linee di lavorazione, dove stanno spalla a spalla per lunghe ore in un ambiente freddo – un ambiente quasi insicuro come quello di una prigione o di una casa di cura.
La United Food and Commercial Workers, che rappresenta i dipendenti del settore del confezionamento della carne e di altre catene di distribuzione alimentare e di drogheria, ha riferito alla fine di aprile che almeno 74 membri sono morti a causa di infezioni da coronavirus contratte sul posto di lavoro.
Il Dipartimento del Lavoro, nel frattempo, ha stabilito che i lavoratori che si rifiutano di tornare al lavoro per paura di infezioni non possono beneficiare di sussidi di disoccupazione estesi; ha minacciato che alcuni potrebbero essere considerati come potenziali criminali impegnati in «frode sulla disoccupazione». Su richiesta del dipartimento, l’Ohio e l’Iowa hanno istituito delle linee dirette su internet per consentire ai datori di lavoro di segnalare anonimamente tali individui. Gli schiavi recalcitranti devono essere riportati al lavoro.
A meno che non reagiscano. Rifiutandosi di morire per profitto o di mettere in pericolo i membri della famiglia, i lavoratori di rango si sono ribellati su una scala che non si vedeva dall’inizio degli anni Settanta. Dalla metà di marzo, l’utile cronologia della lotta di classe per Covid-19 mantenuta da Marx21 ha registrato almeno 350 azioni sul lavoro. Il numero reale potrebbe arrivare a 500, e cresce ogni giorno.
Mentre il National Nurses United, il Service Employees International Union, il Service Employees International Union, il United Electrical, Radio and Machine Workers of America, e alcuni altri sindacati hanno sponsorizzato i walkouts (letteralmente “camminare, andare fuori”), la maggior parte sono state proteste informali o scioperi a gatto selvaggioo, spesso coordinati da campagne di organizzazione militante come Amazonians United, Whole Worker, Fight for $15, Target Workers Unite, e il Gig Workers Collective.
Anche se alcuni possono ricevere sostegno e finanziamenti dal SEIU e da altri, si tratta di gruppi autonomi impegnati a organizzarsi all’interno secondo le modalità del primo Congresso delle Organizzazioni Industriali (CIO). Si sono riuniti per organizzare lo Sciopero Generale dei Lavoratori Essenziali a livello nazionale il giorno di maggio, quando i dipendenti sono rimasti a casa o hanno manifestato durante l’ora di pranzo.
La ribellione sventola naturalmente una bandiera arcobaleno. Fin dall’inizio, gli operai afroamericani – compresi gli autisti di autobus a Detroit e Birmingham, i lavoratori del pollame in Georgia, i magazzinieri Kroger a Memphis, gli addetti ai servizi igienici a Pittsburgh e New Orleans, e i lavoratori del fast food a Chicago e nella Carolina del Nord – sono stati in prima linea nel condurre gli scioperi a gatto selvaggio contro le insicure condizioni di lavoro.
Anche le infermiere asiatico-americane si sono trovate fuori dagli ospedali in diverse decine di proteste che chiedevano il DPI. Gli immigrati messicani sono la spina dorsale della resistenza negli stabilimenti di lavorazione della carne del Midwest e nella Yakima Valley di Washington, che ha il maggior numero di infezioni pro capite della costa occidentale. Otto impianti di confezionamento della frutta sono in sciopero in una zona nota per la brutale repressione delle campagne di lotta organizzate dai contadini.
Il nuovo movimento ha dato prova di genio tattico nel rendere sicure le proteste facendo rivivere le vecchie armi segrete del CIO: picchetti automatici e convogli di solidarietà. Il Fight for 15$ a Los Angeles e Chicago, dove le richieste includono l’indennità di rischio, il congedo per malattia e il DPI, ha ripetutamente mobilitato i membri a girare lentamente in fila per interrompere gli affari non sicuri come al solito al McDonald’s, El Pollo Loco, e altri importanti franchising.
A Chicago la locale sezione del Democratic Socialists of America ha sostenuto la campagna con carovane di cartelli.
Non si tratta di semplici agitazioni di rivolta, ma di un’insurrezione sempre più estesa, guidata dalle basi. Ma non aspettatevi di sentirne parlare molto sulla CNN o sul Washington Post. La maggior parte delle redazioni sono invece ipnotizzate dalle folle armate sui gradini delle capitali di Stato che gridano per la fine della quarantena (i neonazisti con fucili d’assalto garantiscono sempre una copertura in prima serata; ecco perché gli accorti tattici mediatici dell’area trumpiana promuovono la loro partecipazione).
Questo movimento di riapertura, naturalmente, è completamente orchestrato dall’alto verso il basso dagli stessi operatori di destra e dagli stessi sponsor miliardari che hanno ideato il Tea Party. Ci sono due reti coinvolte. La prima, Save Our Country, caldeggia l’alleanza tra FreedomWorks, Tea Party Patriots, l’American Legislative Exchange Council e l’anti-aborto Susan B. Anthony List, con sontuosi finanziamenti da parte di petrolieri, appaltatori della difesa e interessi legati alla famiglia DeVos. L’altra, Open the States, che gestisce la principale piattaforma digitale per le proteste, nasce da un progetto originariamente finanziato dal miliardario dei fondi speculativi Robert Mercer, il più importante finanziatore di Trump nel 2016.
Come hanno dimostrato in innumerevoli occasioni dai tempi di Ronald Reagan e della “Tax revolt”, i conservatori hanno una comprensione sofisticata del ruolo delle folle arrabbiate e delle dure proteste nella vittoria delle elezioni e nel controllo del potere. Nel frattempo, nessun democratico centrista penserebbe mai di lanciare forconi alla base; il loro ruolo, piuttosto, è quello di disarmare i movimenti che li hanno messi al potere.
Questa sembra essere certamente la mentalità nelle stanze del team Biden; altrimenti il suo campo si sarebbe reso conto all’inizio di marzo di quale eccezionale opportunità esistesse per costruire un movimento di protesta nazionale intorno alla sicurezza dei lavoratori e al rifiuto di Trump di nazionalizzare e velocizzare la produzione di kit di prova e DPI.
Cosa sarebbe successo se il “buon vecchio Joe”, vestito in modo sicuro, avesse fatto un picchetto con le infermiere in sciopero o si fosse immerso nella tesoreria della sua campagna per finanziare annunci pubblicitari costruiti intorno alle storie di persone come Sophie la cameriera?
Allo stesso modo, i Democratici avrebbero potuto correre in soccorso delle moltitudini che muoiono nelle case di cura perché i proprietari – società di private equity reazionarie e partnership piratesche – erano fondamentalmente nel business di fregare Medicare invece di creare ambienti sicuri e senza infezioni per i loro residenti. Nancy Pelosi avrebbe potuto programmare delle udienze d’emergenza in aprile per esporre il massacro e chiedere un immediato intervento federale.
Invece ha governato la Camera con il pugno di ferro, costringendo le sue truppe a votare per i progetti di legge bipartisan che hanno concesso centinaia di miliardi di dollari di aiuti alle grandi aziende e ai ricchi proprietari di società non sindacali. Solo una manciata di progressisti, guidati da Alexandria Ocasio-Cortez e Pramila Jayapal, hanno resistito alle pressioni di accettare tali compromessi senza protestare.
Chi di noi ama Bernie Sanders deve riconoscere che non è stato una controffensiva adeguata contro l’inazione e il cretinismo parlamentare della leadership del Partito democratico sotto Pelosi e Biden. Come sempre, Sanders applaude gli scioperanti e spinge soluzioni a favore dei lavoratori, ma la sua energia sembra principalmente concentrata sulla negoziazione con Biden sul ruolo delle politiche progressiste e sui componenti nella nuova amministrazione.
Di conseguenza, decine di migliaia di attivisti scoraggiati e disorientati – giovani che altrimenti potrebbero ruggire come leoni per strada – aspettano a casa le istruzioni che non arrivano mai. La decantata “dialettica della campagna come movimento e viceversa” appare sempre più come un percorso a senso unico verso una destinazione molto tradizionale.
Ma né le famiglie lavoratrici, né i giovani adulti disoccupati, possono aspettare l’inaugurazione di Biden, un secondo New Deal o la Resurrezione. La crisi, le scelte impossibili, sono qui e ora. In alcuni degli Stati zone-rosse che hanno riaperto i battenti in anticipo, il numero dei decessi è di nuovo in aumento, e non arriverà alcun vaccino per almeno sei mesi per rendere sicuri i luoghi di lavoro.
Anche i governi locali e statali, le scuole pubbliche e il servizio postale degli Stati Uniti vivono in condizioni di precarietà, e senza i quasi mille miliardi di dollari di aiuti promessi nel disegno di “Legge sugli eroi” dei Democratici, non saranno presto in grado di sostenere i costi dell’ampliamento di Medicaid e della copertura della disoccupazione, di mantenere aperti gli ospedali pubblici, di gestire le scuole pubbliche ai livelli del 2019, o di prevenire ulteriori e massicce perdite di posti di lavoro nel settore pubblico.
Al Senato, le “Leggi di soccorso” di Mitch McConnell non contengono alcun pacchetto di salvataggio per il settore pubblico, mentre chiedono aiuti massicci per le compagnie aeree e altri importanti datori di lavoro del settore privato. I Repubblicani, affrontando i Democratici con l’apocalisse da governo conservatore, si aspettano ancora una volta che Pelosi e Chuck Schumer facciano compromessi devastanti.
I Democratici progressisti al Congresso, le legislature statali e i governi delle città dovrebbero rifiutarsi di pagare un prezzo in vite umane per il bene dell’unità del partito e per un sollievo. È tempo di porre fine alla guerra fasulla e di riprendersi le strade.
Il primo passo è quello di sostenere e pubblicizzare ogni esempio di resistenza sul posto di lavoro, così come la crescente ondata di scioperi e lotte per salvare il servizio postale e l’istruzione pubblica. Il secondo dovrebbe essere un appello per una “Giornata Nazionale della Resistenza” in agosto, se non prima.
Forse il dovere più importante dei socialisti, tuttavia, è quello di garantire che la base di Sanders non venga ulteriormente smobilitata. Dobbiamo mostrare loro che c’è una campagna – a partire dalle elezioni di novembre – che richiede migliaia di organizzatori e volontari impegnati. Seguendo l’esempio dei lavoratori essenziali insorti, dobbiamo rimettere il fuoco nel cuore della solidarietà.
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