Secondo quanto riportato dal sito della prestigiosa rivista di politica internazionale, l’ambasciatrice americana all’Onu, Susan Rice, avrebbe tentato di far affondare gli sforzi delle Nazioni Unite volti a fare luce sulla operazione “Piombo Fuso” condotta dalle forze armate israeliane che provocò più di 1.400 morti tra i palestinesi (più della metà civili).
Il 4 maggio del 2009 Rice si sarebbe incontrata a più riprese con il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per convincerlo a eliminare un rapporto sui siti colpiti dall’offensiva a Gaza. Secondo l’ambasciatrice una tale inchiesta “non era necessaria” e l’affare doveva essere “classificato”, ovvero tenuto segreto, secondo i cablogrammi della diplomazia americana. A fronte dell’insistenza di Susan Rice, Ban Ki-Moon, inizialmente reticente, avrebbe poi gettato la spugna per poi essere “ringraziato” da Rice “per i suoi sforzi eccezionali”, secondo quanto riportato nei documenti diplomatici.
Nel corso del 2009 gli Stati Uniti avrebbero poi esercitato ulteriori pressioni per limitare le indagini sul massacro di palestinesi a Gaza, questa volta condotte dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite che aveva nominato il giudice sudafricano Richard Goldstone a capo di una commissione di inchiesta sulle possibili violazioni dei diritti umani a Gaza.
Il rapporto Goldstone, pubblicato nel settembre 2009, accusava sia Israele che i gruppi armati palestinesi di aver commesso a Gaza “crimini di guerra”, e di “crimini contro l’umanità” all’epoca dell’offensiva che costò la vita a 1.440 palestinesi e 13 israeliani. Israele ha chiesto nelle ultime settimane il ritiro del rapporto dopo che Goldstone ha detto di essersi sbagliato nell’affermare che Israele aveva volontariamente tentato di colpire i civili nel conflitto di Gaza.
Secondo i cablogrammi di Wikileaks, in un incontro con il vice ministro degli esteri israeliano Danny Ayalon, l’ambasciatrice Usa all’Onu, Susan Rice gli avrebbe chiesto di aiutare Washington e di “avanzare sul processo di pace” con l’Autorità nazionale palestinese, sottolineando che in questo modo “sarebbe stato più facile controllare il rapporto Goldstone”.
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