Le maggiori potenze dell’Unione Europea si sono apertamente opposte alla decisione Usa di avviare presso l’Onu una procedura di ripristino delle sanzioni internazionali contro l’Iran.
Il Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha notificato al Consiglio di sicurezza Onu il“mancato rispetto da parte dell’Iran dei suoi impegni” previsti dall’accordo sul nucleare iraniano firmato a Vienna nel 2015. La risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza designava come partecipanti tutti i firmatari iniziali ovvero Stati Uniti, Cina, Russia, Francia, Regno Unito, Germania e Iran.
Gli Stati Uniti, dopo la bocciatura in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la scorsa settimana, hanno quindi chiesto di avviare il meccanismo di ripristino (“snapback”) delle sanzioni entro 30 giorni in quanto partecipanti all’accordo sul nucleare iraniano.
Ma Trump ha voluto il ritiro degli Usa dall’accordo, considerando il compromesso raggiunto “disastroso”. Questo, secondo gli altri paesi, non renderebbe possibile l’accesso di Washington alla procedura “snapback”.
In un documento comune le diplomazie di Parigi, Londra e Berlino, ribadito anche dal capo della diplomazia europea Josep Borrell, gli europei considerano prioritario preservare quell’accordo, considerato l’unica possibilità di scoraggiare l’Iran dal dotarsi dell’arma nucleare.
La tensione fra Usa e paesi europei era cominciata a salire già la scorsa settimana, quando 13 paesi su 15 del Consiglio di Sicurezza non avevano votato a favore della proposta di Washington di prorogare l’embargo sulle armi convenzionali dell’Iran, in scadenza in ottobre. Solo due dei 15 membri del Consiglio di sicurezza hanno votato a favore della proroga.
Con la mossa di oggi, l’obiettivo di Trump è ottenere la riattivazione delle sanzioni entro 30 giorni, ovvero proprio al momento dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre. Se questo dovesse avvenire, l’Iran potrebbe decidere di considerare nullo l’accordo del 2015, ma potrebbe anche decidere di rinviare questa decisione al voto di novembre per le presidenziali, in caso di rielezione di Trump.
Il Consiglio di sicurezza appare però nettamente diviso e gli Stati Uniti appaiono isolati.
Già il 15 agosto scorso, gli Stati Uniti non erano riusciti a convincere il Consiglio di sicurezza a prolungare indefinitamente l’embargo sulle armi imposto all’Iran dal 2015 e che scade il prossimo ottobre.
Sulla loro posizione, dei 15 membri del Consiglio di sicurezza, gli Stati Uniti avevano ottenuto solo l’appoggio della Repubblica Dominicana.
Oltre al veto già annunciato da parte di Cina e Russia, altri paesi come Francia, Germania e Regno Unito insieme ad altri otto membri del Consiglio di Sicurezza (Belgio, Estonia,Indonesia, Niger, StVincent/Grenadines, SudAfrica, Tunisia e Vietnam) hanno scelto di astenersi. E la risoluzione statunitense era stata bloccata.
La reazione degli Stati Uniti era stata sitizzita ed immediata con la dichiarazione del segretario di Stato, Mike Pompeo, che denunciava il fallimento “imperdonabile” dell’Onu. Secondo Pompeo, il Consiglio di Sicurezza “non è riuscito a compiere la sua missione fondamentale”, che è quella di “mantenere la pace e la sicurezza internazionale”.
“Il risultato mostra ancora una vota che l”unilateralismo non ha sostegno, e che l’atteggiamento arrogante è destinato a fallire”, aveva invece replicato prontamente su Twitter la rappresentanza cinese.
Gli Stati Uniti avevano comunque avvertito che se il prolungamento dell’embargo non fosse stato accettato, avrebbero utilizzato altri mezzi per mantenerlo in vigore. La Casa Bianca aveva ventilato l’ipotesi di poter invocare la clausola del ripristino dell’embargo (la cosiddetta ‘snapback’) che fa parte dell’accordo sul nucleare (una clausola pensata per reimporre a Teheran tutte le sanzioni delle Nazioni Unite revocate, ma solo se si scopra che Teheran abbia violato il patto).
Le potenze europee, ma anche Cina e Russia, si chiedono se gli Stati Uniti abbiano il diritto di usare quel meccanismo, dato che hanno abbandonato l’accordo del 2015. Di certo, l’eventuale passo statunitense metterebbe in grave crisi la tenuta dell’accordo nucleare, che per ora l’Iran e le potenze firmatarie – a parte gli Stati Uniti – continuano a cercare di mantenere in vita.
Sembra che gli Stati Uniti vogliano consegnare la lettera di ‘snapback’ già la prossima settimana e così cercare di forzare unilateralmente il ripristino delle sanzioni delle Nazioni Unite.
Ecco perché c’è chi sospetta che Washington abbia presentato intenzionalmente una bozza rigida, perché sapeva che i membri del Consiglio non sarebbero stati in grado di accettarla.
Insomma la risoluzione è stata il preludio al tentativo degli Stati Uniti di innescare lo ‘snapback’ e affondare definitivamente l’accordo sul nucleare iraniano prima delle elezioni presidenziali di novembre.
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