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Libia. Annunciato il cessate il fuoco. Ma più che la diplomazia potè il petrolio

Il premier del Governo di Tripoli Fayez al Sarraj, e il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh, nella giornata di ieri hanno lanciato due distinti appelli per un cessate il fuoco nel paese dilaniato dalla guerra civile.

I due annunci sono stati accolti positivamente, almeno stando alle dichiarazioni, da tutta la diplomazia occidentale e dalle Nazioni Unite,

La rappresentante speciale “ad interim” del segretario generale delle Nazioni Unite in Libia, Stephanie Williams, ha accolto con “grande favore” le “decisioni coraggiose” prese oggi Sarraj e da Saleh. In un comunicato stampa, l’Unsmil evidenzia i “punti di incontro” tra i due leader libici ed auspica – piuttosto eufemisticamente  a nostro avviso – che questo sviluppo “acceleri l’attuazione degli accordi del Comitato militare misto (5+5)”, organismo intralibico nato dopo la Conferenza di Berlino sulla Libia, portando al contempo “alla partenza di tutte le forze straniere e dei mercenari sul suolo libico”.

Dichiarazioni analoghe sono state rilasciate dai governi francese, italiano, statunitense, russo.

Ma la dichiarazione che forse più di altri segnala la vera motivazione del cessate il fuoco, è quella indicata dalla Williams (che parla per l’Onu ma è una diplomatica statunitense) quando chiede “l’urgente e rapida attuazione dell’appello dei due presidenti (Sarraj e Saleh) per revocare il blocco sulla produzione e l’esportazione di petrolio”, blocco che “continua a privare il popolo libico della sua ricchezza petrolifera”.

Il problema infatti è che i profitti della National Oil Corporation (NOC), la compagnia petrolifera libica, a causa della guerra civile non vengono riscossi da nessuno dei contendenti, ragione per cui si ritrovano con le casse vuote. Non a caso proprio la NOC ha accolto con favore i comunicati con cui sia Aguila Saleh (Tobruk), che il premier di Tripoli Fayez al Sarraj, sostengono la proposta fatta dalla Noc di riprendere la produzione e l’esportazione di petrolio congelando i proventi nel conto della corporation presso la Libyan Arab Foreign Bank.

Secondo il comunicato emesso dalla NOC e riassunto ampiamente dall’agenzia Nova,  “i ricavi dovranno restare congelati fino al raggiungimento di un accordo politico comprensivo, in linea con le raccomandazioni del processo di Berlino”. La Noc aggiunge anche che saranno necessari “piena trasparenza e governance efficace”, oltre al ritorno del controllo esclusivo della gestione della sicurezza negli impianti petroliferi da parte della corporation libica.

Per quanto riguarda la fornitura di gas alle centrali di Zueitina e North Benghazi, il comunicato ribadisce che “la Noc sta facendo tutti gli sforzi possibili per offrire una nave, allo scopo di svuotare i serbatoi di condensato, così da permettere alla produzione di gas di continuare. Attualmente, tutta la produzione di gas dovrebbe terminare sabato 22 agosto 2020”. La Noc riafferma poi il suo appello a “liberare tutti gli impianti petroliferi dall’occupazione militare per assicurare la sicurezza dei loro lavoratori”. Fatto questo, la compagnia dovrebbe essere in grado di “revocare lo stato di forza maggiore e riprendere le esportazioni di petrolio”. La Noc esprime poi “gratitudine” a tutti gli attori locali e internazionali, inclusa la missione Onu Unsmil e il governo statunitense, che hanno permesso alla situazione di progredire, ribadendo che continuerà a lavorare “senza posa per l’interesse di tutti i libici”.

Insomma la NOC ringrazia l’Onu e gli Stati Uniti ossia due dei soggetti fino a ieri rimasti molto ai margini della crisi libica dove invece si sono gettati con foga Francia, Turchia ed Egitto. Gli scenari libici potrebbero riservare ancora molte brutte sorprese, per tutti.

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