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La catastrofe pandemica negli USA: un quadro organico

Il 23 novembre gli Stati Uniti hanno avuto poco meno di 180.000 nuovi contagiati da Covid-19, circa il 50% in più di quattordici giorni fa, e poco più di 1.000 morti – più del 60% rispetto a due settimane fa – e più di 85.000 persone ricoverate in ospedale.

Per ciò che concerne i nuovi contagiati dal virus, questo dato rispecchia il trend degli ultimi giorni – l’ultima settimana ha registrato una media di circa di 173mila nuovi contagi al giorno -, mentre i decessi registrati poco prima erano circa il doppio, mentre le persone ospedalizzate meno delle attuali 85.836.

Dall’inizio di settembre, dopo un picco “negativo” con appena 25 mila contagiati, la curva è tornata a salire, in modo esponenziale dai primi giorni di novembre.

Una situazione catastrofica, tra l’altro con l’inverno alle porte.

Certamente la media dei decessi, in questo secondo picco pandemico, non ha ancora toccato i più di 2 mila morti al giorno, com’era avvenuto tra marzo e maggio.

Il 14 aprile era stato il “giorno più nero” per gli USA con 2.752 morti; il 22 aprile 2.371, il 29 2.500, ed il 6 maggio 2.708, per citare solo le giornate peggiori.

I contagiati totali sono ormai dodici milioni e mezzo (più del 20% di quelli mondiali), e i decessi complessivi sono oltre i 257 mila (poco meno di un quinto).

Il numero sale vertiginosamente in quasi tutti gli Stati Uniti, gli ospedali sono pieni, il personale sanitario esausto, e le restrizione decise dai singoli Stati si stanno in parte “espandendo”, ma sono molto al di sotto della necessità, guardando alle cifre, e soprattutto prese molto in ritardo.

Con le condizioni che vanno peggiorando e l’inverno alle porte, i governatori del Nord Dakota e dell’Iowa hanno ordinato soltanto adesso ai residenti di portare le “mascherine”!

Il coprifuoco è stato imposto in Ohio e nella maggior parte della California. Ma pure in presenza di media di un milione di nuovi casi alla settimana, le autorità federali si sono limitate a consigliare di non mettersi in viaggio per il Giorno del Ringraziamento!

Sono otto gli Stati che hanno conosciuto un “picco” di contagi ormai cronicizzato e che hanno superato i 15 nuovi casi ogni 100 mila abitanti: Nord Dakota, Wyoming, New Mexico, Sud Dakota, Minnesota, Iowa, Montana e Wisconsin. I primi tre stanno conoscendo un picco di nuovi decessi negli ultimi 14 giorni.

L’evoluzione del quadro epidemico mostra come nulla di concreto sia stato fatto per impedire la diffusione del contagio e prevenire il secondo picco.

In febbraio c’erano solo alcune dozzine di casi conosciuti negli States, per lo più legati ai viaggi a o da l’estero. In estate il virus si è diffuso in tutti gli Stati Uniti, infettando più persone della somma degli abitanti del Connecticut e dell’Oklahoma.

Il Nord-Est ha vissuto il periodo peggiore in primavera; dopo l’estate gli Stati della “cintura del Sole” (Sun Belt) hanno conosciuto un picco. Il virus ha congestionato gli ospedali delle zone rurali nel Midwest e nel West, devastando comunità che ne erano state risparmiate.

Le più colpite, generalmente, sono state le zone più popolose.

Il  Time ha fatto particolarmente attenzione ai casi delle residenze ospedaliere, le fabbriche alimentari, gli istituti penitenziari ed i college.

Nel corso della pandemia, più di 321.000 casi sono da collegare ai college e alle università, in più di 1.700 istituti, con 80 morti registrati per lo più tra i lavoratori dei campus.

Più di 250mila sono stati i contagi nelle prigioni, con 1.450 decessi tra detenuti e personale penitenziario. Dopo che più di 2.200 prigionieri sono risultati positivi al test, a San Quentin, è stata ridotta la popolazione carceraria. Il record di contagiati è però appartiene però alla prigione statale di Avenal, in California, con 3.326 casi (6 carceri nello Stato sono tra i 10 con il record di contagiati).

Come nel Vecchio Continente, le strutture di cura (nursing homes e altri istituti di lunga degenza) hanno conosciuto una vera strage. Casi di Covid-19 sono stati registrati in più di 26 mila istituti, più di 662 mila degenti e impiegati hanno contratto il virus, e più di 94mila persone sono morte.

Più di 94 mila persone,:cioè più di un terzo delle morti totali negli Stati Uniti.

Sebbene l’industria delle carni, per il tipo di processo lavorativo, sia risultata una delle più toccate, mancano dati attendibili, visto che solo 28 Stati li hanno forniti all’autorità federale – la CDC – e molte aziende e Stati, si sono rifiutati di rispondere. Fenomeni analoghi si sono avuti in tutta la filiera alimentare.

Ma non si tratta di  casi isolati di mancanza di dati, perché molti Stati non forniscono informazioni su dove il virus si è diffuso, non elencano i cluster e gli sviluppi a livello locale.

È chiaro che mai come in questo caso, senza disporre di dati adeguati è impossibile limitare la diffusione. Un “buco nero”, più che una crepa, nella capacità di censimento.

Dopo le “riaperture” i nuovi cluster sono emersi nelle chiese, nei ristoranti e nei posti di lavoro.

Considerato che anche i “ristoranti” sono posti di lavoro – tra l’altro, tra i maggiori vettori di contagio – ma sono stati riaperti dopo brevi chiusure durante la prima ondata, i lavoratori della ristorazione sono stati tra i più colpiti da questa scelta. Un ricatto a tutti gli effetti, visto che degli oltre 20 milioni di nuovi disoccupati da marzo, più di un decimo appartenevano a questo settore.

In pieno “secondo picco” epidemico, le misure prese per il contenimento del contagio sembrano quasi irrilevanti.

Al 23 novembre, solo 7 Stati su 51 hanno le attività economiche prevalentemente chiuse; solo una decina aperte per metà; mentre nella maggioranza, più di trenta, sono prevalentemente aperte.

È prevalso sostanzialmente – a livello bipartisan – il partito del PIL, sia tra gli Stati governati da repubblicani che da democratici. Al di là del “tono” delle chiacchiere, nessuna differenza.

Non in tutti gli stati l’uso della mascherina è obbligatorio: in 9 Stati non ci sono prescrizioni, in sei è richiesta solo in alcuni casi.

In 14 Stati, quindi, la misura minima per impedire il contagio non è un obbligo.

Nella maggior parte del Paese non ci sono ordinanze “stay at home”, solo 3 Stati prevedono restrizioni: California ed Ohio, come abbiamo visto, insieme al New Mexico, uno degli stati in pieno picco di contagi e di decessi.

Come commenta il New York Times – da cui abbiamo attinto per i dati, dove non espressamente menzionato – “la frammentazione di approcci riflette la mancanza di una politica federale coerente alla curva pandemica, che non manifesta alcun segnale di rallentamento e che gli esperti avvertono potrebbe accelerare durante l’Inverno”. Se vi sembra somigli al caos delle Regioni italiane, beh, forse avete ragione…

Prendiamo le misure adottate dai tre Stati che risultano primi per capacità di “appiattimento” della curva di contagi e decessi: Nord Dakota, Wyoming e New Mexico.

Il governatore repubblicano del Nord Dakota ha “resistito” a lungo, prima di emanare l’obbligo della mascherina: fino a metà novembre. Bar e ristoranti rimangono aperti, ma al 50% della capacità e fino alle 10 di sera.

Il governatore repubblicano del Wyoming, Mark Gordon, ha esteso misure di sicurezza che colpiscono bar, palestre e scuole in novembre, ma ha allentato quelle relative ai ristoranti, tutte attività che comunque rimangono aperte.

La governatrice democratica del New Mexico, Michelle Lujan Grisham, ha reintrodotto a novembre le misure restrittive adottate in primavera a causa di un inedito picco del contagio. Ha chiuso le attività economiche “non essenziali” ed imposto ai propri concittadini di stare in casa per un periodo di due settimane, a cominciare dal 16 novembre.

I casi totali nello Stato sono stati quasi 90 mila, con i contagi più che raddoppiati negli ultimi 14 giorni, e 17 decessi giornalieri, comunque in aumento del 77% rispetto a due settimane fa.

Prendiamo in considerazione ora gli Stati che oltre il New Mexico hanno preso i provvedimenti più radicali: California e Ohio.

Lo Stato della Costa orientale (più di 220mila casi totali e quasi 4mila decessi, con più di 3 mila nuovi casi al giorno, “solo” 4 morti e 1.500 ospedalizzati) assegna un “risk tier” ad ognuna delle 58 Contee di cui è composta e decide quali attività hanno il permesso di aprire. Ma da metà novembre più del 90% della popolazione è all’interno del più restrittivo “risk tier”.

Il governatore democratico Gavin Newsom ha ordinato il “coprifuoco” dalle 10 di sera alle 5 della mattina per gli abitanti delle contee a maggior rischio.

“In compenso” il commercio è permesso, così come i ristoranti ed i bar all’aperto, i centri estetici di varia natura, svariate attività ricreative, e persino alcune attività industriali, in alcune contee.

In Ohio – che ha 1.773 nuovi casi e 19 morti al 24 novembre – dove governa il repubblicano Mike DeWine, sono state decise alcune misure restrittive oltre l’uso della mascherina, e potrebbero essere chiusi nel giro di poco tempo bar e ristoranti. Non sono consentiti assembramenti oltre le 10 persone, ed è stato istituito un coprifuoco dalle 22 alle 5, ma rimangono aperte fabbriche, grande distribuzione, costruzioni ed uffici.

Nei casi più “virtuosi” – in assenza di risposte federali – si tratta di una gestione leggermente più oculata, ispirata comunque dalla filosofia della “convivenza con il virus”. mai di scelte drastiche, veri e propri lock-down che impediscano l’ulteriore diffusione del contagio, relativi decessi e congestionamento del sistema ospedaliero.

Come nelle parole di Fauci – forse il meno peggio, nel consolidato establishment medico-sanitario – un mix di buoni consigli e miglioramento di politiche che avrebbero dovuto essere già attuate da tempo, in attesa che un vaccino venga prodotto e somministrato alla popolazione.

Più che con una vera e propria strategia, si ha l’impressione di avere a che fare con il wishfull thinking, convivendo con il virus in una realtà simulata al cui interno afferma comunque il business as usual.

Certo, come afferma l’adagio popolare, “nel paese dei ciechi è l’orbo che comanda”, e le misure che Fauci  suggerisce sembrano senz’altro radicali rispetto ai fautori dell’immunità di gregge ed ai “negazionisti”, che hanno avuto un peso rilevante nella gestione della pandemia da parte dell’amministrazione uscente.

Non molto di più di un pannicello caldo, però, e non proprio le migliori per un Paese che anela a mantenere la leadership mondiale anche in risposta al Covid-19.

Buona lettura.

***

Quando ci libereremo delle mascherine? L’ho chiesto al Dr. Fauci.

Elisabeth Rosenthal – New York Times – 19/11/20

In una nuova intervista, ci consiglia come affrontare i prossimi mesi e confessa il suo stupore per quelli che ancora dicono che il virus sia una “fake news”.

Come giornalista sanitario, fisico e corrispondente estero che ha vissuto la SARS a Pechino, mi viene spesso chiesto da amici, colleghi e persone che non conosco, come comportarsi rispetto alla pandemia che stiamo vivendo. Credo sia sicuro programmare un matrimonio per il prossimo giugno? Manderei i miei figli a scuola con le dovute precauzioni? Quando potrò fidarmi di un vaccino?

All’ultima domanda rispondo sempre: quando vedrò Tony Fauci farsene uno.

Come molti americani, prendo esempio dal Dr. Antony Fauci, il più grande esperto in malattie infettive del paese e membro della task force contro il coronavirus della Casa Bianca. Quando lui ha detto al Washington Post di non pulire le confezioni ma di lasciarle stare per un paio di giorni, ho iniziato a farlo anche io. Ad ottobre ha riferito che porta le buste della spesa dentro casa, ma si lava le mani dopo averle spacchettate (anche io!).

Ora ci troviamo ad affrontare anche una pericolosa transizione politica, mentre i casi aumentano in diversi paesi, e con il Dr. Fauci e la task force originale messi totalmente da parte. Il presidente eletto Joe Biden ha nominato la sua task force, ma non potrà fare molto finché la General Service Administration non confermerà di accettare i risultati delle elezioni. Trump si è opposto alla regola della transizione per cui la vecchia e la nuova task force possono confrontarsi e coordinarsi (la procedura per il “passaggio dei poteri” è stata comunque avviata il 24/10, dopo la pubblicazione di questo articolo sul NYT, ndr).

Gli scorsi, tumultuosi, mesi sono stati pieni di lacune nell’informazione (stiamo ancora scoprendo cose nuove sul coronavirus), disinformazione (spesso proprio dal presidente) e un mucchio di “esperti” – lavoratori della sanità pubblica, matematici, cardiologi e medici d’emergenza come me – che offrivano opinioni in TV. In tutto questo tempo però, la persona da cui più di tutti ho voluto ricevere consigli era il Dr. Fauci.

Fauci centra subito il punto, senza conflitti di interesse – politici o finanziari – come neppure, con i suoi 79 anni, ambizioni di carriera. Non ha nessun interesse, se non il vostro ed il mio.

Dunque, gli ho chiesto come gli americani dovrebbero aspettarsi di vivere nei prossimi sei o nove mesi. Come dovremmo comportarci? Cosa dovrebbe fare la prossima amministrazione? Alcune domande sono state modificate per chiarezza e brevità.

Ci sono due o tre cose che ritieni l’amministrazione Biden dovrebbe fare fin dal primo giorno?
Ci sono degli Stati, in alcune regioni, che sembrano non aver imparato la lezione che si sarebbe potuta o dovuta imparare nel momento in cui New York ed altre grandi città sono state colpite. Questo per dire che servono delle misure sostanziali per la sanità pubblica.

Vorrei essere molto schietto riguardo a questo, perché ogniqualvolta io parli di cose semplici, come l’indossare tutti la mascherina, mantenere le distanze, evitare assembramenti (specialmente al chiuso), fare attività all’aperto per quanto possibile e lavarsi spesso le mani, non significa che si debba chiudere il paese.

C’è comunque un margine di libertà per gli affari, e la ripresa economica, se si rispettano delle semplici regole. Quello che stiamo vedendo però, purtroppo, sono risposte molto disparate, ed inevitabilmente portano all’impennata a cui assistiamo ora.

Credi che serva una politica nazionale sulle mascherine? L’attuale presidenza ha lasciato la maggior parte della gestione del virus ai singoli stati.

Credo che tutti quanti dovrebbero indossare la mascherina. Se possiamo ottenere questo a livello locale, va bene, altrimenti dovremmo seriamente considerarlo a livello nazionale. L’unico motivo per cui mi astengo dall’insistere su tale raccomandazione è che quando arrivano indicazioni nazionali, queste solitamente generano resistenza da una certa parte della popolazione, già riluttante, a cui non piace sentirsi dire cosa deve fare. Quindi si potrebbe finire per avere l’’effetto opposto a causa di questo ostacolo.

In molti posti con l’obbligo della mascherina è stato difficile farlo rispettare.

Questo è uno dei motivi per cui c’è reticenza da parte di molte persone, me incluso, sull’imposizione nazionale delle mascherine.

Se hai una regola, devi farla rispettare. Se tutto va bene, riusciamo a convincere le persone quando vedono cosa sta succedendo nel resto del paese. Ma devo dirti, Elisabeth, sono sorpreso dal fatto che in certe aree, nonostante siano chiari i danni causati dall’epidemia, alcune persone credano ancora che sia tutta una congettura. Questo è un ostacolo molto difficile da superare, perché la gente continua a dire che qualcosa di palese sotto i loro occhi non è reale.

Solitamente si considerano le chiusure come binari. Sei aperto oppure sei chiuso. Spesso quando rispondi a domande su come vivi, inizi con: “Beh, sono in un gruppo ad alto rischio…” quindi vorrei sapere quali sono, secondo il Dr. Fauci, le “cose sicure e importanti da tenere aperte con le dovute precauzioni” e quali invece le “cose non sicure in nessun caso”.

Se rispondo con un minimo di trepidazione è perché i proprietari di queste attività si stanno arrabbiando sempre di più con me. Ci sono alcune attività essenziali che si vorrebbe tenere aperte: alimentari, supermercati ed altri negozi necessari per la sussistenza. Si potrebbe però, se fatto correttamente, tenere aperte anche attività non essenziali, come negozi di abbigliamento etc.

Stiamo entrando nei mesi invernali. Si può stare lontani in un ristorante oppure in un locale al chiuso, ma ti sentiresti ok a starci senza la mascherina?

Se siamo in una zona rossa, come lo siamo, con così tanti casi di infezione, non mi sentirei troppo a mio agio neanche a stare in un ristorante, e soprattutto se pieno.

Vedo che ti sei tagliato i capelli. Cosa ne pensi dei parrucchieri?

Di nuovo, dipende. Ero abituato a tagliare i capelli ogni 5 settimane, ora li taglio ogni 12 settimane. Se io indosso una mascherina e anche la persona che mi taglia i capelli la indossa, allora posso star sicuro.

Trasporti? Treni? Aerei? Metro? Il posto in cui siamo in questo momento?

Dipende dalle circostanze individuali. Se appartieni ad una categoria ad alto rischio, per quanto possibile, non ti dovresti spostare. Oppure, se vai da qualche parte e hai una macchina, usa la tua macchina da solo, non prendere la metro strapiena, non un autobus strapieno, e neanche un aereo. Se sei un under-25 senza patologie preesistenti, la cosa è molto diversa.

E i bar?

I bar sono davvero problematici. Devo dirlo, se guardi ai picchi che abbiamo visto, ci sono Stati dove le persone affollano i bar. Io ero solito andare ai bar, sedermi, prendere un panino e una birra. Quando sei ad un bar, però, le persone si allungano sulla tua spalla per prendere da bere, e stanno molto vicine.

È in qualche modo divertente, perché è un momento di socialità, ma non lo è più nel momento in cui c’è un virus che circola nell’aria. Quindi, se dovessi pensare a qualcosa a cui dare un giro di vite, visto il momento, credo debbano essere i bar.

Alcune compagnie aeree ed alcuni stati ritengono che le persone debbano sottoporsi ad un tampone prima di salire su un aereo o visitare un altro stato. Questo atteggiamento ha un senso a livello medico?

Se risulti negativo quando sali su un aereo – e non si verifica il raro caso che tu sia in quel breve periodo di incubazione prima di risultare positivo – questa è una cosa buona.

Se avessi un piano nazionale per i tamponi, quale sarebbe?

Test a tappeto. Inondare letteralmente il sistema di test. Fornire un test che si possa fare autonomamente a casa, altamente sensibile ed altamente specifico. E sai perché questo sarebbe fantastico? Se decidi di voler fare una piccola festicciola con tua suocera e un paio di bambini, ed hai appena fatto un test, puoi stare sicuro al 100 percento.

Non lasciare che il perfetto sia il nemico del bene. Il rischio di infettarsi, se ciascuno ha fatto un test poco prima di sedersi per cena, cala drasticamente. Potrebbe non essere mai pari a zero, ma, come dire, non viviamo in una società completamente al riparo dai rischi.

Ci sono un paio di candidati vaccini che sembrano promettenti. C’è però anche un certo scetticismo dopo aver visto la F.D.A. sottoposta a pressioni prima commerciali e poi politiche. Quando sapremo che è sicuro vaccinarsi? E quale scegliere?

È facile quando hai dei vaccini affidabili al 95 percento. Non si può ottenere molto più di così. Credo che ciò che la gente dovrebbe apprezzare – e questo è il motivo per cui l’ho ripetuto almeno un centinaio di volte nelle ultime due settimane – è il processo con cui verrà fatta una scelta.

La compagnia fa riferimento alle statistiche. Io faccio riferimento alle statistiche. Poi la compagnia sottopone i dati alla F.D.A. La F.D.A. deciderà di concedere un’autorizzazione di emergenza oppure un’approvazione della domanda di licenza. Loro hanno degli scienziati con una certa carriera alle spalle, realmente indipendenti, che non devono dare spiegazioni a nessuno.

C’è poi un altro gruppo indipendente il Vaccines and Related Biological Products Advisory Committee. Il commissario dell’F.D.A. ha pubblicamente garantito che si muoverà secondo l’opinione degli scienziati e del comitato consultivo.

Credi che saranno gli scienziati ad avere l’ultima parola?

Sì, certamente.

Le decisioni che vengono prese ora, in questo periodo di transizione – come il piano di distribuzione dei vaccini – potranno essere delle alternative della nuova amministrazione?

No, non credo. Penso che la nuova amministrazione avrà la possibilità di fare quello che vuole. Posso però dire che, a prescindere dalla transizione, ci saranno persone totalmente impegnate nel fare le cose giuste. Quindi sono fiducioso.

Quando ci libereremo delle mascherine?

Penso che, per un certo periodo, avremo un considerevole numero di misure sulla salute pubblica insieme al vaccino. Inizieremo ad avvicinarci alla normalità – se la stragrande maggioranza delle persone farà il vaccino – quando entreremo nel terzo o quarto trimestre del 2021.

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