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Diserzioni di sabbia. Eroi, poeti e santi del Sahel

Perfino Dio, sembra, ha disertato il cielo, almeno a partire dall’ultimo natale. Da allora molti altri l’hanno imitato o, in alcuni casi, persino anticipato.

Per esempio Antoine, la moglie e i loro quattro figli che abbandonano il Congo Democratico della Repubblica per l’Eldorado. Fanno tappa nel Burkina Faso per guadagnare abbastanza onde continuare il viaggio. Algeria, Libia, Marocco o forse altrove chissà.

Muore la madre di malattia e il padre coi figli sbarcano a Niamey l’altro sabato. Attraversano le frontiere chiuse pagando alle forze dell’ordine, doganieri e assimilati, quanto avevano messo da parte per raggiungere il lontano Tchad. Da lì sarebbero poi passati nella Poco Repubblica Centrafricana per poi scivolare da dove erano partiti, pieni di speranze, due anni prima. Adesso, ospiti in una casa protetta, attendono il giorno che forse verrà, come sempre, magari quando meno lo si aspetta.

Nel Sahel ci impegnamo a disertare le priorità ‘durabili’ pianificate dai donatori di umanitario a buon mercato. Disertiamo le misure barriera, il distanziamento sociale, le maschere, il coprifuoco, il confinamento e soprattutto l’amore a distanza.

Il nostro Sahel è lui stesso, così come lo vedete, una diserzione rispetto al mondo che volete organizzarci a vostra immagine e somiglianza. Il popolo diserta la politica perché la politica ha disertato il popolo. I politici sono dei disertori in modo diverso dai migranti, che hanno fatto della diserzione della realtà esistente il senso della loro scelta di instabilità permanente.

La doppia assenza di cui parla Sayad Abdelmalek e che si congiunge in incerte nozze coi morti nel Mediterraneo Centrale, oltre 17mila dal 2013 ad oggi.

Le nostre nascite sono diserzioni pure, assumiamolo senza vergogna, sfide permanenti a ciò che rappresenta la ragionevole attitudine dei piani di sviluppo ‘compatibile’ coi dettami della finanza e del colonialismo ideologico dei programmi delle Nazioni Unite.

I bambini disertano la scuola, i giovani il futuro e le donne il proprio destino segnato dalla storia. Ognuno a modo suo inventa un mondo che non esiste da nessuna parte. Proprio ciò che cerca di fare a modo suo il Sahel, disertando a suo rischio e pericolo la strada indicatagli dalle menzogne e dal denaro.

I disertori sono degli eroi che scrivono poesie sulla sabbia per i santi che intercedono per loro senza troppo successo. Le utopie che questi ultimi raccontano sono diserzioni che si nascondono tra le migliaia di tende che offrono un riparo ai rifugiati che continuano a prosperare senza darlo a vedere.

Il tempo del Sahel è una diserzione permanente e sfacciata delle leggi e programmi di modelli di sviluppo importati e imposti dai piani strutturali della Banca Mondiale.

Disertare, termine che allude al deserto, ‘all’abbandono’, ben si confà alla nostra situazione del Sahel. La defezione del posto senza autorizzazione, l’abbandono dalla proprie ‘responsabilità’ e soprattutto l’intenzione di non tornare, tutte cose che il Sahel ha fatto sue.

Non aspettateci, perché non torneremo a quello di prima che ha creato ciò a cui stiamo assistendo dappertutto. La Grande Ri-inizializzazione di cui parla l’Occidente e i suoi complici non ci conterà mai tra i soci o simpatizzanti. Disertiamo il potere, il prestigio e l’accumulazione delle ricchezze nelle mani di pochi. Il nostro maggiore vanto sarà quello di formare e iniziare nuovi disertori.

Disertare le armi, le battaglie vinte e le guerre perdute, disertare le strategie, l’operazione Barhkane e Takouba, nome di spada tuareg per i militari europei nel Sahel.

Disertiamo i dittatori, i presidenti che allungano i mandati presidenziali, le milizie governative, le ideologie religiose, i campi di detenzione, le frontiere esterne, i documenti di viaggio, i vaccini obbligatori e le alleanze politiche.

Disertiamo e non abbiamo nessun desiderio di tornare indietro. Siamo disertori di sabbia, poeti e santi. Alla sabbia dobbiamo tutto e a lei torneremo, da eroi, un giorno di festa.

 Niamey, 17 gennaio 2021

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