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Aleksej Naval’nyj, l’oppositore: ma de che?

Navalny, dall’Onu alla Ue è un coro: «Arresto inaccettabile, liberatelo immediatamente»”: questo il titolo del “quotidiano comunista” del 19 gennaio (il manifesto, sia chiaro!), che poi specifica come “L’arresto del principale oppositore di Putin” abbia scatenato “le cancellerie occidentali”.

Ora, senza stare a ripetere dichiarazioni e scongiuri di cancellerie, consorterie e soliti “antifascisti” nostrani a latitudini alternate, ormai mandati a memoria da chiunque abbia dato anche solo una sbirciatina ai giornali, sospettiamo che tutta la questione stia nel mettersi d’accordo sui termini e il loro reale contenuto.

Cosa si intende quando si parla di “principale oppositore” di Putin? Oppositore in cosa? Su quali questioni? Con quali obiettivi; quali alternative sociali?

Se è da prendere per quella che è – un puro copia-incolla di veline UE – l’affermazione del quotidiano di cui sopra, circa “la conferma dell’implicazione dei servizi russi nell’avvelenamento dell’oppositore, grazie alla telefonata-trappola di Navalny sotto mentite spoglie a un rappresentante dell’Fsb” (questo lo assumiamo subito, potrebbe dire qualcuno a Rignano sull’Arno, riferendosi a quel mitologico “rappresentante del FSB”, ottimo candidato per i “servizi segretide noantri) è però su un altro piano che, a nostro parere, deve esser posta la “questione Naval’nyj”.

Ognuno può pensarla come vuole sulla storia del suo falso o presunto avvelenamento con una sostanza che, a occhio e croce, se davvero ce l’avesse avuta addosso, avrebbe potuto infettare l’intera “Charité” berlinese. Non è questo il punto.

E non è nemmeno quello – quantomeno: non è quello principale – della partecipazione di Naval’nyj a qualche “Marcia russa”, a braccetto di monarchici e fascisti dichiarati. Non ce ne vogliano alcuni compagni, che proprio su quella hanno posto l’accento; ma, anche nel recente passato, per dire, a tali marce hanno preso parte anche membri del KPRF di Gennadyj Zjuganov, invitando addirittura a parteciparvi tutti: sia chi è per Lenin, sia chi è per Nikolaj II, chi è di sinistra, chi di destra”, ovviamente sostenendo che «Non siamo né “rossi”, né “bianchi”: siamo russi».

Dunque: questo aspetto non ci sembra dirimente, anche se inquietante e indicativo del personaggio.

Si è giustamente posto l’accento sulla diversità di trattamento che gli “antifascisti” a intermittenza hanno riservato, ad esempio, a Julian Assange e a Aleksej Naval’nyj: lasciamo alla coscienza (ma, chissà cosa significhi per loro) dei Quartapelle-Zingaretti una tale questione.

La stessa cosa si è verificata anche in altri paesi. Ad esempio, Tobias Riegel, che sulla tedesca NachDenkSeiten, già lo scorso agosto, all’epoca del teatrale “avvelenamento”, aveva scritto «Grande sensibilità per Naval’nyj, freddo gelido per Assange», sulla stessa pubblicazione si chiede ora se Naval’ny sia davvero “l’oppositore più pericoloso” per Putin e stigmatizza il “doppio standard” dei media occidentali per il fondatore di Wikileaks e il blogger-truffatore russo, che «può essere definito un politico nazionalista – nel nostro paese potrebbe essere classificato neonazista. È interessante notare che nel suo caso (come nella copertura mediatica della sollevazione di majdan), le idee dell’estremismo di destra non infastidiscano molti editori occidentali. Naval’nyj è venduto al pubblico occidentale come una “speranza democratica”, nonostante i suoi sentimenti piuttosto radicali per i nostri standard».

Dunque: normale quotidianità dei quotidiani; ovunque.

Il punto, a nostro avviso, è quello di quale visione sociale siano interpreti, da una parte, il “principale oppositore” russo e, dall’altra, i suoi “persecutori”.

Come mai il blogger che ha costruito la propria fortuna pecuniaria su qualche truffa (sia ai danni dello Stato, che di marchi privati, o addirittura di suoi sostenitori) poi finita in tribunale, e l’irrisoria scalata politica su video (confezionati con mezzi difficilmente in dotazione a comuni mortali) che gli hanno consentito di far breccia in quanti non sopportino l’esagerata e ostentata ricchezza dei principali notabili e affaristi che ruotano attorno al Cremlino – come mai lui e solo lui è acclamato come il “principale oppositore”?

E come mai il Cremlino sembra stare a questo gioco?

«Si ha l’impressione che alcuni raggruppamenti di potere stiano deliberatamente facendo di Naval’nyj il principale oppositore del paese», scrivono al KPRF; noi «comunisti non condividiamo minimamente l’ideologia professata da Naval’nyj e dai suoi sostenitori. Vediamo che questi sono gli stessi dogmi liberali che hanno causato innumerevoli mali alla Russia. Tuttavia, non possiamo approvare le azioni delle autorità», con schieramento di polizia antisommossa e retate, che hanno dato «l’impressione di una sorta di spettacolo su larga scala, destinato a creare l’immagine del martire».

Era accaduto lo stesso nel 2013, quando Naval’nyj era stato processato per la prima volta, condannato e subito rilasciato, in modo da poter partecipare alle elezioni per il sindaco di Mosca. Anche allora, si era quasi certi che, concentrando sulla sua figura i voti degli “scontenti”, la vittoria del candidato di “Russia Unita” sarebbe stata assicurata; e ora, di fronte agli elettori, c’è il voto per il rinnovo della Duma.

«La scelta tra Naval’nyj e il governo» dicono al KPRF, conduce in «un vicolo cieco. La loro ideologia è, a grandi linee, la stessa: sono entrambi per il capitalismo. Ciò garantisce alla Russia lo status di periferia di materie prime, degrado ed estinzione, che vanno avanti da 30 anni».

Sul sito del RKRP (Partito comunista operaio russo), Alekasandr Stepanov nota che Naval’nyj ha un serio punto debole: i suoi rapporti con l’Occidente. E questo, a parte settori abbastanza ristretti di elettorato delle grandi metropoli, gioca a suo sfavore, dato che la maggioranza della popolazione è ancora memore di cosa abbia portato l’Occidente alla Russia negli anni ’90.

Dunque, è comodo per il Cremlino avere Naval’nyj come “principale oppositore”. Un oppositore che, tra l’altro «non solleva la questione della proprietà, delle privatizzazioni o delle nazionalizzazioni». Certo, «Naval’nyj potrebbe essere pericoloso per qualcuno della cerchia di Putin. Forse, addirittura, per lo stesso Putin. Ma per l’élite in quanto tale, per il sistema, Aleksej Anatol’evič Naval’nyj è innocuo e persino vantaggioso. Oggettivamente, alla lunga, egli opera per la stabilità e sopravvivenza» del sistema.

Da parte sua, lo stesso “martire della fede” nazi-liberale approfitta del frastuono creato attorno alla sua persona. Su Die junge Welt, Reinhard Lauterbach si chiede «perché l’oppositore russo abbia rinunciato al comodo quasi-esilio tedesco e abbia accettato di essere arrestato. La risposta sembra chiara: si tratta dell’effetto show. In Occidente, era minacciato dal destino di tanti emigranti: venir dimenticato. In Russia ci sono i suoi fans. Il primo round è stato senz’altro a suo vantaggio: dimostrazioni di sostenitori agli aeroporti di Berlino e Mosca e, naturalmente, dopo l’arresto, le solite proteste dei politici occidentali»: tutto come da copione.

Dunque, 30 (trenta) giorni di fermo rappresentano una discreta ( e molto comoda) cassa di risonanza per la “popolarità” del blogger e accrescono opportunamente la sua immagine di “beatificato in vita”, per le giaculatorie degli “antifascisti” da sacrestia, i quali non si scomodano certo per quel dottorando in matematica (per citare solo l’ultimo episodio) dell’Università di Mosca, Azat Miftakhov, anarchico, che si è beccato 6 (sei) anni di colonia per aver spaccato una finestra della sede di “Russia Unita”.

Per lui, nessuna riunione speciale dei Ministri degli esteri UE, nessun ammonimento di von der Leyen o Charles Michel, nessuna implorazione di ONU e Vaticano e a nulla sono serviti gli appelli in suo favore di numerosi cattedratici, russi e stranieri, di Noam Chomsky e addirittura dell’antisovietico “Memorial”. È “anarchico e questo ci basta”!

Il timore del Cremlino di fronte a Naval’nyj, scrive Rustem Vakhitov su Sovetskaja Rossija, è dato dal sostegno che potrebbe venirgli in vista di un’ennesima “primavera”, di un’altra “rivoluzione colorata”, di quelle che mirano a travolgere un’élite liberale per sostituirla con una ancora più radicalmente e sfacciatamente liberal.

Al momento, sembra proprio questa, purtroppo, l’unica “alternativa” pericolosa per il sistema nato in Russia dalla controrivoluzione degli anni ’80 e dal golpe degli anni ’90 del secolo scorso.

Le piccole formazioni comuniste riescono ancora a smuovere poco nella società e quelle più forti (numericamente) battono il passo e molto spesso stanno sull’attenti. Per ora.

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1 Commento


  • Nevio

    Leggendo qui sopra si capiscono tante cose sul fallimento comunista in Italia. Ricominciamocon gli stessi concetti che hanno portato un grande partito nella discarica del pensiero debole. Posso, da parte mia dire solo ” CACCIATE IL BASTARDO FUORI DAI CONFINI RUSSI E CHE MAI SIA CONCESSO DI TORNARCI ” Imparerà che cosa è la libertà occidentale.

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