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Dirottamenti aerei di Stato. Molti pesi e molte misure…

La vicenda dell’aereo Ryanair costretto ad atterrare in Bielorussia per consentire alla polizia locale di arrestare Romat Protasevich, immediatamente definito dalla stampa occidentale “dissidente e oppositore democratico al dittatore Lukashenko”, è certamente un fatto grave.

Ma non è il primo, nella storia recente.

Se dovessimo dar ascolto alla “stampa democratica” dovremmo per questa ragione dichiarare immediatamente guerra alla Bielorussia (con qualche rischio di veder entrare in campo anche la Russia, per dire del livello di lungimiranza dei nostri strateghi di redazione…).

Basta buttare un occhio sul Corriere della Sera, dove il totem Saviano viene esibito nel suo classico monologo, stavolta virato in geopolitica anziché in “antimafia”. Ma l’uomo è a una sola dimensione, e non conosce altri registri narrativi.

Ma quando ci si lascia prendere la mano dalla retorica, il rischio di steccare la nota diventa alto: “dobbiamo reagire a un attentato, le parole non bastano più. L’Europa non può restare a guardare davanti all’arbitrio di Lukashenko. Fino a quando un dittatore potrà decidere impunemente di dirottare un aereo per zittire la democrazia, nessuno di noi potrà dirsi al sicuro”.

Protasevich viene promosso a “giornalista”, anche se soltanto titolare di un canale Telegram. E l’arresto ingigantito ad “attentato”…

Ma il “pezzo forte” è il paragone con l’11 settembre 2001, come se non ci fosse differenza tra un gruppo terroristico che sequestra quattro aerei contemporaneamente per scagliarli contro edifici militari e civili (il Pentagono e le Twin Towers) e uno Stato ancora formalmente riconosciuto dal tutto il mondo (le ambasciate bielorusse non sono state chiuse da nessuna parte…) che fa atterrare un aereo civile che attraversa il proprio spazio aereo per eseguire un arresto.

Ripetiamo: è un fatto grave. Non solo perché destabilizza il normale trasporto aereo sui cieli d’Europa, ma perché segna un passo avanti nell’escalation dei rapporti internazionali in questo continente.

Però questo giudizio non può impedire di andare a controllare almeno due parti della notizia, come dovrebbe fare qualsiasi giornalista degno di questo nome.

La prima domanda è: chi è davvero Romat Protasevich?

L’unica risposta non ideologica, ma ricca di fatti incontestabili (con tanto di foto), l’ha data L’Antidiplomatico, testata considerata fino a qualche tempo fa come parte della galassia frettolosamente definita “grillina”, ma con una forte connotazione antimperialista.

Chi è Romat Protasevich, l’oppositore bielorusso vicino ai nazisti ucraini?

Redazione de l’AntiDiplomatico

La vicenda dell’aereo di linea della Ryanair diretto a Vilnius, atterrato a Minsk per un allarme bomba e il successivo arresto dell’oppositore che vi viaggiava, Romat Protasevich, ha fatto molto rumore. Come mai era accaduto in passato per questioni analoghe. 

L’oppositore bielorusso arrestato a bordo del volo diretto a Vilnius è un giornalista, almeno ufficialmente. Editore di Belamova, un canale Telegram fondato lo scorso anno da Igor Losik, un consulente per l’organizzazione mediatica statale statunitense RFE/RL. Belamova è stato messo fuori legge il mese scorso, dopo che un tribunale nella città bielorussa orientale di Gomel l’ha dichiarato un’organizzazione “estremista”. Losik è stato arrestato la scorsa estate nella sua città natale di Baranavichy, e si trova attualmente in prigione.

Romat Protasevich in precedenza ha lavorato direttamente per il canale di propaganda finanziato da Washington, che sostiene gli obiettivi di politica estera degli Stati Uniti nell’Europa centrale e orientale.

L’anno scorso, è stato impiegato come redattore capo del popolare canale di opposizione Telegram Nexta Live, con sede in Polonia, che il governo aveva precedentemente dichiarato estremista. A novembre è stato inserito in una lista internazionale di ricercati dalle autorità bielorusse, accusate di aver contribuito a organizzare proteste anti-governative dopo le elezioni presidenziali della scorsa estate e di “incitare all’ostilità sociale e alla discordia”.

Ma non si limita al campo mediatico l’attività dell’oppositore bielorusso. Come scrive Foia Research “Roman Protasevich è uno degli agenti chiave per il cambio di regime nella rivoluzione colorata bielorussa del 2020. Il suo nome è apparso nel contesto di un canale Telegram chiamato Nexta che dall’oggi al domani è diventato la voce dell’opposizione bielorussa”.

Protasevich risulta aver avuto un ruolo in prima linea nei famigerati fatti di Maidan: “Protasevich ha partecipato alle proteste di Maidan a Kiev 2013/2014, come mostra una foto su Facebook, dove, vestito con la bandiera di uno Stato popolare bielorusso, sta prendendo parte alla distruzione di una statua di Lenin”.

Inoltre Foia Research evidenzia il background neonazista e anticomunista di Protasevich. È un simpatizzante del distaccamento Pahonia, una milizia bielorussa che ha combattuto a fianco del battaglione neonazista Azov nella guerra civile ucraina post-Maidan.

Il gruppo si definisce sul social network Twitter come “un’organizzazione non governativa che aiuta i volontari bielorussi in Ucraina”. 

Nel 2017 il giornalista di opposizione lo troviamo impegnato a documentare le manifestazioni di protesta in Bielorussia, con grande “entusiasmo” evidenzia Foia. 

Lo ritroviamo poi a Washington nell’aprile del 2018. Il 23 aprile 2018 pubblica una foto con scritto: “Inizia la settimana più importante della mia vita”. Nella stessa giornata alcune immagini lo ritraggono all’interno del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, e afferma: “Non ho mai avuto così tanti incontri importanti e interessanti in vita mia. Stanco ma molto contento”. 

Secondo la sua pagina Facebook, ha iniziato a lavorare per la radio supportata da USAID in Bielorussia Euroradio.fm il 31 agosto 2018, per poi comunicare il termine di questa collaborazione nel dicembre del 2019. 

Nel febbraio 2020, Protasevich annuncia di aver iniziato a lavorare per Nexta Telegram sul canale polacco-bielorusso Belsat. Secondo quanto scrive la BCC, Nexta sarebbe partito come canale YouTube anti-Lukashenko creato da un adolescente bielorusso, Stepan Putila, noto anche come Stepan Svetlov, nel 2015.

Secondo Strana.ua: “In Bielorussia, il canale è diventato famoso per le informazioni privilegiate del Ministero degli Affari Interni della Repubblica”. Ancora la BCC scrive che la popolare app di messaggistica di Telegram chiamata Nexta… “è riuscita a bypassare molte delle restrizioni“.

Foia Research crede che Nexta abbia riscosso successo perché il canale fino a quel momento praticamente sconosciuto viene diretto e gestito dall’estero, segnatamente dalla Polonia, dove risiedono Protasevich e Putila. 


La seconda domanda è invece: ma davvero non è mai stato dirottato un aereo civile da jet militari?

Qui la memoria – prima ancora degli archivi – costringe a citare il caso di Evo Morales.

Otto anni fa l’aereo presidenziale boliviano, con a bordo il presidente, fu costretto ad atterrare in Austria dopo che quattro governi europei (Spagna, Italia, Portogallo e Francia) non gli avevano dato il permesso di volare nel loro spazio aereo. Si sospettava, a torto, che a bordo vi fosse il perseguitato politico Edward Snowden.

A prima vista si tratta di un caso assolutamente identico (dirottamento finalizzato all’arresto di un “oppositore”, ma degli Stati Uniti). Con in più l’aggravante mostruosa di esser stato fermato un aereo presidenziale, dunque coperto dall’immunità diplomatica internazionale. Cosa che in effetti equivale ad una dichiarazione di guerra.

Vero è che la Bolivia non è paese in condizione di dichiarare guerra all’Unione Europea (artefice del dirottamento) e tantomeno agli Stati Uniti (mandanti del dirottamento). Ma non è superfluo ricordare come quello stesso presidente sia stato poi deposto con un “golpe democratico” (gli ossimori si moltiplicano, dopo “guerra umanitaria”) organizzato dagli stessi Usa (e riconosciuto dalla democratica UE).

Anche se dopo soltanto un anno e mezzo nuove elezioni hanno riconfermato il Mas di Morales (sotto altra guida formale, visto che il vecchio presidente non poteva neanche tornare nel suo paese fin quando sono stati al potere i golpisti guidati dalla “democratica” Anez) come unico governo legittimo del paese.

La storia degli aerei civili abbattuti o dirottati da “stati sovrani”, anche e soprattutto appartenenti al “campo democratico”, è molto lunga e consultabile facilmente persino su Wikipedia (anche Saviano potrebbe riuscirci, volendo…).

Soprattutto in Italia bisognerebbe avere almeno la memoria per ricordare la strage di Ustica, in cui un aereo civile italiano venne abbattuto mentre aerei militari della Nato (probabilmente francesi) stavano attaccando aerei libici, al tempo, di Gheddafi…

Oppure, sempre per restare all’ignobile Stato italiano, si potrebbe ricordare come Abdullah Ocalan, capo del Pkk (partito dei lavoratori del Kurdistan), fu venduto alla Turchia, fatto salire su un aereo diretto a Nairobi, in Kenya, dove aerei militari e servizi segreti turchi lo avrebbe “preso in consegna”.

Ricordare la frequenza di eventi simili non vuole ovviamente dire che questo orrore sia da considerare “normale”; ma semplicemente che è intollerabile l’ipocrisia di chi presenta questo episodio come un qualcosa di mai visto che giustificherebbe una dinamica bellica.

Resta poi il fatto che la “democratica” Unione Europea sia diventata il principale sponsor di nazisti dell’Est Europa, frettolosamente riqualificati come “dissidenti” e arruolati per promuovere “rivoluzioni colorate” e regime change in campo avverso.

Prima del bielorusso Protasevich, questo dubbio “onore” era toccato ai nazisti ucraini protagonisti delle mattanze del Majdan, per palazzo dei sindacati ad Odessa, dei bombardamenti sul Donbass. Allo stesso Navalnij in Russia. Per non dire dei governanti di Ungheria, Polonia, ecc.

Sembra dunque funzionare con il “pilota automatico” quello schema per cui, in campo internazionale, non importa cosa sia davvero un uomo o partito politico purché sia “dalla parte giusta” (quella dell’Occidente neoliberista, ovvio…).

Come ha avuto modo di dire persino Mario Draghi, parlando di Erdogan, ci sono “dittatori” con cui si dialoga tranquillamente, per reciproca convenienza, e altri che invece vanno combattuti quando gli interessi entrano in contrasto.

Pensateci, quando vi dicono che “la democrazia” sarebbe un luminoso insieme di certezze, diritti e regole…

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