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L’Eurogruppo vuole schiantare il governo greco

Le poche dichiarazioni provenienti dall’Eurogruppo convocato oggi sono restano vaghe o bisognose di precisazioni che non arrivano. Secndo un comunicato del governo Tsipras, per esempio, iI negoziati riprenderanno mercoledì a Bruxelles, il Governo greco continuerà ad aggiornare la lista delle riforme e le istituzioni sono disponibili a risolvere i problemi finanziari del governo.

Le settimane passate ci hanno però abituato a smentite clamorose, retromarce e ultimatum rinviati. Vedremo. Da quel che è stato dichiarato invece all’ingresso, da parte dei principali protagonisti, sembra chiaro che l’Unione Europea ha deciso di stringere il cappio al collo della Grecia e di Cipro (le cui banche centrali non potranno comprare titoli di stato del proprio paese). Il che appare comprensibile solo se questo tipo di pressione drastica è interna a una logica di regime change, sul tipo imposto con le “guerre umanitarie”. L’unica differenza è che le armi usate sono fondamentalmente finanziarie.

Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, per dirne una, ha confermato che mercoledì riprenderanno i negoziati «con le istituzioni» (il tedesco Schaeuble è più sbrigativo e continua a chiamarla Troika). Le discussioni avverranno a Bruxelles e saranno sul piano definito “tecnico”, ma «allo stesso tempo» l’Eurogruppo pretede che propri funzionari siano presenti  ad Atene, per condizionare o comunque interferire con le decisioni del governo Syriza. Insomma: il quadro prima rifiutato.

All’Eurogruppo la Grecia si era presentata con una lista di sette “riforme” (c’è chi dice sei) invece delle venti pretese dalla Ue e dal Fmi. Soprattutto, le riforme indicate non erano tra quelle richieste. Tra il taglio delle pensioni che sta a cuore a Bruxelles e la lotta all’evasione fiscale prospettata da Atene c’è una certa differenza: cambiano totalmente i volti di quelli chiamati a pagare.

Ma senza le riforme “prescritte” non ci sarà nessuna erogazione dell’ultima tranche di “aiuti” nei confronti della Grecia. Lo stesso Dijsselbloem si è mostrato strafottente e annoiato: «È stato perso molto tempo, non dobbiamo perderne ancora. Dall’ultima riunione dell’Eurogruppo è stato fatto poco, la questione del tempo è una questione centrale adesso. Sosterremo ulteriormente la Grecia se il paese proseguirà sulla strada delle riforme e penso che le discussioni sul programma e sulle riforme debbano riprendere molto rapidamente».

La traduzione non sarebbe necessaria, ma va fatta lo stesso: il governo greco fin qui non ci ha obbedito (o almeno non totalmente), quindi ci siamo stufati e cerchiamo di fargli capire che qui comandiamo noi; loro dovranno fare quello che noi gli diciamo di fare, come avveniva con Papandreou e Samaras; non c’è spazio per chi vuole “riformare” la governance che noi esercitiamo in maniera incontrollabile dai singoli governi nazionali (Germania a parte, unico paese in cui Parlamento e Corte Costituzionale giudicano se gli accordi europei violano o no la “sovranità” tedesca).

Ancora più diretto, nello stesso senso, Wolfgang Schaeuble, secondo cui il governo greco «deve realizzare quanto promesso e deve astenersi, così come concordato con l’Eurogruppo, da ogni iniziativa unilaterale non decisa assieme alla troika». Come avveniva prima che Tsipras e Varoufakis vincessero le elzioni per poratre fuori la Grecia dall’austerità e dal tallone di ferro “europeista”.

Anche Washington, alla fine, sta premendo sulla Grecia perché abbassi la testa e faccia quel che le viene ordinato. In fondo, messi sulla bilancia, i poveri greci contano assai meno di quell’Unione Europea impegnata nel negoziato Ttip per la creazione di un “mercato comune euroatlantico”.

Come sempre avviene quando cerchi di condurre un negoziato con chi vuole soltanto sottometterti, il governo Tsipras prova a mischiare di continuo le carte per cercare di accontentare i “partner” senza scontentare troppo il popolo che l’ha mandato al governo. Ma il potere – al contrario del governo – è di un altro pianeta.

Fonti ufficiali del governo hanno spiegato che proporranno nuove misure, in grado di produrre “immediatamente” risultati finanziari e di bilancio. Tempo e velocità, infatti, erano stati pochi minuti prima citati da Dijsselbloem come punti fondamentali. Ma non esce dal sentiero stretto che l’esecutivo si è dato nel trattare: previsti infatti incentivi per favorire la richiesta di scontrini e fatture in ogni operazione commerciale, in modo da abbattere buona parte dell’evasione (in Italia se parla da millenni, perché solo mettendo in contraddizione gli interessi di chi compra e di chi vende si può far registrare una transazione; ma natiralmente non se n’è mai fatto nulla).

Di fatto, la Troika ha preteso il ritorno dei propri funzionari ad Atene, probabilmente gli stessi che il governo Syriza si era rifiutato di incontrare subito dopo la vittoria elettorale.

Un gesto politico, non economico.Perché la natura della partita è solo politica: schiacchiare la Grecia finché non cambierà governo. O perché quello insediato si arrende, o perché – se resiste – si manda il paese sul lastrico e se ne “spinge” uno molto più obbediente. Regime change, insomma, perché nessuno deve illudersi di cambiare la natura dell’Unione Euro-tedesca-

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