I provvedimenti giudiziari a carico di alcuni esponenti del golpismo hanno messo in allarme tutto il bouquet dei mandanti statunitensi ed europei e la campagna mediatica e politica internazionale ha preso il via. I media fanno il loro sporco lavoro di sostegno all’impero e quelli italiani sono in prima fila. E’ una campagna strumentale, perché i provvedimenti arrivano in applicazioni di leggi dello Stato e non vi sono motivi per ritenerli un abuso.
L’inchiesta intende smantellare la struttura politico-militare del golpismo. L’obiettivo non è limitare le candidature dell’opposizione, prova ne sia che non vengono colpiti solo gli aspiranti candidati, bensì tutti coloro che svolgono un ruolo preciso nei piani golpisti. Si tratta di estirpare il golpismo, mandarne in fumo i piani esecutivi previsti per il dopo elezioni e di farlo applicando la legge. Gli esponenti della destra golpista non sono indagati per le idee che professano ma per i fatti che compiono. Non rischiano condanne per le loro opinioni politiche ma per violare le leggi.
La fonte di Diritto è la Legge 1055, significativamente l’articolo 9. Esso sanziona coloro che, in oltraggio alla patria e contro l’interesse nazionale, promuovono sovversione dall’esterno, invocano interventi militari, sanzioni ed embarghi verso il Paese. La legge 1055 trae ispirazione dalla legge del Febbraio 1995, a firma di Violeta Chamorro, che venne votata e difesa anche da alcuni di quelli che oggi la patiscono. Che Chamorro madre abbia emanato una legge che 25 anni dopo colpisce Chamorro figlia, è un feroce esempio di karma vendicativo.
Si parla di attacco alle candidature, ma Ortega non ha nessuna convenienza ad alterare il quadro elettorale: i sondaggi di tutti gli istituti chiariscono che la destra, anche tutta insieme, non riuscirebbe a superare il 26% dei voti, mentre l’indice di approvazione del Presidente sfiora il 68% e il cosiddetto “voto duro” del FSLN è al 46,7% dell’elettorato. Il sondaggio M&R Consultores del Maggio 2021 vede il 58,3% per il governo e il 22,7% per l’opposizione. Pensare che il Comandante Ortega possa perdere significa credere che in pochi mesi vi sarebbe uno spostamento complessivo ed unidirezionale del 45% dei voti, ovvero un elettore su due circa. La destra può anche sognare, ma rischia di risvegliarsi ai piedi del letto sudata e dolorante.
Sull’applicazione o meno delle leggi si gioca il conflitto tra lo Stato di Diritto e il rifiuto dello stesso. La destra golpista rifiuta ogni atto legislativo perché non vuole legittimare la sovranità dello Stato nicaraguense. Non riconoscere il governo, il Parlamento e le leggi che emana, è il retroterra e il senso del golpismo. Negare l’istituzionalità del Paese derivata dal voto popolare, e provare a rovesciarla con un colpo di Stato, gli appare sostenibile di fronte al mondo. Da qui parte la nuova avventura golpista.
Il riflesso di Pavlov
Come ogni due mesi, gli USA hanno inflitto sanzioni. Stavolta a Camila Ortega, colpevole di essere figlia di Daniel ed eccellente creatrice di moda; a Edwin Castro, efficiente capogruppo FSLN al Parlamento; al Presidente della Banca Centrale Ovidio Reyes e a Julio Modesto Rodriguez Balladares, membro dell’esercito. Non sono colpevoli di nessun reato, a parte essere sandinisti. Le nuove sanzioni sono un certificato di impotenza, un riflesso pavloviano. Washington vuole confortare il funzionariato locale dell’impero, impaurito dal dover pagare i conti in sospeso. Destino inevitabile per i candidati a tutto senza essere nessuno, che pensano di piegare leggi e norme alla loro convenienza.
Obbligati a farsi rispettare
Aggiornare l’ordinamento legislativo a difesa dell’integrità del Paese è stata la risposta necessaria ai piani di destabilizzazione preparati da USA e destra golpista, oligarchia e gerarchia cattolica. Ma, pur in presenza di leggi che regolano diritti e doveri e che stabiliscono limiti e ambiti dell’agire politico, come Costituzione comanda, la destra non rinuncia a spostare il suo agire politico nel golpismo.
L’occasione per rientrare nel circuito politico legale gli era stata data con il provvedimento di amnistia, che prevedeva però la condizione di non ripetizione dei delitti, tra i quali quelli di promozione dell’eversione. Ma la destra ha scelto di continuare il cammino golpista: processioni continue in USA e UE per chiedere leggi punitive contro il Paese, indicazione di nomi e società su cui indirizzare le sanzioni, campagne infami contro il governo, raccontando scene apocalittiche finte e da film horror, persino inventando migliaia di morti di Covid mai esistiti, con l’obiettivo di far scattare misure di isolamento internazionale.
Ma questa è solo una parte del progetto golpista. Parallelamente cammina quella militare. In questi ultimi mesi il flusso del denaro dagli USA e dall’Europa è proseguito, benché le fondazioni chamorriste abbiano dichiarato la cessazione delle attività. Solo negli ultimi mesi ballano oltre 7 milioni giunti dalla USAID alla Chamorro dei quali non vi è notizia. Di quel denaro non si è voluto dare tracciamento e scopi, violando così le leggi e disprezzando il ruolo delle autorità. Ovunque nel mondo questo porta al carcere immediato ed al sequestro giudiziario dei beni: perché quindi il silenzio? Facile. Perché non deve essere detto ciò che è meglio non dire.
Cioè che quel denaro in parte è sì rimasto nelle tasche della famiglia, notoriamente dall’appetito vorace, ma in buona parte è andato a finanziare operazioni clandestine che una parte dell’opposizione ha in corso. Stiamo parlando di finanziamenti destinati a cumulare mezzi e risorse per un nuovo tentativo di golpe da scatenare dopo le elezioni, come dice Arturo Cruz al telefono con un suo compare e come Felix Maradiaga ha già annunciato. Si tratta del piano RAIN, che prevede uno schema ideologico che garantisca gli interessi degli Stati Uniti in Nicaragua.
Gli attacchi al Nicaragua non hanno nulla a che vedere con presunti abusi legislativi; sono politici, improntati al conseguimento dell’obiettivo: scalzare il sandinismo dal governo e porre la destra al comando. Come avvenuto in Honduras e Bolivia, come tentato in Venezuela, così in Nicaragua. Cacciare chi ha i voti e insediare con la forza chi non li ha. Questo il senso profondo del golpismo.
Chi chiede conto a chi?
Appare strumentale l’indignazione europea e statunitense per le inchieste in Nicaragua. Circa la legiferazione nicaraguense in tema di sicurezza nazionale, davvero sembra un paradosso ascoltare critiche dal paese del Patrioct Act. Se hanno a che dire circa le detenzioni in Nicaragua, gettino prima un occhio su Guantanamo, dove finiscono i sospetti dei reati sotto inchiesta in Nicaragua. Se Cruz, Maradiaga e compagnia fossero stati accusati degli stessi reati sul suolo statunitense, infatti, oggi nessuno saprebbe dove sono e nessun avvocato saprebbe come e da cosa difenderli. E anche l’Europa è meglio che taccia, visto lo scempio del Diritto avuto in Italia con la legislazione d’emergenza contro il terrorismo.
Leggi restrittive sulle candidature? Negli Stati Uniti, per il tradimento alla patria in combutta con soggetti esteri, oltre all’incandidabilità la legge prevede 15 anni di carcere. E anche nella “civilissima Europa”, vi sono disposizioni dure per tutelare l’interesse nazionale. In Italia, ad esempio, all’articolo 9 del Decreto del Presidente della Repubblica 361/1957, si precisa che “casi di ineleggibilità riguardano tutti coloro che abbiano rapporti con governi stranieri (ad esempio il personale diplomatico di ogni ordine e grado) e tutti coloro che, pur avendo cittadinanza italiana, abbiano un impiego da governi stranieri”. C’è un esempio più concreto di impiego da governi stranieri che quello di riceverne milioni di dollari? E perché il decreto italiano è condiviso mentre in Nicaragua è criticato?
Le preoccupazioni statunitensi ed europee circa la sorte dei giornalisti non le abbiamo registrate con Juliane Assange, costretto all’esilio prima e alla prigione poi per aver documentato la verità sulle mattanze statunitensi in Irak e Afghanistan; né si rammenta la UE chiedere conto alla GB e agli USA della sorte di Juliane Assange, così come nessun giornale europeo ne ha chiesto la sua liberazione.
Non si ricordano parlamentari europei sanzionare l’Arabia Saudita per aver ucciso e squartato il giornalista d’opposizione Kashoggi. E dove sono le sanzioni all’Ucraina per l’assassinio in Donbass del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli? E quelle a Israele per l’assassinio del giornalista italiano Raffaele Ciriello? E all’Egitto per il ricercatore Giulio Regeni? Silenzio ossequioso, regna il business. Diversi pesi ma una unica misura: quella dell’ipocrisia.
Preoccupati gli spagnoli dell’incolumità dei golpisti nicaraguensi? Chi sta messo male, privo di immunità, si chiama Carles Puigdemont e fino all’anno scorso era Governatore della Catalunya. E’ stato costretto al carcere e all’esilio per essersi battuto legalmente per l’indipendenza della sua regione dalla monarchia spagnola. Il Parlamento Europeo che sanziona il Nicaragua è lo stesso che il 9 marzo di quest’anno ha tolto l’immunità parlamentare a Puigdemont, a Toni Comín, ministro della Salute e a Clara Ponsatí, ministra dell’Istruzione, esponendoli così alla vendetta della monarchia più corrotta del mondo.
Dunque, se la UE o il Parlamento Europeo vogliono difendere chi è colpito per le sue idee politiche, puntino il dito sulla Spagna, il paese europeo più attivo nel sostegno al fascismo latinoamericano. Oppure, sempre restando in Europa, vada a vedere quante sono le vittime dalla repressione criminale della polizia francese contro i gilet gialli.
Se invece per preoccuparsi degli arresti preferiscono l’America Latina, chiedano conto della ingiusta condanna di Jorge Glas, ex vicepresidente dell’Ecuador, sotterrato da un complotto giudiziario organizzato da Lenin Moreno, versione andina di Giuda. Se vogliono discutere di terrore di Stato, parlino di Cile o di Colombia e del suo narcogoverno assassino. E ricordino di aver ricevuto a Strasburgo, con tutti gli onori, Salvatore Mancuso, capo delle criminali AUC colombiane. Tanto per indicare quanto i diritti umani stiano a cuore a Bruxelles.
Golpismo, malattia senile del malinchismo
Prima di ogni altra cosa il golpismo è destabilizzazione. Rifiuta le regole del gioco democratico e si esprime attraverso il malinchismo entreguista, che in Europa è denominato “collaborazionismo”: ovvero porsi al fianco del nemico, schierarsi contro gli interessi della Patria di fronte al conflitto di interessi tra essa e i Paesi con interessi confliggenti.
Perché per definire un Paese come “nemico”, non c’è bisogno di una dichiarazione di guerra formale: l’ostilità politica reiterata, il posizionamento avverso sul piano internazionale, l’esercizio di misure di carattere restrittivo, la mancanza di rispetto e di riconoscimento dei suoi processi istituzionali e il sabotaggio commerciale da soli disegnano un quadro aggressivo, una minaccia per la sicurezza nazionale e definiscono una relazione avversa con un paese ostile. Allearsi con esso contro il proprio Paese, ovunque nel mondo si chiama tradimento alla patria ed essere sostenuto da un circo mediatico non lo trasforma in libertà d’espressione. Tradimento è e tradimento resta.
Il presidente messicano ha definito il golpismo come un processo non necessariamente armato, ovvero non unicamente iscrivibile ai militari o all’esercito. Il golpismo, per Lopez Obrador, è anche preparazione di un golpe attraverso un clima di destabilizzazione che si costruisce con l’appoggio di governi stranieri, di media e di altri organismi.
In Nicaragua, oltre che quinta colonna del nemico, la destra golpista è essa stessa il nemico. Ha pensato di poter non riconoscere la funzione pubblica agli organi competenti convinta che tanto mai avrebbero reagito per timore di produrre una crisi politica alla vigilia del voto. Calcolo sbagliato, perché non coglie la centralità assoluta che istituzionalità e legalità hanno nel progetto di governo sandinista. Che è un progetto rivoluzionario proprio perché non si è limitato ad amministrare meglio che in passato, ma ha completamente ribaltato l’idea di uno Stato ostaggio delle famiglie oligarchiche e di un ordinamento giuridico e costituzionale ad esclusiva funzione decorativa. La Costituzione governa il Nicaragua.
Anche sul piano della tattica politica la destra sbaglia. Perché nel momento in cui si anticipano sanzioni, minacce internazionali e il non riconoscimento di legittimità del processo elettorale, viene meno l’utilità per un dialogo tra Nicaragua e USA, unica cosa che potrebbe in qualche modo disinnescare il clima con riverberi positivi anche per la destra.
Qual è la via d’uscita?
Dalla Nica Act alla legge Renacer, in discussione al Congresso, gli USA hanno ripreso il loro vecchio vizio: provare a piegare il Nicaragua con odio ideologico e misure draconiane illegittime per il Diritto Internazionale. Gli USA non considerano accettabile il riconoscimento di una storia e di un percorso diverso, anche quando non sia necessariamente ostile, basando sul reciproco rispetto le relazioni. Ma perché il Nicaragua, che lungo tutta la sua storia ha respinto anche con la forza il tentativo di ingerenze statunitensi nei suoi destini, dovrebbe ora accettarle?
Il segnale é chiaro: se si ritiene che Managua subisca aggressioni senza reagire, si è fuori strada. Washington crede di poter piegare il Nicaragua, ma non vi riuscì in condizioni infinitamente peggiori per Managua, figurarsi adesso, dove il contesto è più favorevole, per diversi ordini di motivi, interni ed internazionali, regionali come globali.
Se quella in corso è una crisi allora si deve trovare una soluzione. Una soluzione politica, perché la decisione di organizzare un nuovo golpe è politica e perché i mandanti sono politici. Dunque, se negoziato dovesse darsi, sarebbe tra Nicaragua e USA. Inutile chiedere un dialogo nazionale: nessuno parla con i nani se c’è il proprietario del circo. Dunque, se gli Stati Uniti sono preoccupati per i loro interessi e per la tutela dei loro agenti locali, dovranno rinunciare alla promozione del terrorismo e della destabilizzazione permanente, accettando una relazione fondata sul rispetto reciproco.
Ortega ha passato la vita intera a gestire conflitti per arrivare alla pace, dimostrando di essere abile in entrambi gli ambiti. Tocca a Biden decidere il destino dei suoi impiegati. A quello del popolo nicaraguense ci pensa il Sandinismo, guidato dal suo Comandante, il Presidente Daniel Ortega.
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