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Kiev vuole la guerra in Donbass: sequestrato un rappresentante della LNR

La mattina del 13 ottobre scorso, nell’area di Zolotoe, un’ottantina di km a nordovest di Lugansk, il rappresentante della LNR al Centro congiunto per il controllo e il coordinamento del cessate il fuoco, Andrej Kosjak, disarmato, è stato sequestrato da sabotatori ucraini.

L’episodio avviene mentre continuano i bombardamenti su alcune aree della DNR, anche alla periferia della capitale Donetsk, con artiglierie da 152 mm e mortai da 120 mm, proibite dagli accordi di Minsk: danneggiate abitazioni, per fortuna nessuna vittima.

Proprio a Donetsk, continuano le manifestazioni di fronte all’hotel in cui sono alloggiati i cosiddetti “osservatori” del OSCE, perché intervengano per la liberazione di Kosjak e, soprattutto, perché svolgano davvero, e non a parole, l’attività di osservatori. I

l leader della LNR, Leonid Pasečnik, ha definito “inspiegabile” il fatto che gli osservatori OSCE, che si trovavano a pochi chilometri dal luogo del sequestro, siano giunti sul posto solo dopo un’ora e mezza, non abbiano ancora installato nell’area una telecamera (come si fa sistematicamente in altre aree) per fissare l’effettivo arretramento delle truppe e che, dunque, sia difficile definire “imparziale” la loro attività.

Anche il leader della DNR, Denis Pušilin, ha definito “inaccettabile” l’atteggiamento della missione OSCE e la sua passività.

L’organizzazione SaveDonbassPeople scrive che il regime di Kiev sabota scientemente il processo di pace e gli accordi di Minsk, sequestrando sfacciatamente, nella “zona neutrale”, un negoziatore ufficiale del Gruppo di controllo della LNR, appena prima della riunione locale del Gruppo di contatto, «rapito, ben sapendo che le Repubbliche popolari del Donbass di Donetsk e Lugansk sarebbero state costrette a reagire, interrompendo immediatamente tutte le trattative e le riunioni del Gruppo».

Anche in rete sono state numerose le reazioni. In molti, sottolineano che «si avvicina la battaglia decisiva»; il rappresentante ufficiale delle milizie della LNR ha dichiarato che Lugansk ha completamente interrotto l’interazione con Kiev al Centro congiunto per il controllo e il coordinamento del cessate il fuoco.

Molti navigatori indicano che questa non è la prima persona del Donbass rapita da Kiev, ma, questa volta «le forze ucraine hanno attraversato il confine». Altri scrivono: «Molti dei rapiti non diranno più nulla: sono semplicemente scomparsi». Oppure: «Kiev si sta chiaramente preparando a un serio aggravamento, dato che si è decisa a tali crimini. Non ha bisogno del dialogo con Donetsk e Lugansk».

Alcuni sono convinti che l’Ucraina si stia preparando a gettarsi sul Donbass, perché sente imminente la propria fine: «La battaglia decisiva si avvicina. Ne parlano questi rapimenti, che mettono fine al processo negoziale sul Donbass. Se l’Ucraina volesse la pace, non farebbe di queste cose; ma vediamo che il Cremlino usa un altro atteggiamento verso Kiev, USA e Europa stanno rinnegando Zelenskij, e anche i baltici più vicini a Kiev stanno solo aspettando il momento per ritagliarsi la parte occidentale dell’Ucraina. Il gas in Ucraina si sta rapidamente esaurendo e una catastrofe economica si profila all’orizzonte. Pertanto, è arrivata l’ultima possibilità per la corsa di Kiev verso est. Non si arrenderà».

Affermazioni di internauti, ma non prive di basi. Proprio in questi giorni, Arsen Avakov, ex Ministro degli interni del regime nazigolpista, è tornato a sollecitare l’elaborazione di scenari di forza per riportare il Donbass sotto il controllo di Kiev: l‘esercito deve fare il proprio lavoro, ha detto Avakov; deve mettere a punto uno scenario ben articolato per la liberazione non solo della Crimea, ma anche dei «territori sequestrati dall’aggressore utilizzando tutte le moderne forme di armi e strategie». I generali ucraini, ha affermato Avakov, dovrebbero lasciare ai diplomatici la tesi sul ritorno del Donbass “esclusivamente per via diplomatica“.

È dunque in questo clima che si è consumata l’operazione di rapimento da parte ucraina.

Sul banditesco sequestro di Andrej Kosjak, riportiamo per intero la dichiarazione rilasciata il 20 ottobre da Oleg Akimov, Presidente dell’Unione delle comunità della regione di Lugansk.

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Il 13 ottobre 2021, si è verificato un caso eclatante e senza precedenti nell’area di disimpegno di forze e mezzi bellici nella zona di Zolotoe: in violazione di tutti gli accordi, sabotatori ucraini hanno sequestrato Andrej Kosjak, rappresentante della LNR al Centro congiunto per il controllo e il coordinamento del regime di cessate il fuoco. Il sequestro, messo in atto con l’uso delle armi, è avvenuto in un’area cui si estendono le garanzie di sicurezza date dalla parte ucraina.

Mentre nel corso della riunione del Gruppo di contatto, svoltasi lo stesso giorno, il capo della missione di monitoraggio del OSCE in Ucraina, Yashar Halit Cevik, dichiarava che la questione del rilascio di Kosjak era già stata risolta e che una pattuglia della missione di monitoraggio stava recandosi sul luogo dell’incidente, un ufficiale del Centro congiunto di controllo era costretto a rimanere in un affossamento, con gli occhi bendati e evidenti segni di violenze.

Con la cattura di un osservatore della Repubblica, Kiev mina la fiducia nel sistema di garanzie di sicurezza reciproca, viola gli accordi sul cessate il fuoco precedentemente firmati e blocca anche il meccanismo del Centro congiunto di controllo nella sua attuale composizione.

A tutto il 20 ottobre 2021, sono già sette giorni che le forze militari di Kiev trattengono illegalmente l’ufficiale della rappresentanza della LNR presso il Centro congiunto per il controllo e il coordinamento del regime di cessate il fuoco Andrej Kosjak.

Esigiamo che la parte ucraina riconsideri immediatamente la propria posizione, rilasci l’ufficiale dell’ufficio di rappresentanza della LNR al Centro congiunto per il controllo e il coordinamento del cessate il fuoco Andrej Kosjak, detenuto illegalmente, cessi le perfide e flagranti provocazioni sulla linea di contatto in Donbass e torni all’attuazione degli accordi di Minsk.

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