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“Comienza El Cambio”: Il significato delle elezioni in Colombia

Poco meno di 40 milioni di cittadini colombiani sono stati chiamati alle urne domenica 13 marzo per le elezioni politiche.

Erano 2432 i candidati in lizza per il Senato e la Camera Bassa.

Sui 296 posti che sono stati assegnati, 16 seggi sono stati riservati alle Circunscripciones Transitorias Especiales de Paz che riguardano 167 municipi dei 16 dipartimenti colpiti dal conflitto armato, secondo quanto stabilito dagli Accordi di Pace del 2016.

Le elezioni presidenziali si terranno il 29 maggio, 19 giugno in caso di ballottaggio, qualora nessuno degli sfidanti superasse il 50% più uno dei votanti.

La Coalizione progressista Pacto Histórico è la vera vincitrice delle elezioni politiche.

Questo raggruppamento – a cui partecipano una dozzina di organizzazioni – ha tenuto le proprie primarie per le presidenziali, insieme ad altre due coalizioni, contestualmente alle elezioni per il Senato e la Camera Bassa.

La consulta del PH ha incoronato l’ex sindaco di Bogotà, nonché ex-guerrigliero del M-19, Gustavo Petro, con quasi di 4 milioni e 500 mila voti, circa l’80% dei votanti; e come candidata alla vice-presidenza l’attivista ambientalista, femminista e afro-discendente Francia Márquez, con più di 700 mila voti.

Petro è stato il candidato più votato delle primarie di tutte le coalizioni, mentre rquez la la terza.

Gli altri due vincitori delle primarie sono stati Sergio Fajardo per il Coalición Centro Esperanza, con il 33% dei votanti e 600 mila voti, e Federico Fico Guitérez di Equipo por Colombia, con il 54% dei votanti e più di due milioni di voti.

L’alta partecipazione alle primarie del PH, che distanza di molto quella delle altre due coalizioni è già un dato che fa riflettere sul desiderio di cambiamento di una parte rilevante della popolazione, che vede nel Pacto lo sbocco politico delle oceaniche mobilitazioni del Paro Nazional, tra la primavera e l’estate scorsa.

Il PH è la prima formazione al Senato con 17 senatori, e la seconda alla Camera Bassa insieme al Partido Conservador con 25 deputati, contro il 32 del Partito Liberal.

Petro ha dichiarato legittimamente: “abbiamo ottenuto il miglior risultato del progressismo nella storia della Colombia”. La sua elezione a presidente potrebbe consolidare il processo e diventare un evento epocale.

PH, “conservatori” e “liberali” sono le tre maggiori formazioni uscite vincitrici dalle urne, che hanno visto una sconfitta netta dell’“uribismo”.

Equipo por Colombia, infatti, ottiene molto meno voti ed eletti di quelli avuti dalla formazione del presidente uscente Duque, erede di Uribe: 14 senatori eletti oggi contro 19 nel 2018, 16 deputati contro i 32, con una media di voti persi tra i 600 mila e 700 mila sia per la Camera Bassa che al Senato.

Viene sconfitta, ma non scompare quindi, anche se sono oramai lontani i tempi in cui Uribe vinceva a man bassa al primo turno delle presidenziali nel 2006.

Appare chiaro che sia per le presidenziali, sia dopo una eventuale vittoria, il PH avrà bisogno di intessere ulteriori alleanze per aspirare a governare il Paese e per attuare, almeno in parte, il suo ampio programma progressista.

Dovrà scongiurare che, come per le presidenziali precedenti, che avevano visto la vittoria di Duque e la seconda sconfitta di Petro, le altre forze politiche si uniscano in una sorta di todos contra Petro.

É chiaro però che la campagna elettorale si giocherà sul confronto tra petrismo e antipetrismo, cercando di terrorizzare quella rilevante parte dell’opinione pubblica che si definisce “centrista” – specie tra la classe media – ma che non ha trovato una offerta politica adeguata all’interno delle attuali coalizioni moderate.

Le oligarchie che hanno dominato la Colombia non intendono certo perdere la propria rendita di posizione, nonostante non siano più in grado di esercitare una egemonia; e non è peregrino che giocheranno tutti gli strumenti, legali e non, per non cedere il loro potere.

Le speranze di apertura di una nuova fase dopo gli Accordi di Pace sono ben presto sbiadite, perpetuando nuovamente quel genocidio politico che aveva profondamente segnato il paese, con l’eliminazione sistematica degli attivisti della Unión Patriótica, da metà degli Anni Ottanta.

Gli Accordi di Pace sono stati infatti abbondantemente disattesi, considerato l’alto numero di omicidi politici nei confronti degli ex-guerriglieri delle FARC (più di 300), ed in generale degli attivisti politici (più di 1.300 dalla firma degli accordi).

I dati dell’osservatorio che ne monitora l’applicazione, Indepaz, riportano che gli avanzamenti politico-sociali in questo senso non superano il 20% di quelli sottoscritti.

La Colombia è al primo posto al mondo di questa tragica “classifica” di omicidi politici, seguita da Messico e Brasile.

Sempre secondo Indepaz, nel solo 2021, ci sono stati 96 massacri, con 338 vittime, ed in questi mesi del 2022 sono avvenute 20 stragi con 61 vittime.

La pandemia, poi, non ha fatto che aggravare le condizioni di vita nel Paese, dove più di 6 milioni di persone sono state contagiate e circa 140 mila sono decedute.

L’oligarchia non ha mai ceduto “un centimetro” della sua rendita di potere alle classi popolari, e la crisi non ha fatto che aumentare la polarizzazione sociale.

Sono infatti, più di 21 milioni di persone che attualmente vivono sotto la soglia della povertà, ed il tasso di disoccupazione superiore al 13%.

La delegittimazione dell’élite politica a causa delle mancate risposte alle domande della popolazione ha portato allo scoppio di un movimento inedito, tra l’aprile e l’agosto dell’anno scorso, sviluppatosi a partire dalla richiesta di ritiro di una riforma fiscale assolutamente iniqua, ma ampliatosi molto nei suoi contenuti toccando i temi che sono stati poi largamente ripresi dal programma del PH.

Un movimento ferocemente represso, con 63 morti per mano della “forza pubblica”.

Con queste elezioni politiche il sistema di potere “uribista” – che ha intrecciato narco-traffico, rendita politica, e forze paramilitari legate agli apparati di sicurezza dello Stato (dal 2017 è anche membro della NATO) è stato scalfito, e la possibile vittoria alle presidenziali di Petro potrebbe contribuire ad indebolirlo ulteriormente.

Come Rete dei Comunisti, siamo al fianco del popoli dell’America Latina che stanno cercando una propria traiettoria di emancipazione dal neo-liberismo, dall’imperialismo statunitense e dal neo-colonialismo europeo.

Come abbiamo ribadito con l’inizio della campagna nazionale in solidarietà dell’America Latina ci impegneremo nel sostenere questa coalizione progressista nella certo non facile battaglia alle elezioni presidenziali.

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