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Corsica: il nuovo movimento indipendentista

Con le mobilitazioni iniziate il 2 marzo, in seguito al tentativo di assassinio del militante indipendentista Yvan Colonna, detenuto nel carcere di Arles, la lotta di liberazione corsa sta conoscendo una nuova stagione.

La mobilitazione di domenica scorsa a Bastia e le iniziative successive hanno confermato la sua capacità di tenuta ed una ritrovata unità, grazie anche alla creazione di un collettivo che raggruppa il variegato fronte di forze politiche, sindacali, studentesche, e anti-repressive che va dalle espressioni “autonomiste” più moderate – come Femu a Corsica di Gilles Simeoni -b a quelle propriamente indipendentiste, come Corsica Libera di Jean-Guy Talamoni.

É sempre utile ricordare che il quadro politico corso è stato radicalmente cambiato dalla serie di successi elettorali che da 8 anni a questa parte caratterizzano le principali formazioni politiche isolane, senza che ciò venisse sostanzialmente considerato da Parigi, che pure ha visto azzerato il suo tradizionale sistema di clientele politiche poggiante su alcune famiglie di storici “notabili”.

Questa distanza tra Parigi e la Corsica non ha fatto che ampliare l’indifferenza per la politica dell’Esagono nei confronti dei suoi abitanti, mantenendo invece una forte attenzione ai temi di gestione della Collettività Territoriale – e del dibattito politico che ne derivava – che si è tradotta in una partecipazione al voto più alta che nel resto della Francia alle ultime elezioni amministrative, mentre la lontananza dalla politica istituzionale nell’Esagono si è tradotta nell’astensionismo.

Un corso su due ha votato nazionalista”, ricorda la professoressa Wanda Mastor – intervistata da Mediapart – a proposito delle elezioni del giugno 2021.

Le principali rivendicazioni politiche, ribadite in queste settimane, sono però rimaste lettera morta, senza che si sia registrato – né sotto la presidenza Hollande, né sotto il mandato di Macron – alcun avanzamento significativo.

Questo nonostante le promesse fatte dall’attuale presidente già in campagna elettorale nel 2017 e reiterate successivamente un anno dopo.

Lo stesso Gilles Simeoni, leader di Femu a Corsica e a capo dell’attuale esecutivo insulare, in una intervista a Mediapart è costretto ad ammettere: “Quando i giovani chiedono a cosa serve la democrazia è difficile rispondergli”.

Una situazione che sembra si sia sbloccata con lo sviluppo di questo inedito movimento per cui è diventato senso comune il fatto che “si avanza più in 7 giorni di violenza che in 7 anni di contrattazione”.

Se si tiene conto del bilancio stilato dalle autorità competenti su ciò che è avvenuto a Bastia a seguito della mobilitazione, promossa dal collettivo unitario e iniziata sotto il Palazzo di Giustizia, la parola sommossa non appare retorica.

102 persone sono rimaste ferite, di cui 77 tra le forze dell’ordine, tra cui alcune gravemente. Sono stati lanciati 650 cocktail Molotov, mentre quattrocento erano stati trovati in un parcheggio, poco prima della manifestazione.

Le forze dell’ordine hanno fatto uso di 4.000 granate lacrimogene, una decina di granate anti-accerchiamento – che contengono esplosivo – e per tre volte sono ricorse alle “pallottole di gomma” (LBD), ritirandosi dopo avere “finito le munizioni”.

Sulla non certo brillante prova della Gendarmerie e dei CRS si è scatenata l’ironia corsa; “Veni, Vidi, Scappi”, recita una vignetta dedicata alle forze dell’ordine circolata nei canali indipendentisti.

La dura repressione conosciuta fin da subito, dopo l’aggressione a Colonna, è stata come “benzina sul fuoco” ed ha creato una vasta solidarietà tra la popolazione, che ha creato dei veri e propri “muri umani” in difesa degli studenti in varie città.

In questo periodo di tempo, la lotta armata clandestina del FLNC – a lungo uno degli aspetti più rilevanti del movimento di liberazione corso – non è volontariamente intervenuta nella vita politica, limitandosi a monitorare l’evoluzione. Una aspetto che potrebbe variare, considerato il comunicato che il Fronte ha fatto pervenire questo mercoledì, primo giorno della visita di Gérald Darmanin in Corsica.

L’organizzazione clandestina aveva deposto ufficialmente le armi nel 2014, al termine di quaranta anni di lotta armata, costellata da più di 4.500 attentati rivendicati, ed un consenso popolare che è stato a lungo il mare in cui nuotava.

Nel suo comunicato, il FLNC saluta la famiglia di Yvan Colonna, e sostiene la lotta dei giovani corsi con un climax efficace: “Il disprezzo genera collera, e la collera porta alla rivolta. E da noi la rivolta porta all’insurrezione”.

Il comunicato si conclude con un monito molto chiaro: “Se lo Stato resta ancora sordo, allora non ci potrà essere ulteriormente il sacrificio dei giovani che non porti ad una reazione proporzionata da parte nostra”; e per essere espliciti “rapidamente, le battaglie di strada di oggi saranno quelle del maquis della notte di domani”.

Una minaccia che Parigi non può che prendere sul serio, considerata la coerenza politica del Fronte.

Il ministro dell’Interno, come abbiamo riferito, ad un mese dalle elezioni, si è recato sull’Isola ed annunciando preventivamente l’inizio di un ciclo di dialogo con gli eletti e le forze vive dell’Isola, chiarendo che: “non si può avere un dialogo in un contesto di violenza. Il ritorno alla calma è una condizione sine qua non”.

Un ciclo che comunque non potrà che aprirsi solo dopo l’eventuale secondo mandato presidenziale di Macron.

Il Ministro ha detto esplicitamente che “siamo disposti ad andare fino all’autonomia”, e mercoledì stesso si è incontrato con i rappresentanti delle forze politiche – una ventina – che compongono il collettivo. Ma il concetto di autonomia richiamato è abbastanza vago…

In generale le dichiarazioni del Ministro, precedenti la sua visita, hanno creato più sfiducia che entusiasmo. Il giudizio comune è stato che si trattava di una apertura troppo tardiva, tesa solo a calmare le acque, e di fatto, nell’incognita dei risultati che scaturiranno dalle imminenti elezioni presidenziali, piuttosto evanescente.

Tornando alle mobilitazioni.

La spinta propulsiva di questa nuova fase nell’Isola è stata fornita dalla mobilitazione giovanile, sia nella forme delle iniziative di lotta nell’università di Corte sia nelle scuole medie superiori, che negli scontri di piazza, dove nutrite schiere di giovani con il sostegno di tutti i partecipanti alla mobilitazione – com’è avvenuto domenica a Bastia – hanno ingaggiato una vera e propria guerriglia urbana che non ha risparmiato gli edifici pubblici, simbolo del potere francese, replicando ciò che era avvenuto in varie città nei giorni precedenti.

Il giorno stesso della visita del Ministro dell’interno ci sono state numerose occupazioni di edifici pubblici a Ajaccio, Bastia, Porto Vecchio e Sartene, che hanno ribadito le quattro principali rivendicazioni di questa nuova stagione dell’indipendentismo: verità e giustizia per Yvan, libertà per tutti i prigionieri politici corsi, riconoscimento del popolo corso e una soluzione politica per la Corsica.

Mobilitazioni che erano state precedute la sera prima dai concentramenti di fronte alle prefetture e alle sotto-prefetture

Il tentativo di uccisione di Colonna, e l’impasse a cui sembrava essere giunto il ciclo della politica istituzionale corsa su una serie di questioni “identitarie”, però, non sono gli unici motivi delle mobilitazioni giovanili.

Ad ammetterlo, paradossalmente è lo stesso Ministro dell’Interno nella lunga intervista concessa a Corse-Matin prima della sua visita: “si tratta di dare delle risposte molto attese ai giovani, alle loro difficoltà d’accesso alla formazione, al lavoro, all’alloggio, al fatto di voler vivere sulla propria terra. Bisogna risponderne contestualmente alla questione istituzionale”.

Come sottolinea nella sua analisi Andria Fazi, docente di Scienze Politiche all’Università Pasquale Paoli, intervistato da Corse Net Infos, se i giovani sono stati la presenza più vistosa: “i concentramenti che si sono tenuti dall’inizio del mese hanno riunito tutte le classi d’età, andando al di là dei nazionalisti”.

Come ha scritto Ellen Salvi il 16 marzo su Mediapart, “tra gli abitanti dell’isola, compresi i favorevoli alla rielezione di Emmanuel Macron, tutti condividono lo stesso giudizio: il metodo adottato dall’Esecutivo di fronte alla Corsica è catastrofico”.

A meno di un mese dalle elezioni, con un difficile ruolo alla Presidenza della UE e in piena crisi ucraina, Macron sta raccogliendo i frutti amari delle sue promesse disattese, con una crisi politica che dopo il movimento dei Gilets Jaunes e quello contro la riforma delle pensioni sembra l’ennesimo rompicapo.

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