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Ucraina: la guerra e le regioni che fanno gola ai vicini

Tornano a farsi sentire le voci a proposito degli appetiti polacchi sui territori dell’Ucraina occidentale. Va bene dirsi d’accordo sul comune odio per il grosso vicino orientale; ma a Varsavia nessuno ha mai proclamato “storia passata”, o ha dichiarato ufficialmente di aver rinunciato al dominio polacco sulla parte dell’Ucraina che comprende capoluoghi quali Ternopol, Ivano-Frankovsk, Rovno, L’vov.

Quest’ultima, in particolare, è considerata da Varsavia “la città più polacca della Polonia”, mentre Kiev dichiara trattarsi della “città ucraina per eccellenza”.

L’attacco russo all’Ucraina potrebbe spingere Varsavia ad approfittare delle operazioni militari in corso, per mettere le mani su aree che continua a considerare di propria “influenza”.

A mo’ di esempio (per quanto poco probante, ma certamente indicativo) riguardo il comune sentire polacco-ucraino contro tutto quanto venga dalla Russia, si possono ricordare le origini ucraine, proprio dalla regione de L’vov, allora occupata dalla Polonia, del nonno dell’attuale Presidente polacco Andrzej Duda.

Mikhailo Duda, fu membro del OUN (Organizzazione dei nazionalisti ucraini); nel 1939, addestrato in Germania, insieme al futuro capo del UPA (Esercito insurrezionale ucraino) Roman Šukhevič; quindi inquadrato nel battaglione “Roland” del Abwehr tedesco.

Dall’agosto 1945 fu comandante della centuria “Udarnyka 3”, che continuò attacchi a città e villaggi in territorio polacco e ucraino e che nel 1947 attraversò Cecoslovacchia e Austria per consegnarsi agli americani in Germania.

Nel maggio 1950 – tanto per ricordare a quando risalgano le origini della lotta “della democrazia contro la dittatura” – insieme a un gruppo di emissari, fu paracadutato dai britannici in territorio sovietico, nell’area di Ivano-Frankovsk; nel luglio successivo, accerchiato da un reparto del MGB sovietico, si suicidò.

E dunque: Polonia e Ucraina. Qualche settimana fa, il direttore del controspionaggio russo, Sergej Naryškin aveva accennato alla possibilità che la Polonia introduca proprie truppe in Ucraina occidentale, sotto forma di “contingenti di pace”, per tornare a porre sotto “protettorato” i propri “possedimenti storici”.

Il ricercatore dell’Istituto russo di studi strategici, Oleg Nemenskij giudica realistico un contesto per cui a Varsavia siano effettivamente all’esame dei piani per una “missione di pace“, cui partecipi una “coalizione di volenterosi”, anche senza mandato NATO. Ovvio, dice Nemenskij, che né USA, né NATO intendano prender parte ufficialmente a tale missione; ma è del tutto prevedibile che vi partecipino «alcuni paesi della NATO sotto guida polacca».

Nemenskij condiziona comunque tale scenario a un eventuale repentino avanzamento russo verso l’ovest dell’Ucraina, con Kiev che richiede ufficialmente l’intervento delle “forze di pace”.

Ecco che ora, l’osservatore Aleksandr Bolgov, torna sulla questione, ipotizzando per il Presidente Zelenskij una “evoluzione” opposta alla sceneggiatura del suo immaginario “Slugà naroda”, in cui l’attore Zelenskij aggrega in un unico stato tante regioni divise. Ora, passando dal cinema alla realtà, il percorso potrebbe essere inverso.

A detta dell’ex deputato della Rada ucraina, Il’ja Kiva, Varsavia avrebbe cominciato a costruire “difese” attorno a L’vov, mentre in quella regione ci si preparerebbe a un prossimo ingresso nella compagine polacca.

A conferma di ciò, il sospetto che i convogli di armi per l’Ucraina, prima indirizzati per la maggior parte verso est, si blocchino ora per lo più nell’ovest del paese, dove i polacchi intenderebbero costruire una «nuova linea difensiva» contro la Russia. Questo ufficialmente: in realtà con l’obiettivo di dar vita a una «Ucraina pro-occidentale», con capitale L’vov e la sua futura unione alla Polonia con un referendum.

L’ipotesi ventilata da Kiva, osserva Bolgov, troverebbe indiretta conferma in alcuni documenti dello Stato maggiore polacco, per la messa in assetto di combattimento di tre battaglioni della 6° Brigata aviotrasportata, per l’imminente «difesa delle infrastrutture critiche dall’aggressione russa» nelle regioni de L’vov e della Volynija. In pratica: il dispiegamento di reparti polacchi in Ucraina occidentale.

Ora, i documenti militari polacchi potrebbero esser stati fatti circolare ad arte. Ma, a parte le dichiarazioni di Sergej Naryškin di cui si è detto prima, e altre simili del Segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolaj Patrušev, il canale ucraino Resident Telegram ricorda che «un mese fa avevamo scritto che l’Ufficio del Presidente ha concordato con Varsavia l’introduzione dell’esercito polacco in Ucraina occidentale, per liberare parte dei mezzi militari ucraini da trasferire al fronte orientale».

Solo in futuro, chiosa Bolgov, sarà chiaro se le ipotesi di Kiva siano o no pura fantasia; ma, in ogni caso, se un tale processo prende avvio, è improbabile che si limiti alla divisione polacca delle regioni ucraine de L’vov e della Volynija.

Di una spartizione dell’Ucraina si era cominciato a parlare sin dal dopo-golpe del 2014 e il fondamento era dato dalla resistenza delle diverse minoranze nazionali, non solo quelle dell’est del paese, alla creazione di uno stato assolutamente monoetnico.

Varsavia aveva cominciato a distribuire nelle regioni occidentali ucraine, delle “carte polacche“, che facilitavano il trasferimento in Polonia e la futura cittadinanza polacca.

Più o meno la stessa strada era stata seguita dall’Ungheria, con la concessione di passaporti agli ungheresi dei Carpazi ucraini (tra l’altro, su quelle aree, può avanzare pretese anche la Slovacchia); e la Romania aveva fatto lo stesso nelle regioni ucraine di Bessarabia meridionale e Bucovina settentrionale.

Nessuno di questi paesi ha mai nascosto, quando più, quando meno apertamente, le proprie mire su territori un tempo loro appartenuti o, come il caso polacco per i cosiddetti “Kresy Wschodnie” (Confini orientali) occupati, “polonizzati” e colonizzati tra il 1920 e il 1939. In una situazione di guerra, gli appetiti potrebbero tornare a farsi più concreti.

Dunque, osserva Vladimir Pavlenko su IARex, in teoria non ci sarebbe nemmeno bisogno della capitolazione di Kiev nella guerra attuale: il destino dell’Ucraina verrebbe deciso dalle sue regioni, in cui sono localizzati ben precisi interessi economici, che spaziano dal mondo anglo-sassone, a quello arabo e turco.

Un eventuale disegno di cessate il fuoco potrebbe essere motivato sia dalla volontà di fermare l’avanzata russa verso ovest, che dalla premura per la conservazione di importanti infrastrutture, ora bersaglio delle artiglierie russe, di proprietà o controllate da capitali stranieri.

Il tutto, ovviamente, fatto salvo il disegno strategico USA nei confronti della Russia.

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1 Commento


  • Ernesto

    Meyssan docet !

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