L’Ue ha definito la regione del Sahel una priorità nella sua proiezione esterna e ha destinato a questo ingenti risorse politiche, finanziarie e militari.
Secondo Affari Internazionali però con gli sviluppi politici esogeni ed endogeni all’inizio del 2022, in particolare con la guerra in Ucraina contro la Russia, vedono crescere il disimpegno europeo dal Sahel e dal Mali in particolare.
In primo luogo, i colpi di stato in Mali, Ciad e Burkina Faso hanno generato divaricazioni diplomatiche con l’Ue. Poi, le tensioni diplomatiche tra il Mali e alcuni stati europei influenzano inevitabilmente l’approccio politico-diplomatico dell’Ue. Inoltre, la guerra in Ucraina ha aggravato la situazione europea e accelerato il disimpegno, mentre Mosca sta stabilendo rapporti di cooperazione militare sempre più stretti con Bamako.
I segnali vanno quindi nella direzione di un passo indietro, o almeno di lato, di Bruxelles, per quanto le dichiarazioni ufficiali non siano esplicite su questo. A metà aprile, l’Ue ha interrotto parte della missione EUTM di addestramento delle forze armate e della guardia nazionale maliane per il fatto che “non ci sono sufficienti garanzie di sicurezza da parte delle autorità maliane sulla non interferenza del noto Gruppo Wagner” già sanzionato dall’Ue e accusato di violazioni dei diritti umani, come affermato dallo stesso Borrell. Eppure va sottolineato come molti dei soldati autori dei colpi di stato in Africa sono stati addestrati nei paesi europei, dall’esercito americano e dall’EUTM che ha addestrato gran parte dell’esercito maliano.
La Germania sta discutendo al Bundestag il ritiro del suo sostegno dall’EUTM (e anche dalla MINUSMA, la missione delle Nazioni Unite in Mali). La Danimarca ha ufficialmente ritirato le sue truppe in seguito alla richiesta in questo senso del governo di transizione maliano. L’Italia ha invece confermato la presenza del suo contingente militare nonostante l’attacco subito lo scorso gennaio nella base militare di Gao.
Ma il nodo e il soggetti principale dell’impegno o del disimpegno europeo nel Sahel rimane la Francia.
La confusione regna sovrana e Parigi, anche senza ammetterlo, si rende conto che un declassamento strategico è in atto, ciò che si chiede è se è un fatto inesorabile oppure si possono, ancora, recuperare posizioni e, soprattutto mantenere una presenza che salvaguardi i propri interessi. L’operazione Barkhane, per essere gentili, è stata un fallimento. La Francia, invece, dovrebbe chiedersi se la strategia militare, che prevale su quella della cooperazione allo sviluppo, sia vincente.
Secondo un lungo servizio dell’Agi, il quartier generale francese dell’operazione che succederà a quella Barkhane sarà mantenuto, per il momento, a N’Djamena, in Ciad, con cui la Francia ha un accordo di difesa. Ma la sua forza sarà ridotta. Per quando riguarda il Burkina Faso, dove altri civili sono stati uccisi per mano dei jihadisti nel fine settimana, sta ricevendo l’aiuto francese ma rimane perplesso sul fatto di una intensificazione della presenza sul terreno. Anche qui la propaganda anti-francese, ma soprattutto il sentimento anti-francese, hanno attecchito molto bene.
Secondo Affari Internazionali, “Molte incomprensioni sono state alimentate dall’insostenibile incongruenza della posizione diplomatica francese, che avalla il regime militare in Ciad, guidato dal figlio del defunto presidente Idriss Déby nell’ambito di una transizione dinastica incostituzionale, mentre condanna in modo sempre più deciso l’illegittimità dei leader maliani”.
E poi sul campo la Ue deve misurarsi con la crescente presenza e influenza della Russia. Parigi si lamenta che in Africa occidentale i russi stanno perseguendo una strategia di influenza aggressiva, anche attraverso massicce campagne di disinformazione antifrancesi.
L’intelligence francese sta monitorando le azioni compiute da Wagner sui social network africani che hanno superato i confini del Mali, e si stanno diffondendo in Africa. Mosca è riuscita a strappare all’influenza francese ed europea il Mali, si appresta a fare altrettanto in Burkina Faso. La Repubblica Centrafricana già da tempo ha ottimi rapporti con la Russia, e si stanno moltiplicando gli accordi militari di Mosca con molti stati dell’area.
L’irritazione francese è evidente e i nervi sono scoperti, riporta il servizio dell’Agi, il quale cita un’intervista a Radio France International, dell’attuale comandante dell’operazione Barkhane, il generale Laurent Michon: “La manipolazione della popolazione esiste, si diffondano enormi bugie sul fatto che armiamo gruppi terroristici, rapiamo bambini, lasciamo fosse comuni. È facile fare da capro espiatorio a persone che stanno attraversando situazioni umanitarie e di sicurezza estremamente difficili”.
Insomma le potenze coloniali ed ex coloniali europee stanno perdendo la “guerra ibrida” contro la Russia in Africa, e al momento non sanno che pesci prendere.
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