Fascisti ucraini e tedeschi hanno fatto interrompere a Lipsia la proiezione del film di Oliver Stone “Uckrain on fire” che affronta il colpo di stato di Maidan in Ucraina. Ci sono state alcune risse ed è stata chiamata la polizia.
Il pomo della discordia è il film del 2016, prodotto dal regista americano, che è stato proiettato giovedì sera al festival cinematografico “GlobaLE” di Lipsia.
L’amministrazione comunale di Lipsia ha rilasciato una dichiarazione insolita tramite Twitter in risposta alla contestazioni apparse su Internet. Essendo Lipsia gemellata con Kiev, le istituzioni locali hanno scritto che “La città di Lipsia prende espressamente le distanze dal film ‘Ukraine on Fire’ presentato al festival globaLE. Stiamo facendo tutto il possibile per sostenere l’Ucraina e la nostra città gemella di Kiev contro la brutale aggressione russa“.
Il film di Oliver Stone “Ucraina in fiamme” si occupa del contesto storico delle proteste di Maidan nel 2013/14 contro l’allora governo di Viktor Yanukovich. “Quello che è stato in gran parte descritto dai media occidentali come una rivolta popolare in realtà era un colpo di stato” ha spiegato il regista statunitense.
Oliver Stone mostra soprattutto le vicende del Maidan nel 2013 e 2014, il ruolo degli USA e dell’UE , incluso il “Fuck the EU” di Victoria Nuland, l’investimento nel movimento Maidan e il lavoro dei circoli neoconservatori negli Stati Uniti fino alla CIA, il brutale omicidio dei manifestanti di Maidan e degli agenti di polizia.
Si discute anche dell’influenza di ultranazionalisti (nazisti, in realtà) come “Pravi Sector” sulle violente escalation durante le proteste di Maidan.
Infine ci sono le riprese video dell’assalto alla Casa dei sindacati a Odessa e della successiva strage di ucraini antifascisti di etnia russa, quando venne dato fuoco all’edificio che denunciano quanto accaduto come violento conflitto intra-ucraino sotto l’influenza sia dell’Occidente che della Russia.
Insomma i prodromi di quello che abbiamo sotto gli occhi sin dal 2014 di cui l’attacco militare del febbraio di quest’anno della Russia in Ucraina è stato solo l’ultimo atto.
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leandro locatelli
Chi non conosce la Verità è uno sciocco, ma chi conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente
Petizione diretta al Presidente Mario Draghi e al ministro Cartabia
Andrea Rocchelli, fotogiornalista italiano era andato a documentare gli orrori della guerra in Ucraina, precisamente nel Donbass, ed è stato ucciso per questo. E’ stato assassinato insieme all’attivista per i diritti umani (e interprete) Andrej Nikolaevič Mironov, dal fuoco ucraino, il 24 maggio 2014. William Roguelon, unico sopravvissuto all’attacco, dichiarerà che il gruppo è stato bersagliato da numerosi colpi di mortaio e armi automatiche dalla collina Karachun, dove era stanziata la Guardia nazionale dell’Ucraina e l’esercito ucraino. Gli assassini non sono i russi ma i nostri alleati, addestrati e armati da noi. I “buoni”. Quelli che difendono la libertà. Nel luglio 2017 le indagini hanno portato all’arresto di Vitaly Markiv mentre rientrava in Italia, militare della Guardia nazionale ucraina col grado di vice-comandante al momento dell’arresto ma soldato semplice all’epoca dei fatti, con cittadinanza italiana. Markiv è stato sottoposto a misure detentive di custodia cautelare in attesa del processo che si è aperto a Pavia nel maggio 2018. Durante lo svolgimento del processo, Markiv viene anche accusato dentro e fuori l’aula di simpatie neonaziste. Si legge su Wikipedia: “Il 12 luglio 2019 la corte penale di Pavia ha giudicato Vitaly Markiv colpevole per concorso di colpa nell’omicidio di Rocchelli e Mironov e lo ha condannato a 24 anni di reclusione. Lo stato Ucraino è stato anch’esso giudicato colpevole nella medesima sentenza quale responsabile civile”. Markiv però se la cava, dopo l’intervento delle autorità dell’Ucraina che prendono le sue difese. Ed ecco il colpo di scena: “Il 3 novembre 2020 la Corte d’Assise d’appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell’omicidio dei giornalisti, ha assolto Vitaly Markiv con formula piena escludendo alcune testimonianze chiave dall’impianto accusatorio per un vizio di forma”. Sul tablet e sullo smartphone sequestrati a Markiv, secondo i Ros, sono conservate oltre duemila fotografie. Alcuni scatti mostrano un uomo incappucciato, con una catena di ferro al collo, rinchiuso nel bagagliaio di un’automobile, una Skoda Octavia. In alcune immagini scattate poco dopo, si vede lo stesso uomo, con il volto ancora coperto, gettato in una fossa mentre qualcuno non inquadrato nella ripresa lo ricopre di terra. Altre fotografie ritraggono Markiv davanti alla stessa Skoda Octavia. Quando nell’aula è stata mostrata una foto di agenti della guardia nazionale ucraina con alle spalle una bandiera nazista, Markiv ha chiesto di prendere la parola e ha detto: «Non voglio che la guardia nazionale sia presentata come nazista. La bandiera ritratta in quella foto è soltanto un bottino di guerra» Peccato che il nemico fossero gli autonomisti del Donbass. Non c’è pace senza giustizia, non si annulla una sentenza per vizio di forma, dopo l’intervento delle autorità Ucraine che hanno parlato di complotto e di processo politico, intervento supportato anche da politici di lungo corso italiani. Chiediamo al presidente del consiglio Draghi ed al ministro della Giustizia Cartabia la revisione del processo. Ci sono due vittime innocenti, assassinate perché testimoniavano con il loro lavoro verità scomode, non ci possono essere colpevoli in libertà. La responsabilità penale è personale, indicare come responsabile l’intero esercito ucraino è inutile e sbagliato. Verità e giustizia per Andrea e Andrej.
Puoi firmare la petizione qui: https://chng.it/J4kY6Zdj