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Free Assange. Una catena umana ha circondato il Parlamento britannico

Com’è nata a Londra l’idea di una “catena umana” per salvare Julian Assange?

John Rees, coordinatore del comitato Don’t Extradite Assange e l’organizzatore della riuscitissima catena umana per Julian Assange che ha circondato il Parlamento britannico l’8 ottobre scorso, è stato intervistato sul posto dall’attivista Lorena Corrias di Free Assange Italia.

Segue la traduzione in italiano delle risposte di John Rees, organizzatore della catena umana, alle domande formulate da Lorena Corrias di Free Assange Italia.  Per vedere il video dell’intervista, cliccare su: www.boylan.it/assange/rees.mp4

 

Lorena: “Chi ha avuto l’idea geniale di una catena umana intorno al Parlamento?”

John: “Beh, a dire la verità, mi sembra che, all’origine, l’idea sia stata suggerita da un attivista della Nuova Zelanda.  Ha proposto di farla intorno alla prigione di Belmarsh [dove Julian viene detenuto in isolamento da tre anni].  Solo che non era possibile farlo intorno a Belmarsh per motivi di sicurezza.  Perciò noi [del comitato Don’t Extradite Assange] abbiamo deciso di farla qui, intorno al Parlamento, dove ha sede il potere politico che tiene imprigionato Julian.  Una volta determinata il luogo, poi, ci siamo messi a lavorare ed eccoci.

 

Lorena: L’afflusso di partecipanti oggi corrisponde alla vostre aspettative?

John: Sì, l’afflusso è stato molto buono, riteniamo che siano venuti circa cinque mila persone e così abbiamo effettivamente ultimato l’accerchiamento completo del Parlamento: davanti al Parlamento, attraverso il ponte di Londra, lungo il Tamigi sulla sponda opposta e, infine, di ritorno attraversando il ponte di Lambeth.  Ritengo che sia stata una forma di protesta molto innovativa e molto efficace.   Quindi sì, siamo rimasti contenti.

 

Lorena: Sabato prossimo, il 15 di ottobre, l’agenzia di stampa Pressenza insieme a noi di FREE ASSANGE Italia e altri, terremmo una maratona di 24 ore per Julian, con collegamenti in diretta da oltre cinquanta città nel mondo.  Potreste voi di Don’t Extradite Assange essere dei nostri e dire, in diretta da Londra, qualche parola sul caso Assange?

John: Sì, certamente.

 

Lorena: A che ora potremmo collegarci con voi il 15 ottobre? 

John: se mi contattate lì per lì – avete il mio numero telefonico – potremo concordare un’ora.

 

Lorena: Bene, benissimo.  Ultima domanda: se lei potesse parlare con Julian nella sua cella, cosa gli  direbbe?

John: Beh, prima della pandemia Covid, ho effettivamente fatto visita a Julian a Belmarsh, diverse volte.  Mi è sembrato un uomo straordinariamente ottimista, viste tutte le cose [nefandezze] che gli sono state inflitte.  Ma, come egli dice sempre, dobbiamo preoccuparci non di lui ma piuttosto di tutti noi, delle nostre libertà e dei nostri diritti che rischiano di esserci tolti se gli Stati Uniti riescono nel loro intento di farlo condannare. Perciò, a pensarci bene, ciò che direi a Julian è “tieni duro e continua a lottare” e noi faremo uguale.

Lorena: Grazie molto.

John: Sono io che vi ringrazio.

 

 

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