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Missili e droni. Dall’Ucraina colpiti aeroporti russi. Missile ucraino in Moldavia

Il Wall Street Journal riferisce che gli Stati Uniti avrebbero modificato in segreto i lanciamissili Himars forniti all’Ucraina per evitare che potessero essere usati per colpire obiettivi sul territorio della Russia. Il Wall Street Journal cita fonti governative Usa. Secondo queste ultime, sarebbe una precauzione ritenuta necessaria dall’amministrazione USA per ridurre il rischio di allargare il conflitto in corso.

Ma a smentire piuttosto ruvidamente “le precauzioni” statunitensi rilevate dal Wall Street, due aeroporti militari in Russia, quelli di Saratov e Ryazan, a centinaia di chilometri dal confine con l’Ucraina, sono stati bombardati. Tre soldati russi risultano uccisi dall’esplosione di una autocisterna.

Gli ucraini parlano dell’utilizzo di droni, ma in tal caso questi sarebbero penetrati assai in profondità sul territorio russo.

La base di Ryazan, a 150 km da Mosca, ha un bunker di stoccaggio di armi nucleari con testate che possono essere dispiegate sui bombardieri strategici a lungo raggio della Russia.

The Guardian, citando Baza, un media russo con fonti nei servizi di sicurezza, ha detto che l’aeroporto russo di Engels è stato attaccato da munizioni vaganti, un tipo di sistema d’arma aereo, che ha preso di mira la pista della base aerea.

Astra, un altro media russo indipendente, ha affermato che due bombardieri Tu-95 con capacità nucleare sono stati danneggiati nell’esplosione. Nessuno dei due media ha però indicato una fonte per le loro informazioni.

Raid missilistici russi hanno colpito diverse città dell’Ucraina che sono rimaste senza acqua né corrente elettrica. Secondo il capo dell’amministrazione militare di Kryvyy Rih, nel centro dell’Ucraina, “una parte della città è senza elettricità, diverse caldaie e stazioni di pompaggio idrico sono scollegate. A Odessa, nel sud, e a Sumy, nel nordest, ci sono interruzioni nell’approvvigionamento idrico e di elettricità. La corrente è stata interrotta anche a Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina.

Nel frattempo, la gradia di frontiera moldava ha trovato i resti di un missile caduto vicino alla città di Briceni, situata nel nord della Moldavia, al confine con l’Ucraina. Lo ha riferito il ministero dell’Interno, secondo cui il missile è stato trovato in un giardino nei pressi di Briceni.

In seguito al ritrovamento, il territorio circostante è stato transennato e sul posto è stata chiamata una squadra artificieri. Le autorità della Moldova non hanno fornito ulteriori dettagli sull’origine del missile, ma dalle prime informazioni trapelate si tratterebbe di un S 300 in dotazione alla difesa antimissile ucraina.

Occorre ricordare che la mattina del 31 ottobre, la forze armate russe avevano lanciato diversi missili verso l’Ucraina: parti di uno di essi erano cadute sul territorio della Moldova dopo che uno di questi era stato abbattuto dal sistema antiaereo ucraino.

Si è ripetuto l’incidente avvenuto poche settimane fa quando dei missili ucraini sono caduti in Polonia”, ha affermato Aleksej Leonkov, un esperto militare russo dei sistemi missilistici S 300. Secondo Leonkov, questa volta la testata del razzo non ha funzionato e questa valutazione sarebbe confermata dal fatto che non ci sarebbero segni visivi di detonazione nel luogo dell’impatto.

Stanotte l’aeroporto della regione di Kursk, in Russia, è stato colpito da un attacco con droni partito dall’Ucraina. Lo afferma il governatore regionale Roman Starovoyt su Telegram, spiegando che nel raid ha preso fuoco un serbatoio di stoccaggio di petrolio. ”Non ci sono vittime, l’incendio è stato domato. Tutti i servivi di emergenza stanno lavorando sul campo”.

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Da due settimane non si registravano attacchi missilistici russi sulle infrastrutture ucraine. Questo non perché sono finiti i missili, ma molto più banalmente, e cinicamente, per valutare i danni fatti finora e in che misura fossero stati riparati, e agire di conseguenza o sugli stessi bersagli riparati o su bersagli nuovi.

E così ci si aspettava a breve una nuova ondata di attacchi, ipotizzata proprio per oggi (abbiamo già parlato della metodicità elefantiaca del comando russo. Se volete le sorprese rivolgetevi altrove), e ci si aspettava sarebbe stata pressoché definitiva, nel senso che ormai della rete energetica ucraina resta poco, l’inverno è arrivato e non si può tirarla ancora troppo a lungo.

Qualche giorno fa erano venute fuori un po’ di foto “strane”, nel senso, poco comuni, scattate sia da satelliti militari che dai civili (più o meno…) della Maxar: erano state tutte scattate sull’aeroporto militare “Engels” di Saratov (infrastruttura primaria della “triade” nucleare russa, teniamocelo per dopo) e tutte ritraevano una grande attività dell’aviazione russa, con svariati bombardieri impiegati in operazioni di rifornimento e armamento (a occhio ho contato 14 Tu-95MS, 4 Tu-160 e 4 aerocisterne IL-78M) con SCARSA attenzione alla sicurezza generale, essendo Saratov sulla Volga a circa 850 km dal fronte, quindi ben oltre il raggio ipotizzabile delle operazioni militari dei droni ucraini.

Stamattina (il 5 dicembre, ndr), verso le 6 ora locale, l’aeroporto è stato invece colpito, e nello stesso momento è stato colpito anche l’aeroporto di Djagilevo, a Rjazan’ – quasi 600 chilometri dal fronte e 200 da Mosca. Per ora ci sono vittime a Djagilevo, almeno 6, e danni a due bombardieri a Engels.

Che i droni che hanno colpito gli aeroporti siano partiti dall’Ucraina è piuttosto improbabile, e quasi certamente si tratta del lavoro di cellule di sabotatori presenti sul territorio russo, forse entrati nel paese insieme ai profughi dal Donbass o impiantate in precedenza (che ci sia una fitta rete di sabotatori russi in Ucraina e ucraini in Russia non è esattamente un segreto, infatti ogni tre giorni i rispettivi servizi segreti ne arrestano qualcuno e poi probabilmente se li scambiano per ricominciare la settimana dopo).

La combinazione tra satelliti NATO e sabotatori in loco obbliga a questo punto la Russia a un ripensamento molto serio dei suoi protocolli di sicurezza, ma ci ha fatto un momento temere, così a prima mattina, una risposta nucleare automatica, perché come ho appunto scritto prima Engels è (lo scrivo grande così magari si capisce meglio) UNA DELLE BASI DELLA DIFESA NUCLEARE RUSSA, oltre che di quella convenzionale.

I sabotatori ucraini e i loro handlers della NATO hanno colpito UNA DELLE BASI DELLA DIFESA NUCLEARE RUSSA, circostanza che rientra in pieno nell’articolo 19, comma c, del Decreto Presidenziale 355 del 2 giugno 2020, che stabilisce la liceità di una risposta nucleare nel caso di “attacco nemico su una struttura militare o statale di importanza critica della federazione Russa, LA CUI DEATTIVAZIONE PUÓ COMPROMETTERE LA RISPOSTA DELLE FORZE NUCLEARI [russe]”.

Ora, per fortuna la base non è stata “deattivata” (e sempre per fortuna non è che le FFAA russe muoiano dalla voglia di passare al nucleare) e quindi la risposta è stata convenzionale, però è buffo che in tutti questi discorsi di minacce nucleari del “folle Putin messo alle strette” tu gli vai a colpire UNA DELLE BASI DELLA DIFESA NUCLEARE.

È quasi come se volessi proprio spingerlo, diciamo. E invece niente, risposta convenzionale, appunto. Era già pianificata, come abbiamo detto, ma non escludo che nell’attacco che è partito verso mezzogiorno ed è ancora in corso con estrema violenza su tutto il territorio ucraino ci sia un sovrappiù di acrimonia.

Per la conta dei danni bisogna aspettare qualche ora, ma non sembrano lievi e vanno, come sappiamo, a incidere su una situazione già compromessa.

Francesco Dell’Aglio

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