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Terremoto. La geopolitica degli aiuti alla Siria e nelle zone di guerra

Il devastante terremoto di lunedi ha colpito una regione già tormentata dalla guerra da quasi dodici anni, provocando secondo alcuni fonti già quasi 5.000 morti mentre le temperature sono bassissime, aggiungendo al disastro del sisma anche condizioni climatiche avverse.

Il terremoto è avvenuto proprio nella zona al confine tra Turchia e Siria, contesa e combattuta tra le mire di Ankara, la resistenza della Siria allo smembramento, le istanze indipendentiste e confederali kurde e la perdurante presenza delle varie milizie jihadiste (dall’Isis ad Al Qaida ed altre).

La destinazione degli aiuti internazionali alle località e alle popolazioni terremotate è già diventata inevitabilmente oggetto di scelte selettive sulla base della collocazione politica e militare dei singoli soggetti in campo.

La missione di soccorso e salvataggio israeliana è atterrata all’aeroporto di Adana, in Turchia, vicino all’area colpita dai recenti terremoti. Dopo la preparazione iniziale, le squadre di soccorso si dirigeranno verso le zone disastrate e lì inizieranno le operazioni di soccorso.

Anche la prima squadra di soccorritori italiani è atterrata ad Adana ma in tutte le dichiarazioni ufficiali il governo parla solo di aiuti alla Turchia, per ora la Siria sotto sanzioni occidentali, non viene indicata come meta dei soccorsi. La squadra è composta da 50 vigili del fuoco dei team Usar di Toscana e Lazio. Personale specializzato per la ricerca di dispersi sotto le macerie, che ha operato in analoghe emergenze in Italia e all’estero. Nel gruppo, 11 sanitari e 6 unità del dipartimento della Protezione civile.  

Proprio oggi il responsabile della Mezzaluna Rossa Araba Siriana (SARC), Khaled Hboubati, ha lanciato un appello per revocare le sanzioni economiche imposte alla Siria per far fronte alle ripercussioni del devastante terremoto. “Abbiamo bisogno di attrezzature pesanti, ambulanze e veicoli antincendio per continuare a soccorrere e rimuovere le macerie, e questo comporta la revoca delle sanzioni alla Siria il prima possibile”, ha detto Hboubati questa mattina durante una conferenza stampa.

L’Algeria ha annunciato l’invio in Siria di una squadra specializzata della protezione civile per partecipare alle operazioni di soccorso ai terremotati che hanno colpito il Paese all’alba di lunedì.

La Siria ha già smentito di aver chiesto aiuto a Israele dopo le due devastanti scosse di terremoto che hanno colpito il Paese. E’ quanto riferito da Reuters citando il quotidiano siriano filo-governativo al-Watan. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu invece aveva dichiarato che, tramite la Russia, era stata Damasco a chiedere aiuto e Israele aveva acconsentito, nonostante tra i due Paesi non ci siano relazioni diplomatiche ed anzi i due paesi si considerano tuttora in condizione di belligeranti.

In realtà gli aiuti israeliani alla Siria, starebbero già seguendo canali e modalità operative in contrasto con il governo siriano per essere inviati solo nelle zone in mano ai gruppi ribelli contro Assad, sia quelli filo-turchi che quelli vicini al Al Qaida.

“Un flusso costante di feriti affluisce in un ospedale sovraccarico nella città di Darkush, nella Siria nord-occidentale controllata dai ribelli, lunedì, dopo che un terremoto mortale ha colpito la regione” –  scrive il giornale israeliano Times of Israel –  “Il potente terremoto di magnitudo 7,8 che ha colpito prima dell’alba di lunedì ha provocato nuovi danni e sofferenze nell’ultima enclave siriana controllata dai ribelli, già distrutta da anni di combattimenti e bombardamenti e che ospita milioni di sfollati siriani fuggiti dalle loro case durante la guerra civile del Paese. Il territorio dell’opposizione nell’angolo nord-occidentale della Siria ha resistito per anni anche dopo che le forze governative siriane hanno ripreso la maggior parte delle aree controllate dai ribelli nel Paese”.

E’ lo stesso Times of Israel a precisare che “Alcune parti del territorio sono gestite da gruppi di ribelli, tra cui una fazione militante dominante legata ad Al-Qaeda, mentre altre sono sotto l’amministrazione sostenuta dalla Turchia, nota come Governo provvisorio siriano”.

I leader curdi della regione hanno tutti espresso solidarietà per le vittime del terremoto, affermando che “forse in seguito i conflitti che hanno diviso la regione potranno essere momentaneamente ridotti e curdi, turchi e altri potranno lavorare in solidarietà”.

Le organizzazioni curde delle zone della Siria sotto attacco della Turchia, in particolare il Rojava, hanno a loro volta lanciato un appello. “A sud della Turchia, il Rojava/Siria settentrionale e orientale, una regione già colpita dalle continue campagne di aggressione e occupazione dello Stato turco, ha subito gravi perdite.  Con centinaia di migliaia di sfollati in Siria a causa dell’aggressione militare turca, questo terribile terremoto nel cuore dell’inverno aggraverà la crisi umanitaria che colpisce i popoli della regione, tra cui curdi, arabi, cristiani e altri” – scrive in un appello il Congresso Nazionale Kurdo (Knk) – “Il Congresso Nazionale del Kurdistan condivide il dolore di tutti coloro che hanno subito una perdita a causa di questa tragedia e invia le proprie condoglianze, augurando a tutti i feriti una pronta guarigione. Sappiamo per esperienza che il regime di Erdogan affronterà questa catastrofe naturale in modo cinico e con forti pregiudizi anti-curdi, e chiediamo a tutti coloro che possono di ascoltare l’appello della Mezzaluna Rossa curda (Heyva Sor a Kurdistanê), che opera sul campo in Kurdistan, e di aiutare il più possibile per soccorrere le persone colpite da questa tragedia ed evitare che anch’esse cadano vittime dei calcoli politici del regime di Erdogan”.

Il giornale israeliano Jerusalem Post prova invece a ipotizzare, con una lunga serie di interrogativi, come il devastante terremoto possa rimettere in moto le relazioni congelate o ostili degli ultimi dodici anni nella regione. Ne riproduciamo un ampio e significativo stralcio:

“Il regime siriano è isolato e sottoposto a sanzioni. L’Iran, che sostiene il regime, sta già affrontando un terremoto nella sua regione nord-occidentale. Come può l’Iran, anch’esso sottoposto a sanzioni, aiutare? Si riuscirà a coordinare gli sforzi in Siria? Considerando il paesaggio diviso, i combattimenti e il fatto che vari Paesi hanno passato più tempo a bombardare la Siria che ad aiutarla a ricostruire, i siriani otterranno qualcosa? È possibile che a causa di questo disastro scoppi una carestia o qualcosa di peggio?

È possibile che le sanzioni alla Siria vengano ridotte per consentire maggiori aiuti? Il terremoto potrebbe essere un punto di svolta per la Siria e per la sua capacità di ricucire i legami con la Turchia e normalizzare le relazioni. Potrebbe dare ai governanti turchi la scusa per incontrare finalmente il regime di Assad faccia a faccia e questo potrebbe portare a qualche movimento in Siria in termini di linee di conflitto che hanno diviso il Paese?  Gli Stati Uniti, la Russia e altri paesi possono mettere da parte le tensioni? Il terremoto e l’apparentemente enorme tributo che ha provocato porteranno questi Paesi a mettere da parte le loro rimostranze per un mese o poco più, aiutando la popolazione locale? Gli Stati Uniti giocano un ruolo chiave nella Siria orientale; potrebbero gli Stati Uniti e la coalizione anti-ISIS decidere finalmente di non limitarsi a un ruolo militare e fornire un sostegno umanitario? L’SDF, sostenuta dagli Stati Uniti, svolge un ruolo in città chiave che non sono lontane dalle aree colpite.  È possibile che la Turchia e le milizie che sostiene in Siria smettano di attaccare i civili in luoghi come Tal Tamr e siano disposte a mettere da parte la guerra infinita per un mese e a lasciare che i convogli umanitari passino per Manbij o Kobani o altre aree.La Turchia minacciava di invadere queste aree e ha spesso bombardato la popolazione di queste zone e di Tel Rifat. Ora che un terribile terremoto ha danneggiato tutti, è possibile che Ankara e gli altri paesi interrompano i combattimenti e collaborino per salvare vite umane?  Gli Stati Uniti possono fare un passo avanti e dare l’esempio con i russi in Siria, per fornire aiuti invece di creare controversie?

Mentre sia le strutture governative che quelle civili si vanno attivando per far arrivare aiuti e squadre di soccorritori in Turchia e Siria, occorrerà monitorare attentamente la situazione sul terreno perché – e purtroppo non è una novità – anche gli aiuti internazionali in questi anni hanno seguito spesso più logiche geopolitiche che umanitarie.

 

 

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1 Commento


  • Gianni Sartori

    Per il recente sisma che ha colpito le regioni curde entro i confini di Turchia e Siria si può parlare di un “massacro annunciato”.

    CATASTROFE NATURALE? SOLO IN PARTE….

    Gianni Sartori

    Certo, quando – giusto un anno fa – ricordando le devastanti alterazioni del tessuto urbano imposte alla città curda di Diyarbakir (“L’urbanistica al servizio della repressione”)* scrivevo:

    “Inoltre, come denunciano gli architetti, i materiali utilizzati sono di pessima qualità e in futuro non mancheranno problemi”, non pensavo a scenari apocalittici come quelli derivati dal tremendo sisma (magnitudine di 7,8) che ha colpito il Kurdistan (sud est della Turchia e nord della Siria).

    Evidenziavo piuttosto il carattere concentrazionario, securitariodell’operazione. Parlando oltre che dall’aspetto immobiliare- edilizio anche di militarizzazione dei territori.

    Riandando con la memoria, per analogia “a quanto avveniva nei primi anni ottanta a Derry (vedi Rossville Flats dove vennero ammassati gli abitanti sfrattati del Bogside e di Creggan) o a Belfast (con la “caricatura imperialista del falansterio” denominata Divis Flats)”.

    In questi giorni anche i geologi turchi hanno definito i condoni edilizi concessi dalle amministrazioni locali e nazionali come un autentico crimine. Propedeutici al disastro attuale, una “strage annunciata”.

    Intanto la neve impietosa va ricoprendo quanto rimane del crollo repentino (“come castelli di carte” denunciava un sopravvissuto,) di centinaia di immobili di decine di piani (in passato definiti “paccottiglia” dagli abitanti).

    E migliaia, decine di migliaia di persone (già sottoposte da anni a bombardamenti e repressione) rimaste all’addiaccio nelle aree sinistrate. A piangere cercando di estrarre i morti sepolti dalle macerie e qualche scampato. Con la lista delle vittime destinata ad aumentare di ora in ora (sempre più plausibile l’ipotesi di oltre 20mila morti) anche a causa dell’insufficienza (eufemismo per mancanza) dei soccorsi e nella quasi totale assenza di piani di emergenza.

    Catastrofe naturale? Solo in parte.

    Costruire immobili di molti piani (oltretutto con materiali scadenti e in barba a ogni principio di precauzione) in corrispondenza di faglie sismiche tra le più pericolose del pianeta (stando a quanto dichiarato da  alcuni geologi e sismologi rappresentava quanto meno un azzardo. Per non parlare della cattiva gestione, della corruzione diffusa, dell’incompetenza dei politici. O addirittura della loro complicità nel garantire l’impunità (vedi i ripetuti condoni) per imprenditori, costruttori e immobiliaristi, in molti casi esponenti o ex esponenti della casta militare.

    Gianni Sartori

    * nota 1: https://www.rivistaetnie.com/urbanistica-a-diyarbakir-133551/

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