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Ucraina. La “strana” guerra dell’aviazione russa. Qualche perché

Di aerei, bombe guidate e altri modi ingegnosi di uccidere la gente a distanza (rischiando poco e se possibile risparmiando).

Uno dei miti più tenaci riguardo alla tecnica sovietica, e per estensione russa, sia civile che militare è che è rozza, costruita al risparmio e utilizzando materiali quasi di fortuna e tecnologia primitiva.

Come tutti i miti è sostanzialmente falso: basterebbe pensare alle armi ipersoniche, o, andando un po’ più indietro nel tempo, all’ekranoplano, al Buran (che solo in apparenza somigliava allo Space Shuttle, ma aveva soluzioni tecniche molto diverse, oltre che un propellente meno prono alle esplosioni) o al T-34.

Come tutti i miti ha qualcosa di vero: nella fattispecie, il fatto che le FFAA russe non possono contare su un budget infinito come i colleghi del Pentagono, e che a volte un po’ di creatività e filo di ferro è necessaria per superare alcuni problemi che, con una o due vagonate di dollari in più, non si presenterebbero (che poi l’F-35 continui a ribaltarsi da solo anche se ogni esemplare costa il suo peso in diamanti è un altro discorso che qui non affronteremo).

Questa cosa è particolarmente vera sull’aviazione. Non è sfuggito a nessuno, io credo, che l’impiego dell’aviazione da parte russa sia stato in questo conflitto molto meno incisivo di quanto ci si aspettasse, non solo se paragonato all’impiego dell’aviazione statunitense o NATO nei conflitti recenti, ma anche all’impiego della stessa aviazione russa in Siria.

Questa minore efficacia dipende da una serie di fattori che hanno poco a che vedere con la qualità dell’aviazione russa, che è piuttosto alta con punte di eccellenza, ma che si trova a dovere affrontare alcuni problemi di difficile soluzione dovuti al teatro, alle modalità di impiego e all’armamento a disposizione.

La questione del teatro è stata già discussa varie volte: in un conflitto con un peer o near-peer, cioè con un avversario di livello tecnologico e capacità belliche pari o solo di poco inferiore, ci possiamo scordare sia le cavalcate di mezzi corazzati sia campagne aeree tipo Desert Storm: l’ambiente è saturo di difese antiaeree sia portatili che fisse, oltre che dell’aviazione nemica, e l’Ucraina riceve intelligence in tempo reale sui movimenti dell’aviazione russa da parte dei satelliti e degli AWACS NATO, per cui è necessario esercitare parecchia cautela per non ritrovarsi a fare rapidamente i conti con perdite umane e materiali che non è possibile rimpiazzare.

In sintesi: è facile bombardare i pastorelli sui monti afghani, un po’ meno la rete di bunker di Avdiivka.

A questo va aggiunto che la dottrina strategica sovietica e poi russa non ha mai posto particolare enfasi sul ruolo dell’aviazione (a differenza di quella USA) se non come supporto alle operazioni militari di terra.

Gli aerei russi sono sostanzialmente piattaforme per il lancio di missili, che sono precisi e letali ma hanno due gravi svantaggi: costano molto più delle bombe e, soprattutto, hanno un payload molto limitato. Trasportano relativamente poco esplosivo perché, per ovvi motivi pratici, il loro peso non può eccedere determinati parametri. Questo, spesso, è un problema.

Certo, la Russia dispone di un gran quantitativo di vecchie bombe a caduta libera: ma sono poco precise e, soprattutto, vanno depositate sul bersaglio, o in prossimità dello stesso, con tutti i rischi di cui sopra. Per farla breve, l’aviazione russa dispone della superiorità tattica e operativa, ma non strategica: non può colpire bersagli in profondità nel territorio ucraino se non con i missili e il payload degli stessi non è sufficiente per fare grossi danni, il che spiega come mai le capacità logistiche dell’esercito ucraino siano sostanzialmente intatte (perlomeno quelle lontane dalla linea del fronte), perché i ponti sul Dnepr siano ancora in piedi, eccetera.

Le bombe a caduta libera hanno anche un altro svantaggio, oltre a quelli riportati sopra: l’angolo d’impatto. Per distruggere un obiettivo non basta scaricarci sopra qualche tonnellata di esplosivo: bisogna che l’esplosivo colpisca con un angolo di impatto che massimizzi la portata dell’esplosione, altrimenti è come scaricare secchiate d’acqua su un ombrello. Molto rumore e molta scena, ma pochi risultati pratici: e l’angolo di impatto delle bombe a caduta libera non è dei migliori.

Ci vorrebbero le bombe guidate, del tipo che utilizza l’aviazione USA, ad esempio le LGB, Laser-Guided Bombs, o al limite le JDAM, Joint Direct Attack Munition, che trasformano le bombe a caduta libera in bombe guidate.

In questo settore la Russia è molto indietro. Secondo stime russe, durante la prima guerra cecena solo il 3% delle munizioni aeree erano guidate; la percentuale si riduce ancora di più per la seconda guerra cecena (1,5%) e per la guerra del 2008 con la Georgia (0,5). Il 70% delle munizioni aeree NATO in Iraq invece era guidata, e la percentuale è salita al 100% durante la guerra in Libia.

È questa, pare, la direzione in cui l’aviazione russa si sta muovendo – ed è qui che entra in gioco il filo di ferro (metaforico). Il kit JDAM è molto semplice ed economico: delle alette per stabilizzare la bomba, un timone per guidarla, un sistema GPS per dirigerla e tutta la potenza esplosiva di una bomba da 500 chilogrammi (tipo la FAB-500 della foto in apertura) che hai già pagato trent’anni fa può essere diretta con precisione, e angolo di impatto migliore, contro il bersaglio designato, con risultati molto più distruttivi e maggior sicurezza per chi la lancia essendo la gittata di un centinaio di km e anche di più a seconda delle necessità.

Yuriy Ignat, portavoce dell’areonautica ucraina, nei giorni scorsi ha dichiarato che la Russia ha cominciato a usare bombe di questo tipo, solo che al posto del GPS usano il GLONASS, l’equivalente russo. E non usano nessun kit, che costa comunque i suoi 20.000 dollari (quello USA almeno), modificano le bombe negli hangar in maniera, come vuole il mito, cruda ma efficace.

Nella foto 2, una delle bombe in questione con l’accrocco JDAM-equivalente montato sotto il corpo; nella foto 3 i resti di uno di questi accrocchi trovato nella regione di Sumy, dove dal 24 marzo le linee ucraine, i depositi e le caserme sono sotto attacco di questi ingegni.

Vedremo quale sarà l’impatto sul conflitto, e se anche l’aviazione russa produrrà un kit standardizzato. Ad ogni modo, come sempre, è solo in una guerra (possibilmente una guerra vera, non contro i pastorelli in montagna) che ti rendi conto delle tue magagne.

* da Facebook

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