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Le truppe europee: via dal Mali ma non dal Niger. Chissà perché

La presenza militare occidentale nel Sahel deve essere mantenuta a tutti i costi. “Out of Mali, in to Niger”, non è una indicazione strategica francese ma tedesca. Pochi lo sanno, ma in Niger anche la Germania ha centinaia di soldati che affiancano il contingente francese, quello italiano e quelli di altri paesi europei.

Secondo quanto riporta il giornale tedesco Junge Welt, il  ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha definito la base militare nella capitale del Niger, Niamey, un “fulcro per tutte le attività nostre e di altre nazioni europee qui in Africa“. Questa settimana il Bundestag deciderà sull’ampliamento dell’ hub tedesco nella base militare.

Tuttavia, come in Mali, anche in Niger ci sono state a lungo proteste di massa contro lo stazionamento di soldati francesi e il continuo sfruttamento neocoloniale del paese.

La Confederazione sindacale nazionale del Niger ha chiesto al governo di disporre il ritiro di “tutte le forze straniere” presenti sul territorio, ritenute incapaci di garantire la sicurezza degli abitanti.

Il riferimento va in primo luogo alle forze francesi dell’operazione Barkhane, ma anche a quelle della missione europea Takuba – coordinata sempre da Parigi ed alla quale partecipa anche l’Italia -, entrambe presenti sul territorio dopo che la scorsa estate si è concluso il ritiro francese dal Mali.

L’agenzia Nova riferisce infatti di un comunicato congiunto, tra i 14 sindacati che aderiscono alla Niger Trade Union Action Unit, che hanno condannato “con la massima fermezza” gli abusi commessi contro la popolazione civile e militare “da parte di gruppi armati non statali che continuano a far piangere il nostro Paese nonostante la presenza di diverse basi militari straniere installate sul nostro territorio”.

L’appello ripete quello formulato già a novembre da quattro delle principali sigle sindacali nigerine – la Confederazione generale dei sindacati liberi (Cgsl), la Confederazione dei lavoratori del Niger (Cnt), l’Unione progressista dei lavoratori (Uspt) ed l’Unione dei sindacati del Niger (Ustn) -, che in una nota congiunta chiedevano la “partenza incondizionata” delle forze straniere stanziate in Niger.

Ma se le truppe francesi se ne sono dovute andare dal Mali, al momento non pensano affatto di andarsene anche dal Niger. Il perché è presto detto:  la Francia continua a ottenere il 30 per cento del suo uranio per il funzionamento delle sue centrali nucleari dalle miniere del Niger, anche se il 60 per cento della popolazione nigerina non ha accesso all’elettricità.

Ma nel “poverissimo” Niger ci sono anche silicio e litio, materie prime strategiche per le produzioni di tecnologie di cui l’Unione Europea intende fare una disperata incetta nei prossimi anni.

L’Italia, è bene ricordarlo, è presente in Niger con quasi 300 militari, 160 mezzi terrestri e 5 aerei e dal 2018 è impegnata in una Missione bilaterale di supporto.

Dopo la chiusura della task force Takuba l’impegno militare dell’Italia nel Sahel è rimasto forte, e rimane confermato nel nuovo governo con l’intenzione – formulata di recente dal ministro della Difesa Guido Crosetto – di “partecipare di più” alle missioni nel continente africano, in particolare nell’ambito della formazione militare.

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