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Scaduto l’accordo sul grano ucraino. E ora?

A mezzanotte sono scaduti i termini del cosiddetto “accordo sul grano”, ovvero il trasporto sicuro di prodotti agricoli (in ordine di quantità mais, grano, farina di estrazione di girasole, olio di girasole, “altro”, ossia colza, soia eccetera) da tre porti ucraini (Odessa, Černomorsk e Yuzhny/Pivdennyi, quest’ultimo al momento escluso dall’accordo).

Al momento – e sottolineo al momento – non sembrano esserci margini per una estensione dell’accordo, nonostante le trionfali dichiarazioni di Erdoğan subito smentite da Peskov. Ma si sa, la politica è il dominio del compromesso, quindi chissà.

I motivi per cui la Russia non intende rinnovare l’accordo sono numerosi.

I principali sono: la condotta che trasporta nitrato d’ammonio da Togliatti a Pivdenny, il cui transito è interrotto dall’inizio del conflitto; le navi russe cariche di fertilizzanti bloccate in vari porti; l’esclusione della Rosselkhozbank, la banca agricola russa, dallo SWIFT, cosa che non le consente di esportare prodotti agricoli in Occidente, Corea e Giappone perché non può ricevere pagamenti; il problema delle assicurazioni internazionali delle navi mercantili russe.

Se all’atto della firma degli accordi era stato promesso di risolvere le questioni, nulla è stato fatto in proposito (il 5 giugno la condotta Togliatti-Pivdenny è stata anche bombardata).

Stando a quanto ha scritto la Reuters qualche giorno fa (https://www.reuters.com/…/un-chief-sends-putin…/) il Segretario Generale dell’ONU Gutierres ha proposto di agganciare allo SWIFT una sussidiaria della Rosselkhozbank, solo per ciò che riguarda prodotti agricoli e nitrato d’ammonio, ma non ci sono dichiarazioni ufficiali di nessuna delle parti.

Stando così le cose, il governo russo ha deciso di uscire da un accordo che in pratica porta vantaggi solo all’Ucraina.

In realtà, si dice, l’accordo è vantaggioso per tutto il mondo, in particolare per i paesi in via di sviluppo che possono rifornirsi di cereali in abbondanza a prezzi bassi. Ma le cose non stanno esattamente così, al di là del fatto che i prezzi sono di mercato.

La Black Sea Grain Initiative gode di un bellissimo e aggiornatissimo sito web: https://www.un.org/en/black-sea-grain-initiative. Se si va ad analizzare il movimento delle navi e i porti di destinazione (https://www.un.org/…/black-sea-grain…/vessel-movements), però, si nota immediatamente che la gran parte dei prodotti agricoli non sono destinati ai paesi in via di sviluppo ma a paesi non minacciati di insicurezza alimentare.

Su 32.856.252 tonnellate di merce, infatti, 8 milioni sono sbarcate in Cina, 6 in Spagna, 3.200.000 in Turchia, 2.100.000 in Italia, 2 in Olanda. Il 38% è andato a paesi dell’Unione Europea, quasi un quarto del totale alla Cina, e solo il 2.3% ai paesi più poveri del mondo.

Ad esempio, nonostante la nave che campeggia in cima alla pagina che ho appena citato (e che ho usato come foto per questo post) abbia trasportato grano diretto all’Afghanistan, l’Afghanistan ha ricevuto solo 130.900 tonnellate di prodotti agricoli, l’Etiopia 282.800, il Sudan appena 95.300; e le due navi partite ieri da Odessa, probabilmente le ultime a meno appunto di improvvisi e imprevisti sviluppi, sono dirette in Olanda.

Ancora più chiaro è il documento che riporta le destinazioni LDC/Non LDC (LDC = Least Developed Countries, Paesi meno sviluppati): i paesi LCD, cioè quelli per i quali teoricamente l’accordo sul grano è stato creato, hanno ricevuto solo il 5,8% del totale delle esportazioni agricole (il documento è qui: https://docs.google.com/…/1UARvXFmUNRPM…/edit…) – un’avvertenza per gli altri grafici, la Cina è qualificata “developing”, per questo i paesi in via di sviluppo hanno ricevuto il 57.4%.

Questo non è un mistero, ovviamente, e anch’io ne ho già parlato più di una volta (per quello che vale). Però, appunto, l’accordo serve solo all’Ucraina, e le promesse fatte alla Russia non sono state (per ora?) mantenute.

In più, come abbiamo visto, i rapporti con la Turchia si stanno un po’ guastando, e la Turchia era ed è uno degli sponsor principali dell’accordo (tanto che ci si è spinti a ritenere che l’ultimo rinnovo dell’accordo sia stato un “favore” fatto da Putin a Erdoğan per non mettere in difficoltà quest’ultimo prima delle elezioni).

Sul rinnovo, dunque, non sono molto ottimista, al di là del fatto che al momento di scrivere mancano poche ore alla scadenza, tutto è sempre possibile e sarebbe il caso che fosse rinnovato, se non altro per non provocare un aumento dei prezzi di grano e mais.

Probabilmente non sono molto ottimisti nemmeno gli ucraini, che stanotte hanno lanciato un attacco di droni contro la Crimea e all’alba di stamattina due droni navali contro il porto di Sebastopoli. Entrambi gli attacchi sono stati sventati dalle difese russe.

PS – La seconda foto mostra un altro fattore di tensione tra Russia e Turchia, l’ultimo in ordine cronologico. Oggi il Kosovo ha presentato i droni Bayraktar TB2 (la prima arma che “avrebbe cambiato le sorti del conflitto…”) acquistati dalla Turchia.

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