C’è un’espressione nella lingua russa che, nella situazione attuale, si adatta bene alla possibile evoluzione dei rapporti a est della Vistola: “pestare due volte lo stesso rastrello”.
Il riferimento è, ancora una volta, agli allarmi polacchi su un ipotetico attacco al “Suwalki Gap”, che in «due ore porterebbe le forze russo-wagneriane a Varsavia», come pretesto per tornare a “polonizzare”, a cent’anni di distanza, alcune regioni di paesi vicini.
Il vice primo-ministro polacco Jaroslaw Kaczynski, dalla frontiera polacco-bielorussa, ha parlato della costituzione di altre divisioni dell’esercito e di «vari tipi di apparecchiature elettroniche» da aggiungere alla recinzione che delimita la frontiera.
Il fatidico manico del “rastrello” che, pestato, arriva diretto in mezzo agli occhi, già per la seconda volta, non riguarda solo le reazioni russe a un intervento polacco in Ucraina occidentale, come paventa l’intelligence russa.
Da mesi, il Ministro della difesa Mariusz Blaszczak pianifica il dislocamento di nuove unità militari nel Voivodato di Podlaski, al confine con la Bielorussia. Viene accelerata la realizzazione di una ferrovia militare veloce (finanziata dalla UE) dalla Polonia alla Lituania; annunciata la costruzione di una superstrada da Bialystok al confine lituano fino a Suwalki che, secondo Blaszczak, ha destinazione militare.
Blaszczak ha annunciato anche lo schieramento, entro fine 2023, di un battaglione di genieri nell’area di Augustow, sempre per “rafforzare il confine orientale” e mettere in sicurezza il corridoio di Suwalki.
«La Polonia sta attivamente preparando i cittadini alla guerra con la Russia. I campi di addestramento sono sovraffollati», scriveva a fine 2022 il giornale del Dipartimento della guerra USA Stars and Stripes.
Centinaia di migliaia di riservisti polacchi, tra i 18 e i 58 anni, sono tenuti a seguire corsi di preparazione bellica e il modo più semplice per sottrarsi alla mobilitazione, scrive la polacca Niezależny Dziennik Polityczny, è quello di lasciare la Polonia: la «fuga di uomini in età militare è già diventata un fenomeno di massa».
Secondo il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko, una Brigata polacca è già dislocata a 40 km da Brest e un’altra a un centinaio di chilometri da Grodno. La risposta russo-bielorussa, come annunciato da Minsk a fine 2022, è stata l’avvio di esercitazioni a combattimenti urbani in uno dei campi di addestramento bielorussi.
Sulla russa Fond Strategiceskoj Kul’tury, Vladimir Prokhvatilov ricorda come le mosse di Varsavia rientrino nella strategia yankee a lungo termine, per la creazione di infrastrutture militari agli immediati confini russi.
Nel 2014, infatti, il famigerato direttore della Stratfor, George Friedman, riconosceva l’impossibilità, allora, di uno scontro diretto NATO-Russia per il solo motivo dell’assenza di adeguate infrastrutture NATO in Europa orientale e Ucraina.
Ora questa carenza è colmata e, tra l’altro, di piani polacchi per un’operazione in Bielorussia tesa a coinvolgere la NATO nel conflitto in Ucraina, ha parlato anche l’ex analista della CIA Larry Johnson, in un’intervista al canale Dialogue works: «proprio ora», ha detto, si prende coscienza della disfatta ucraina.
Non si può più fingere che il regime di Kiev stia vincendo e, in un impeto di disperazione, la Polonia tenta di coinvolgere la NATO.
Dunque, Varsavia continua la corsa a dotarsi del «più forte esercito di terra europeo», con un bilancio di guerra balzato dai 11-12 miliardi di dollari del 2022, ai 20 del 2023. Il 27 luglio, i media polacchi, citando Korea Times, hanno scritto della richiesta polacca a Seoul di un prestito di 15,6 miliardi di dollari per l’acquisto di armi coreane: 48 caccia leggeri FA-50, oltre 600 complessi di artiglieria semovente K9, un migliaio di carri armati K2 e circa 300 lanciarazzi multipli K239, analogo al HIMARS.
Questi mezzi, vanno ad aggiungersi ai 20 sistemi HIMARS (dei 500 in programma) già ricevuti dagli USA e alle due batterie di “Patriot”, in attesa di altre quattro. Nei piani, rientrano anche altri 200 tank “Abrams” (42 nel 2023), 96 elicotteri “Apache”, caccia F-35, oltre alla cinquantina di F-16 già in dotazione.
Nell’ottobre 2019, il “think tank” neoconservatore americano Jamestown Foundation aveva pubblicato un rapporto che, a dispetto del titolo – Come proteggere i paesi baltici – trattava di operazioni offensive NATO su vasta scala contro Russia e Bielorussia, scrivendo che «bisogna prima di tutto risolvere la questione di Kaliningrad», da occupare con truppe polacche e americane, trasformandola in una regione della Polonia.
In ogni caso, la maggior parte degli osservatori polacchi, concorda sull’ovvia considerazione che, senza ordini d’oltreoceano, Varsavia non intraprenderà nulla di avventuristico contro la Bielorussia, e tantomeno contro la Russia.
Dice più o meno questo anche il filosofo politico Radoslaw Czarniecki e aggiunge che le prossime presidenziali americane rappresentano un buon deterrente per convincere Washington a una qualche svolta verso la politica interna, così che il “pericolo di guerra” si attenuerà.
Secondo l’analista Konrad Rankas, però, sentito da Ukraina.ru, una guerra polacco-russa costituisce purtroppo uno scenario reale, e Varsavia potrebbe avviarla sia in Bielorussia che in Ucraina; e se anche non crede in un’azione volta a ripristinare il dominio polacco sui “Kresy Wschodnie”, Rankas dice che ciò non significa che in Ucraina occidentale «non possano comparire un esercito polacco e un’amministrazione polacca. L’idea di una “unione polacco-ucraina”, chiamata in Polonia “Ukro-Polin”, è tuttora vista come un “piano B” in caso di rapido crollo del regime a Kiev e uscita dell’Ucraina dalla guerra. “Ukro-Polyn” garantirebbe la sua continuazione, facendo affidamento almeno sulla “Piccola Polonia orientale” (Galizia) e Volynia».
Czarniecki ritiene comunque che la crescente preoccupazione per la minaccia di un conflitto nucleare globale non solo renda improbabile uno scontro armato tra Russia e Polonia (e quindi NATO), ma potrebbe anche portare a una cessazione delle ostilità in Ucraina.
Ma c’è anche chi teme davvero un coinvolgimento diretto di Varsavia nel conflitto in Ucraina, non solo perché spinta dagli USA, ma anche per gli interessi pre-elettorali della coalizione di governo. Così, Niezalezny Dziennik Polityczny vede nella recente visita di Blaszczak a Washington la ricerca del via libera yankee.
Il 18 luglio, Blaszczak era alla base del V Corpo (durante la Guerra fredda, rispondeva al comando USA nel cosiddetto “Fulda Gap”, in Germania occidentale) dell’esercito americano a Fort Knox, dove ha preso parte all’entrata in carica del vice comandante di questa struttura, il generale polacco Maciej Jablonsky, il che evidenzia la destinazione del Corpo alle operazioni in Polonia.
Secondo Jacek Tochman, che ne scrive sullo stesso giornale polacco, l’attivismo bellicista di Varsavia deriva dal fatto che molti alleati di Kiev, e soprattutto la Casa Bianca, sono sempre più insoddisfatti della mancanza di risultati positivi della controffensiva ucraina; così che, «con un alto grado di certezza, possiamo affermare che nel prossimo futuro inizierà la parte successiva del piano americano, in cui il ruolo principale non sarà svolto dall’Ucraina, ma dalla Polonia!».
In generale, conclude Dmitrij Minin, ancora su Fond Strategiceskoj Kul’tury, la questione è che, a differenza degli Stati Uniti, in cui «ci si attende una perdita di consenso per il coinvolgimento diretto in una guerra, in Polonia, al contrario, per la psicosi nazionale ci si aspetta una crescita di consenso e ciò potrebbe spingere i reazionari di PiS ad azioni dirette».
Così che la combinazione di fattori esterni e interni crea un serio pericolo di guerra, con il possibile intervento diretto polacco.
Vaneggianti deliri e oblio di mente ottenebrata e malvagità e lacrime e rabbia e sete di strage, canterebbe Ovidio.
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