Menu

L’Africa e il ruolo attuale del passato: quello coloniale e quello sovietico

L’ambasciatore russo a Londra, Andrej Kelin ha detto alcune cose, a proposito del recente Forum Russia-Africa, che potrebbero aiutare qualcuno a riflettere sulle proprie “sentenze senza appello”. Potrebbero aiutare quel qualcuno, solo non fosse avvolto in una ovidiana nuvola ultraterrena di venerazione atlantista.

Cosa ha detto Kelin? Ha detto che Londra ha seguito con molta attenzione il summit e, «cosa estremamente importante, il livello di rappresentanza dei paesi africani», aggiungendo che i britannici vedono nella Russia un pericoloso concorrente e vogliono «eliminarlo dalla regione».

Ecco dunque i tour africani di Kamala Harris, Antony Blinken, esponenti britannici, tra cui il Ministro degli esteri James Cleverly e lord Tariq Ahmad, oltre a Emmanuel Macron.

Kelin ha detto che, in vista del Forum, si è tentato in ogni modo di “convincere” i leader africani a non andare a Piietroburgo.

L’esponente congolese Denis Sassou Nguesso ha rivelato che si sono esercitate pressioni sulle compagnie di assicurazione perché rifiutassero di fornire servizi di volo da Dubai a Mosca; molte delegazioni hanno incontrato svariate difficoltà, in particolare per quanto riguarda il diritto di sorvolo di alcuni paesi.

Ma il Forum ha smentito ogni diceria sul presunto “isolamento” della Russia tra i paesi del sud del mondo. Non hanno funzionato né le minacce dirette e velate, né le offerte di allettanti alternative, dice Oleg Nesterenko, presidente del CCIE, proseguendo anch’egli, come fatto da Vladimir Putin, sulla scia di “indebita appropriazione” del passato sovietico.

Un passato che, effettivamente, agisce in maniera attiva, quantomeno nelle regioni passati per le lotte armate anti-coloniali sostenute dall’URSS.

È incontestabile che, finanziariamente, l’Occidente sia molto più ricco della Russia, dice Nesterenko, e in grado di fornire prospettive finanziarie ed economiche molto più allettanti.

Ma il crollo praticamente completo dell’attuale iniziativa occidentale è associato alla «memoria storica del continente nero, viva nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni dalla vecchia Europa per eclissare le realtà del passato: in Africa sono ben consapevoli dei risultati finali della “cooperazione” con le ex potenze coloniali e di ciò che, analogamente, è stato il risultato della cooperazione con la Russia in epoca sovietica».

Mosca, sostiene Nesterenko, dispone di seri «dividendi storici nel continente africano»; dunque, gli sforzi occidentali per «screditare le iniziative russe agli occhi della comunità africana» non possono avere successo.

C’è qualcosa con cui «confrontarsi nel continente: da un lato, la politica coloniale e neocoloniale dell’Occidente collettivo; dall’altro, la politica dell’URSS, perseguita per molti decenni, i cui risultati sono ancora tangibili».

Come per il passato, dice Nesterenko, «l’occidente americanocentrico non offre ai partner africani alcuna forma di cooperazione paritaria, ma solo la prosecuzione di un modello di relazioni che, per le nazioni africane, rappresenta un’esperienza poco invidiabile dell’era postcoloniale».

Ne fornisce un esempio l’atteggiamento della Francia nei confronti del Niger, dopo il capovolgimento anti-francese attuato proprio alla vigilia del Forum Russia-Africa. Parigi dichiara che non tollererà «alcun attacco contro la Francia e i suoi interessi» e reagirà immediatamente in caso di aggressione ai propri cittadini.

L’ECOWAS, la struttura che raccoglie quindici stati dell’Africa occidentale, di cui otto ex colonie francesi, ha minacciato l’intervento armato nel paese.

Apparentemente, le cose sono un po’ cambiate all’inizio della settimana: la Ministra degli esteri francese Catherine Colonna, ha detto che Parigi non ha in programma un intervento militare; dopo, Guinea, Mali, e Burkina Faso (che, tra l’altro, hanno sospeso l’adesione a ECOWAS) due giorni fa hanno dichiarato che considereranno qualsiasi intervento militare negli affari interni del Niger come una dichiarazione di guerra contro di loro.

Così, per ora, l’ECOWAS si limita a congelare gli asset del Niger nella banca centrale della Comunità, sospende le transazioni commerciali e finanziarie con il Niger, chiude le frontiere con esso e blocca i voli commerciali.

Data l’importanza del Niger per l’industria nucleare francese, è chiaro che Parigi farà di tutto per non perdere il controllo della ex colonia; ma, al momento, i militari andati al potere a Niamey sono riusciti a mobilitare a proprio favore buona parte dell’opinione pubblica, sfruttando abilmente l’agenda anticoloniale.

Ragion per cui, a oggi, se si dà credito a Katherine Colonna, e si esclude un intervento diretto francese, sembra rimanere sul tappeto solo una delle opzioni ventilate da Nikolaj Sevost’janov su Segodnija.ru: «un tentativo di “rivincita”, con un nuovo colpo di stato tra pochi mesi, quando le nuove autorità del Niger si scontreranno, inevitabilmente, con le gravi difficoltà economiche che Parigi cercherà senz’altro di procurar loro».

Secondo Timofej Belov, che ne scrive su “BajBajden”, per Parigi e l’Occidente non si tratta solo della perdita di ex colonie, ma anche della loro amicizia con la Russia.

E l’unica cosa che impedisce a Parigi un’azione violenta, sono «le centinaia di migliaia di africani che vivono nel paese. In caso di azioni “decise” del governo, essi muoveranno altrettanto decisamente sull’Eliseo».

Ora, nota Pëtr Akopov su RIA Novosti, colpi di stato e guerre civili, nel continente, ci sono stati anche in passato, ma è dopo l’intervento occidentale in Libia nel 2011 che i problemi in questa parte del Sahara, inclusi Mali e Niger, si sono fortemente acutizzati.

Eliminando il panafricanista Gheddafi, che rischiava di ostacolare i piani di controllo della regione, l’Occidente ha fatto il gioco delle forze separatiste e jihadiste, «e tutti in Africa occidentale lo capiscono».

Dopo il 2011, Parigi e Washington «hanno ottenuto solo un aumento del caos e dei disordini, che hanno colpito anche le loro posizioni».

Ecco quindi che compare la Russia: Repubblica Centrafricana, poi Mali, Burkina Faso, e ora, come teme l’Occidente, i russi sono attesi in Niger; hanno fatto il giro del mondo le immagini dei manifestanti che, di fronte all’ambasciata francese a Niamey, sventolavano bandiere russe e chiedevano la “Wagner”.

E gli interessi russi, dice ancora Akopov, non consistono solo nell’aumento di influenza su un altro paese africano, e nemmeno soltanto nell’uranio, ma anche in quei progetti panafricani cui è collegato il Niger: prima di tutto, il gasdotto trans-sahariano, un progetto che si cerca di realizzare da una quindicina d’anni.

Si tratta di un’opera di 4.500 chilometri, per portare il gas dal golfo di Guinea al Mediterraneo e all’Europa; un progetto diventato nuovamente rilevante da quando gli interessi yankee hanno imposto all’Europa di eliminare il gas russo.

Così, l’estate scorsa si è deciso di riprendere i lavori, grada caso, attraverso Nigeria, Niger e Algeria; e quest’ultima è «un vecchio e strettissimo partner della Russia, e un altrettanto coerente oppositore dell’influenza francese a sud dei propri confini».

E si dà il caso che proprio due giorni fa, a Mosca, Sergej Šojgù abbia incontrato il capo di stato maggiore dell’Esercito algerino, Said Shangrikha. Ora, si dice che la visita non fosse correlata agli eventi in Niger, anche se, giorni prima, media algerini ipotizzavano un aiuto militare di Algeri in caso di aggressione al Niger.

Ma il generale Shangrikha è la «seconda persona più influente ad Algeri, un paese in cui l’esercito gioca un ruolo enorme, e per il quale le esportazioni di gas sono di enorme importanza».

Ecco che allora sembra aprirsi «una finestra di opportunità per il Niger: grazie alla presenza di diversi paesi vicini che hanno scommesso sulla Russia, il generale Tchiani può davvero portare il paese fuori dalla cattività francese».

L’isolamento della Russia, vaneggiato nei miti atlantisti, non potrebbe essere più evidente…

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *